Per la qualità narrativa, il linguaggio rigoglioso, lafflato culturale, il romanzo Il collare della colomba (Marsilio, pagine 590, euro 21,00) della saudita Raja Alem ha meritatamente conquistato lInternational Prize for Arabic Fiction ed è in corso di traduzione in molti Paesi. Sarà presentato giovedì a Venezia, allauditorium Santa Margherita di Ca Foscari alle 14.30, nellambito del festival Incroci di civiltà, un palcoscenico davvero appropriato per una scrittrice che vive tra Gedda e Parigi e, come dice, «è posseduta dallo spirito del viaggio. Vedo la vita in generale ci dice Raja Alem come un viaggio fra il corpo e fuori dal corpo, fra il nostro io interiore e quello esteriore, fra luno e il molteplice. Cerco il punto di incrocio fra la vita e la morte, avanti e indietro, questo è il mio scopo, raggiungere questa capacità di andare nellaltro mondo e tornare indietro».
Landirivieni tra simbolo e realtà è lessenza del romanzo, che vuol essere un omaggio alla sua città natale, La Mecca, tanto che la voce narrante è una strada, Aburrus, il malfamato Vicolo delle Teste dove una donna viene uccisa e unaltra scompare e le loro storie, come quelle dei loro innamorati, sinnestano nelle vicende della città, soggetta a unurbanizzazione selvaggia.
«Anche La Mecca è legata al tema del viaggio, lislam crede che sia il punto dove Adamo, il padre dellumanità, atterrò quando lasciò il Paradiso, è la destinazione dove luomo dovrebbe portare le idee e limmaginazione a materializzarsi. Fin dalla nascita mi ha dominato lo spirito di atterrare e decollare. Quando avevo venti giorni mio padre annunciò di voler emigrare, il che spaventò mia nonna e pensando fossi io lincarnazione del genio del viaggio mi bruciò un poco le piante dei piedi, solo per estinguere quello spirito».
Il titolo, preso dal libro di un filosofo e poeta musulmano nato nel-lXI secolo a Cordova, vuole rinnovare lantica lezione di coesistenza tra le religioni monoteiste?
«Ibn Hazm dedicò il suo lavoro allarmonia fra islam, ebraismo e cristianesimo, creando un ambiente dove la cultura poteva fiorire e diventare universale. Con il suo libro voleva rinforzare i ponti fra le nazioni attraverso lamore, ed è così anche per me, poiché io vedo lamore come lunica via duscita dal dolore del nostro mondo. Quando vediamo laltro non come uno straniero ma come una parte di noi, siamo ununica completa unità che si materializza in diversi corpi, quindi non possiamo mai disprezzarci a vicenda, né schiacciare gli altri con indifferenza, per quanto ci faccia sentire potenti».
Per definire il suo stile bisognerebbe prendere a prestito il termine di realismo magico di solito usato in ambito latinoamericano, aggiungendo però linimitabile incanto delle Mille e una notte.
«Le Mille e una notte è stato il primo libro a influenzarmi, così come influenzò Borges. Poi mi sono immersa nelle letterature internazionali: inglese, russa, francese, tedesca, italiana, latinoamericana e giapponese, e da quelloceano infinito sono tornata alla nostra letteratura antica scoprendo la bellezza di libri come il Corano, che ha influenzato il mio stile con i suoi ritmi musicali e le sue leggende. E poi sono arrivata a scoprire i nostri affascinanti antichi libri arabi, come Lanimale di Al-Jahiz, che ti porta in un viaggio con una singola lettera e in quella ti fa scoprire un universo. Sono cresciuta senza vedere barriere fra le diverse letterature del mondo, ho preso da tutte e creato il mio linguaggio personale».
Le due protagoniste presenti-assenti, Azza e Aisha, e gli uomini che le amano, assumono un significato simbolico?
«Azza significa Grazia, mentre Aisha significa Vivente, rappresentano le nostre umane debolezze e grandezze, la lotta che portiamo avanti in questa vita mettendo in atto la forza con gentilezza. I personaggi maschili si avvicinano alle donne in modi diversi: Yousuf è ossessionato dal passato e identifica Azza con La Mecca, il suo è un amore spirituale e la trasforma in un idolo. Muaaz nelle sue fotografie coglie le donne dietro il velo nero che si frappone fra loro e il mondo, per portarle alla luce del sole. Khaleel è lamore contraddittorio, combattuto fra il trattare le donne come qualcosa di proibito e nello stesso tempo di sfruttato. Tutti questi uomini sono un solo amante, ciascuno necessario per far risorgere le donne dalla loro cornice paralizzante».
Lei ha fondato, insieme a sua sorella, unassociazione culturale saudita rivolta al sostegno dellistruzione e della creatività femminile, per incoraggiare un percorso di consapevolezza e di emancipazione.
«Sono nata in una famiglia molto conservatrice in una città come La Mecca, dove il nome delle donne non veniva pronunciato in pubblico, tuttavia allinterno di questi vincoli ho sempre scritto con il mio vero nome e ho scritto sulla vita, sulla sua sconvolgente sensualità, la sua gloria e la sua corruzione. Noi possiamo fare le nostre scelte a patto che ce ne prendiamo la responsabilità. Quanto potremo andare lontano se rimaniamo ferme a ripeterci che siamo nate vittime? Ho lavorato con donne attive nei campi delleducazione e della solidarietà, che hanno fatto davvero la differenza in Arabia Saudita, hanno creato migliori programmi di studio e di attività per permettere alle ragazze di esprimere la propria creatività. Lattivismo per come lho conosciuto io non significa andare nelle strade in corteo a chiedere la libertà, è un lavoro concreto e quotidiano per creare ambienti adatti a far germogliare la libertà.» © RIPRODUZIONE RISERVATA Intervista. La scrittrice saudita: «Quanto potremo andare lontano se rimaniamo ferme a ripeterci che siamo vittime? Ma non servono cortei, bensì lavorare ogni giorno per la libertà».