STRISCIA DI GAZA – ( 11 Giugno )

Hamas prosegue l’islamizzazione della Striscia di Gaza

di Julio de la Guardia | 11 giugno 2013

Allievi di una scuola di Gaza (foto: Mercy-Usa for Aid and Development)

(Gerusalemme) – Numerose ong palestinesi indipendenti reputano che il processo di ricostruzione delle infrastrutture nella Striscia di Gaza, a sei mesi dall’entrata in vigore dell’ultimo cessate il fuoco (con Israele), stia conducendo a un’islamizzazione della società. «Dopo la prima guerra di inizio 2009 (l’operazione militare Piombo fuso – ndr), Hamas ha cercato di introdurre tutta una serie di norme e regolamenti, ma davanti all’opposizione piuttosto importante della società civile, i dirigenti del movimento hanno dovuto metterne da parte almeno alcune», spiega l’attivista Zeinab Al Ghunaimi, direttrice del Centro di ricerca e consulenza giuridica per le donne (Center for Women’s Legal Research and Consulting). Ma dopo la guerra del novembre scorso – l’operazione israeliana Pilastro di difesa – il governo di Gaza, secondo la Zeinab, gode di fatto di una tale posizione di forza che «ci siamo ritrovati davanti una trasformazione del quadro giuridico al cospetto della quale siamo impotenti».

Una nuova legge sull’istruzione
Una delle iniziative di maggiore importanza sul versante istituzionale è la nuova legge in materia di istruzione. Se entrerà in vigore, come previsto, nel settembre prossimo così com’è stata varata, costringerà le scuole private a realizzare importanti lavori di ristrutturazione degli spazi, dato che impone una rigorosa separazione degli alunni tra maschi e femmine.

In base alle nuove norme anche le scuole private – non soltanto le quattro scuole cristiane di Gaza, ma anche la Scuola internazionale americana o le scuole Nour Al-Maaref e Al-Wahda – dovrano applicare la separazione dei sessi. Gli allievi dovrebbero disporre di aule distinte per le lezioni, di cortili separati per la ricreazione e non avere alcun contatto tra maschi e femmine durante la giornata.

Benché gli istituti privati siano frequentati solo dal 7 per cento dei ragazzi della Striscia di Gaza, a fronte di un 53 per cento che va nelle scuole gestite dall’Unrwa (l’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi) e di un altro 40 che si iscrive a quelle del ministero dell’Istruzione, ci troviamo davanti a una «questione di principio», osserva Mkhaimar Abu Sada. Il politologo dell’Università Al-Azhar di Gaza ritiene che, dal punto di vista procedurale, «l’adozione di questa legge sia incostituzionale». In effetti la legge è stata licenziata senza raggiungere il quorum di voti sufficiente in seno al Consiglio legislativo palestinese, tenuto conto del fatto che oggi una quarantina di deputati di Hamas della Cisgiordania sono detenuti nelle carceri israeliane. «E sotto il profilo costituzionale i deputati incarcerati non possono delegare il proprio voto ai colleghi di Gaza», assicura Abu Sada. Una situazione sui generis dal punto di vista politico e giuridico, che è sfociato nella violenta presa di potere di Hamas e alla spaccatura tra Striscia di Gaza e Cisgiordania nel giugno del 2007.

L’estetica dell’islamizzazione
Un altro problema, secondo quanto riferiscono gli attivisti indipendenti, è la censura dei canoni estetici occidentali. «C’è una campagna promossa dal ministero della Cultura volta a islamizzare i costumi e i modi di vestire dei giovani», dice Mustafa Ibrahim della Commissione indipendente dei diritti dell’Uomo. Sono numerosi i casi di giovani fermati dalla polizia che ha rasato loro il capo perché avevano i capelli lunghi o acconciati a mo’ di cresta.

Altri giovani hanno raccontato di essere stati fermati dalla polizia che li ha ammoniti perché indossavano jeans a vita bassa che lasciavano intravvedere la biancheria intima. Benché il portavoce delle autorità di governo a Gaza, Taher al-Nunu, dica che la campagna è stata chiusa, le ong assicurano che non lo è affatto e che Hamas intende islamizzare la Striscia di Gaza anche per quanto concerne l’estetica e l’abbigliamento. La loro politica su questo versante non avrà magari quella radicalità tipica dei talebani dell’Afghanistan, ma politica assomiglia a quelle delle monarchie del Golfo. Che, in fin dei conti, sono le finanziatrici della ricostruzione di Gaza.

Il testo completo si trova su:

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5285&wi_codseq=   &language=it

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