ARABIA SAUDITA – (26 Settembre)

L’Arabia Saudita annuncia: pieni diritti politici alle donne

Reazioni positive in gran parte della comunità internazionale alla decisione della monarchia saudita di riconoscere i pieni diritti politici alle donne. Si tratta di una decisione che rappresenta un primo passo nell’auspicato processo di emancipazione in Arabia, un Paese dove il mondo femminile sconta una forte emarginazione. Donne entreranno a far parte del Consiglio consultivo islamico della Shura, potranno votare ed essere votate nelle consultazioni elettorali. Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Branca, esperto di Islam e Paesi arabi, docente all’Università cattolica di Milano: RealAudio   MP3 
R. – E’ un segnale interessante, perché essendoci in Arabia Saudita più donne che uomini laureati, ormai è già avvenuta nella società una trasformazione che le istituzioni non possono più ignorare. Quindi, una donna che studia più a lungo, probabilmente, non accetta facilmente matrimoni combinati e soprattutto vuole partecipare alla vita sociale e politica del suo Paese. Quindi, anche se sono soltanto riforme annunciate, sono timidi segnali che vanno però in una direzione abbastanza precisa.

D. – Secondo lei, è stata una decisione presa quasi per prevenire che la “Primavera araba” tocchi anche questo Paese?

R. – Sicuramente le “Primavere arabe” hanno coinvolto anche dei sauditi e delle saudite. Ci sono dei blogger dell’Arabia Saudita, uomini e donne, che hanno partecipato a modo loro a questo grande scambio di idee nel mondo arabo. Siccome la maggior parte del mondo arabo è anche islamico nel quale le donne hanno una vita sociale, un’indipendenza e un’autonomia che in Arabia ancora non è consentita, penso che una specie di contagio ci sia sicuramente stato. Che questo possa mettere addirittura in crisi la monarchia saudita, ovviamente mi sembra molto più difficile.

D. – L’ingresso delle donne in politica, in qualche modo è stato accolto con favore da quasi tutta la Comunità internazionale. Quali riflessi, a livello politico, nei rapporti con il mondo?

R. – Penso che finalmente si debba andare verso una normalizzazione: cioè, c’è un minimo standard per quanto riguarda la dignità della donne, che in determinate altre categorie dovrebbe essere loro riconosciuta in tutto il mondo e che, al di là dei trattati internazionali, delle dichiarazioni di principio, dovrebbe essere moneta corrente nei rapporti internazionali. Speriamo che questo contribuisca a muoverci in tale direzione. Penso che questa sia una piaga nascosta che dovrà essere sanata perché uno Stato moderno non può tollerare che si possano avallare comportamenti anche moralmente molto discutibili. (ma)

In Yemen, Saleh annuncia elezioni anticipate ma continuano le proteste
L’opposizione yemenita accusa il presidente Ali Abdallah Saleh di volersi disfare di una transizione al potere, mentre decine di milioni di giovani manifestano a Sanaa contro il capo di Stato. Il presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, in un discorso alla nazione trasmesso in diretta televisiva, si è detto pronto a una “transizione del potere che passi attraverso elezioni anticipate” e ha promesso che avrebbe intenzione di non restare più al potere. Il portavoce dell’Incontro comune che raggruppa i partiti di opposizione risponde che “dopo il discorso del presidente, non c’è più possibilità di arrivare a una soluzione politica e la rivoluzione si intensificherà”. Il presidente è intervenuto in tv per la prima volta da quando è rientrato nello Yemen dopo tre mesi trascorsi in Arabia Saudita per problemi medici.

In Libia, si continua a combattere ma l’Eni riavvia la produzione di petrolio
Il governo di transizione libico ha annunciato la scoperta di una fossa comune a Tripoli contenente i resti di oltre mille oppositori che sarebbero vittime del massacro compiuto dalle forze di sicurezza dell’ex regime di Gheddafi all’interno del carcere di massima sicurezza di Abu Salim nel 1996. Il carcere, simbolo della repressione più violenta della dissidenza, è stato più volte oggetto di indagine per denunce di abusi e torture sistematiche. Intanto per il terzo giorno consecutivo proseguono i combattimenti a Sirte, una delle ultime roccaforti delle milizie lealiste. La città natale di Gheddafi è assediata da ogni lato e aerei Nato stanno bombardando diversi obiettivi. Inoltre, Eni fa sapere di aver riavviato la produzione petrolifera in Libia con la riapertura di quindici pozzi nel giacimento libico di Abu-Attifeel, situato circa 300 km a sud di Bengasi. Nei prossimi giorni saranno riattivati altri pozzi di produzione. Eni è presente in Libia dal 1959 ed è il primo operatore internazionale di idrocarburi. La produzione si è quasi totalmente interrotta in conseguenza della guerra anti-Gheddafi.

