ASIA/TURCHIA – Liberato e già rientrato negli USA il pastore evangelico Brunson
Izmir (Agenzia Fides) – Il pastore evangelico Andrew Craig Brunson, arrestato e messo sotto processo in Turchia con accuse di aver fatto parte di organizzazioni terroristiche e spionistiche, è stato liberato giovedì 12 ottobre ed è rientrato nello stesso giorno negli Stati Uniti. La sua liberazione e il suo ritorno in Patria pongono fine a una vicenda giudiziaria che aveva contribuito notevolmente alle tensioni tra la Turchia del Presidente Recep Tayyip Erdogan e l’Amministrazione Usa.
La liberazione di Brunson è stata disposta alla fine della quarta udienza del processo a suo carico, svoltasi il 12 ottobre nel tribunale di Aliaga, nella provincia di Izmir. Nonostante le ritrattazioni di alcuni testimoni che in precedenza avevano accusato il pastore evangelico, la corte giudicante aveva comunque condannato il pastore evangelico – arrestato nell’ottobre 2016 – a cinque anni di carcere per aver sostenuto le “organizzazioni terroristiche” indicate dalla Turchia come responsabili del tentato golpe del 15 luglio 2016. All’udienza la pena è stata ridotta a tre anni e un mese di carcere, con sospensione dell’ultimo anno di detenzione. Sono state anche revocate le restrizioni che impedivano al condannato di lasciare la Turchia, e questo ha permesso a Brunson di imbarcarsi subito su un aereo militare Usa che lo ha portato a Washington, dove oggi, sabato 13 ottobre, viene ricevuto alla Casa Bianca dal Presidente Usa Donald Trump.
L’avvocato di Brunson, Ismail Cem Halavurt, ha comunque annunciato l’intenzione di fare appello contro il verdetto di condanna che ha colpito il suo assistito. “I cristiani in Turchia” riferisce in un comunicato l’organizzazione Middle East Concern, “si rallegrano del rilascio di Andrew Brunson dalla prigione”, ricordando che all’inizio del processo il pubblico ministero aveva chiesto per l’imputato una pena detentiva di trentacinque anni.
Andrew Craig Brunson, responsabile della chiesa evangelica della Resurrezione a Izmir (Smirne Diriliş Kilisesi), affiliata alla Chiesa evangelica presbiteriana di Orlando (Florida), era stato convocato dall’ufficio turco dell’immigrazione nell’ottobre 2016, insieme alla moglie, Lyn Norine (vedi Fides 11/4/2018). Alla coppia era stato inizialmente comunicato l’obbligo di lasciare la Turchia, giustificando tale misura con l’accusa vaga di aver ricevuto fondi dall’estero per finanziare iniziative missionarie e di aver messo a rischio la sicurezza del Paese con le loro attività. Successivamente, per il pastore evangelico il decreto di espulsione si è trasformato in arresto, dopo che un testimone segreto lo aveva accusato di appartenere al cosiddetto FETÖ (acronimo turco di “Organizzazione terroristica Fethullahnista”, definizione con cui gli organi turchi filo-governativi indicano la rete di Hizmet, il movimento ispirato dal predicatore musulmano Fethullah Gulen e indicato dal governo turco come il grande regista del tentato golpe del 15 luglio 2016.
Il 28 settembre 2017, lo stesso Erdogan si era dichiarato disposto a liberare il pastore evangelico USA solo se in cambio le autorità statunitensi avessero consegnato alla Turchia Fethullah Gulen, esule in USA dal 1999. Nel corso del tempo, i crimini attribuiti al pastore Brunson dalle autorità giudiziarie turche si sono fatti sempre più gravosi: testimoni segreti e enigmatici presi comunque in considerazione dal tribunale di Izmir lo hanno accusato perfino di sostenere la nascita di un fantomatico “Stato curdo cristiano” destinato a occupare anche parte del territorio turco.
Il caso del pastore evangelico Brunson ha accentuato con l’andare del tempo il suo profilo di “casus belli” tra Turchia e Stati Uniti d’America, Paesi alleati nella NATO. Sulla vicenda era intervenuto più volte lo stesso Presidente Usa Donald Trump che lo scorso 26 luglio, sul suo account twitter, aveva definito Brunson “un grande cristiano, un uomo di famiglia e un meraviglioso essere umano” sottoposto a gravi sofferenze, chiedendone l’immediata liberazione. Anche il vice Presidente Usa Mike Pence era intervenuto sul caso (vedi Fides 2/8/2018), sostenendo l’innocenza di Brunson e l’infondatezza delle accuse sollevate contro di lui, e minacciando “sanzioni significative contro la Turchia”, se non si fossero registrati passi concreti e solleciti per affrettarne la liberazione. A ll’iniizo di agosto, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America aveva disposto sanzioni “mirate” contro i titolari di due ministeri turchi, quello della Giustizia – guidato da Abdulhamit Gul – e quello degli Interni – guidato dal Ministro Suleyman Soylu – come forma di ritorsione per la detenzione del pastore evangelico statunitense.
Poche ore prima dell’annuncio delle sanzioni USA, da Ankara, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva dichiarato davanti a operatori dei media che la Turchia non avrebbe preso in alcuna considerazione il “linguaggio minaccioso” dei vertici statunitensi, definendolo espressione di “una mentalità evangelicale e sionista”. (GV) (Agenzia Fides 13/10/2018).
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