Ancora morti in Siria mentre un migliaio di siriani fugge in Giordania
Almeno sei civili sono stati uccisi in Siria nelle ultime 24 ore nella regione di Homs, la più colpita dalla repressione in corso da quasi sette mesi. Lo riferiscono i comitati di coordinamento locali. Intanto, un migliaio di civili siriani si sono rifugiati nel nord della Giordania in fuga dalla repressione in corso nel loro Paese da quasi sette mesi. La rivolta ha investito proprio la regione meridionale di Daraa, confinante col regno hascemita. Fonti dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), precisano che i profughi ricevono assistenza nelle due cittadine frontaliere di Ramtha e Mafraq. Il governo di Amman ha concesso ai giovani profughi siriani di poter frequentare le scuole private del regno, e ha consentito a un centinaio di bambini di iscriversi alle scuole pubbliche di Ramtha e Mafraq.

Piano anticrisi dal G20: subito 3000 miliardi a banche europee esposte su Atene
Un maxi-piano da tremila miliardi per salvare l’Euro è la carta che il G20 potrebbe giocare per arginare la crisi dei debiti sovrani in Europa. Un piano complesso, con diversi step; il primo prevede una sostanziale iniezione di capitali in almeno 16 banche europee, quelle che detengono miliardi di Euro di titoli di Stato ellenici. Solo così gli Istituti di credito maggiormente indebitati potrebbero salvarsi, anche in caso di default di Atene. Salvatore Sabatino ha chiesto una valutazione sul piano a Carlo Secchi, docente di Politica Economica Europea presso l’Università Bocconi di Milano:RealAudio    MP3 

R. – Credo che sia stato un annuncio positivo, opportuno; serve anche a rimuovere quella sorta di cupo clima psicologico, che stava portando il sistema bancario – europeo in particolare – verso una sorta di paralisi.

D. – Il fatto che le sollecitazioni maggiori ad intervenire siano giunte dagli Stati Uniti significa che gli europei non si sono resi conto dell’emergenza o sono troppo impegnati nelle questioni politiche dei singoli Stati …

R. – La sollecitazione è giunta dagli Stati Uniti in quanto era in corso la riunione del G20 e del Fondo monetario internazionale proprio a Washington. D’altro canto, è normale che tutti gli interlocutori, principali partner dell’Eurozona, siano preoccupati di quello che potrebbe succedere dalle nostre parti, come in Europa si è preoccupati della situazione americana e di altri Paesi.

D. – Intanto, la Grecia scivola lentamente verso il default, senza però rischio domino sulle altre economie: questo prevede il piano. Quale sarà il futuro, secondo lei, del Paese ellenico?

R. – Il piano serve anche da paracadute da attivare nel momento in cui dovesse effettivamente verificarsi il default greco. Tuttavia, le affermazioni dei principali politici europei – e tra questi sicuramente la signora Merkel – vanno nella direzione per cui bisogna fare tutto il possibile per evitare questo default. E il default possibile dipende sostanzialmente da due insiemi di cause: da un lato, lo stato oggettivo dei conti pubblici greci, ma dall’altro anche il clima psicologico che circonda il Paese, cioè dal clima di fiducia o di sfiducia.

D. – Si è sentito parlare molto in questi giorni dei rischi concreti della caduta dell’Euro, che sarebbe una catastrofe mondiale addirittura, che colpirebbe l’economia di tutto il mondo. E’ davvero così grave la situazione, o potrebbe esserlo?

R. – Senza dubbio. Perché l’Euro è la seconda più importante moneta al mondo, non c’è dubbio che ci sarebbero degli sconquassi notevolissimi, basti pensare a tutti i titoli obbligazionari, a tutti i bond pubblici detenuti in Euro: che cosa succederà di questi, come verrebbero ridenominati, prospettive di azioni legali senza fine, eccetera. Però, l’eventuale crollo dell’Euro, nel quale io non credo, rispetto al quale continuo a mantenere una visione moderatamente ottimista, sarebbe una sciagura, perché creerebbe più danni proprio a coloro che si stanno mettendo un po’ di traverso, ovvero stanno rallentando la definizione delle misure concordate a livello di Ecofin e a livello di governi della zona Euro. Mi riferisco in particolare ai tedeschi: da un lato i tedeschi sono riluttanti a sostenere quelli che ritengono essere Paesi meno virtuosi; dall’altro, però, l’economia tedesca è quella che ha tratto maggiori vantaggi dalla stabilità dei cambi implicita nell’Euro. Infatti, i cambi sono stati eliminati. (ma)

Kabul: attacco nella notte a un edificio dell’ambasciata Usa
L’attacco di questa notte ad un edificio annesso all’ambasciata americana a Kabul è stato condotto da un impiegato afghano, che è rimasto ucciso. È quanto annunciano fonti ufficiali confermando che nella sparatoria è morto anche un cittadino americano e un altro è stato ferito gravemente. Il servizio di Fausta Speranza: RealAudio     MP3 

Sulle ragioni dell’attacco nessuno si pronuncia. E a livello ufficiale nessuno conferma che l’edificio attaccato ospiti uffici della Cia, ma a parlare di questa possibilità è stata una fonte governativa statunitense. In ogni caso, parliamo di un edificio annesso all’ambasciata Usa. E il pensiero va a due settimane fa, quando alcuni militanti hanno lanciato un assalto contro la stessa ambasciata e il quartier generale della Nato, sempre a Kabul: per quell’attacco, ufficiali americani hanno chiamato in causa la rete Haqqani, un gruppo di militanti afghani con base nelle zone tribali del Pakistan. E poi, subito dopo, c’è stata la dichiarazione choc del comandante delle forze armate Usa, ammiraglio Mike Mullen, che davanti al Senato americano ha spiegato che la temibile Rete Haqqani altro non è che “il braccio armato” del Pakistan nel conflitto in Afghanistan. Ieri il Pakistan ha rotto il silenzio sulla questione e ha ammesso che i propri servizi segreti militari (Isi) hanno contatti con il gruppo armato afghano denominato Rete Haqqani, ma ha assicurato che questo “fa parte di una strategia per lottare meglio contro il terrorismo”.

È morta Wangari Maathai, prima donna africana premio Nobel per la pace
Wangari Maathai, prima donna africana premio Nobel per la pace, è morta ieri in Kenya a 71 anni. Leader storica degli ambientalisti, ha fondato il movimento Green Belt contro la deforestazione. Al centro del suo lavoro anche i diritti umani e la qualità della vita delle donne. Il servizio di Fabrizio Angeli:RealAudio    MP3 
(Wangari Maathai)
“Environment is the every day issue, the air we breathe, the water we drink…
“L’ambiente come problema quotidiano, come l’aria, l’acqua e il cibo che ci nutrono e senza i quali non possiamo vivere”.

La missione di Wangari Maathai, morta a 71 anni dopo una lunga malattia, è stata quella di salvaguardare la vita e la biodiversità del continente africano a rischio deforestazione. La “Cintura verde”, il movimento da lei fondato nel 1988, ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche ambientali a partire dalla cosa più semplice: piantare alberi. Trenta milioni in poco più di vent’anni, vero ossigeno per un’Africa sempre meno verde. Un movimento voluto al femminile anche per difendere i diritti delle donne africane. Partito dal Kenya, in pochi anni ha coinvolto altri Stati del Continente creando migliaia di posti di lavoro, come le celebri “guardaboschi senza diploma”.

“The story of the hummingbird is of this huge forest…”

Piccole azioni che possono fare la differenza. Come nella storia del colibrì che Wangari Maathai amava raccontare: un incendio scoppia nella foresta, e mentre tutti stanno a guardare il piccolo uccello vola al torrente e comincia a far cadere dal becco acqua sulle fiamme, una goccia alla volta.

Francia, la Sinistra conquista la maggioranza al Senato dopo 53 anni
La sinistra francese conquista la maggioranza assoluta al Senato per la prima volta dal 1958, anno di nascita della Quinta repubblica. La sconfitta alla Camera alta non dovrebbe per ora comportare problemi particolari per il governo, che dispone ancora della maggioranza all’Assemblea nazionale, la Camera cui la Costituzione attribuisce un ruolo di preminenza rispetto al Senato. Tra otto mesi ci saranno le elezioni presidenziali, con il centro-destra di Sarkozy minacciato dalla crescita dei socialisti.

Sondaggio in Spagna: il Partito Popolare avrà maggioranza assoluta
Secondo un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano “El Periodico”, il capo dell’opposizione spagnola Mariano Rajoy, leader del Partido Popular, potrebbe conquistare una maggioranza assoluta in parlamento alle politiche anticipate del 20 novembre. Un elettore del Psoe alle politiche del 2008 su cinque indica che non intende votare di nuovo per i socialisti, e uno su 10 pensa di votare per il Pp. Sarebbe una sconfitta storica per i socialisti che saranno guidati dal candidato premier Alfredo Rubalcaba perchè il capo del governo uscente Josè Luis Zapatero non si ripresenterà.

Onu, oggi prima riunione del Consiglio di sicurezza sulla Palestina
Partono oggi i lavori del Consiglio di sicurezza dell’Onu per valutare la domanda formale di adesione presentata venerdì scorso dal presidente palestinese Abu Mazen. La Lega araba si è appellata ai membri del Consiglio perché si assumano una “responsabilità morale” e riconoscano uno Stato palestinese. Intanto, la diplomazia internazionale preme ancora per la riapertura delle trattative di pace tra Anp e Israele. Da una parte, Abu Mazen chiede il congelamento degli insediamenti ebraici nei Territori arabi. Dall’altra il premier israeliano Netanyahu replica: “Se volete la pace mettete da parte ogni precondizione”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)

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