Egitto, guerra di cifre sul referendum Il voto del Cairo fa tremare Morsi

Alcune donne in un seggio al Cairo
costituzione. Ma nella capitale prevalgono i contrari. Lopposizione rilancia: «I no al 66 per cento»
Adesso per una settimana sarà guerra di conferenze stampa, mobilitazioni, analisi comparate, numeri reali e potenziali. I risultati della prima tornata elettorale del referendum della discordia sulla nuova Costituzione sponsorizzata dai partiti islamisti sembrano confermare un Egitto spaccato: spogli alla mano, i Fratelli Musulmani si accreditano la vittoria: il 56,60% degli elettori dei 10 governatorati andati alle urne ieri ha votato sì, dicono, ma al Cairo i no sono stati il 57%. Lopposizione del Fronte di Salvezza Nazionale però non si riconosce in quella proiezione e controbatte che invece, secondo i propri calcoli, il 66% degli egiziani avrebbe bocciato la Costituzione. In attesa dei rimanenti 17 governatorati chiamati ai seggi sabato prossimo (con i loro circa 25 milioni di elettori, la metà del totale), si configura un quadro caotico. Anche nel caso di successo, il presidente Morsi e la Fratellanza dovrebbero tener conto dellostilità pesante della capitale (dove vive un quarto della popolazione).
I 236 articoli della nuova Costituzione dividono in maniera radicale il Paese, da un lato i Fratelli Musulmani e i salafiti che premono per il testo vincolato alla legge islamica (venerdì alcuni imam hanno invitato a votare sì in sostegno della sharia) e dallaltro i liberali, i cristiani (accusati dalle tv islamiste come Misr 25 di fomentare la piazza), i musulmani osservanti ma ostili alla mescolanza tra Dio e politica, le donne, tutti quelli preoccupati dalla deriva autoritaria e integralista della presidenza e dello Stato.
Tanto la Fratellanza quanto lopposizione concordano grossomodo sulle prime proiezioni di voto, anche se i secondi sottolineano la distanza ridotta tra i sì e i no (certificata da circa 130 associazioni di diritti umani). Sebbene gli attivisti anti Morsi abbiano denunciato irregolarità ai seggi (come la chiusura anticipata di quelli pieni di donne), Gamal Eid, capo dellArab Network for Human Rights Information, che monitorava il voto, ammette che per ora non cè nulla di così serio da invalidare il referendum.
La tensione è molto alta, come provano la presenza massiccia delle forze di sicurezza (circa 120 mila truppe e 6000 tank) e lattacco della notte scorsa alla sede del partito dopposizione Waft verosimilmente a firma salafita. Ma le lunghe e pacifiche code ai seggi, aperti fino alle 11 di sera per lalta affluenza, e il dibattito tra gli egiziani appassionati oggi alla Costituzione come fino a un anno fa al calcio, fanno sperare che gli scontri della settimana scorsa, costati la vita ad almeno 8 persone, non si ripeteranno.
Cosa succederà dunque, tra una settimana, dopo la seconda tornata elettorale?
1. Se la Costituzione viene rifiutata Morsi dovrebbe convocare entro tre mesi lelezione di una nuova assemblea incaricata di riscrivere la Costituzione (quello che vorrebbero i liberali).
2. Se invece, come molto probabile, la Costituzione viene approvata si dovrebbe votare entro due mesi la camera bassa del parlamento, quella dominata al 70% dagli islamisti e sciolta a giugno dallAlta Corte: fino ad allora il potere legislativo sarebbe in mano alla camera alta, lo Shura Council (controllato dagli islamisti). Ovviamente lapprovazione con uno scarto ridotto, tipo il 55%, metterebbe in difficoltà la legittimità del documento ma non in modo tale da far fare marcia indietro ai Fratelli Musulmani (in fondo Morsi è stato eletto con il 51% delle preferenze).
Nel caso vincano i sì comunque, la Costituzione prevede la possibilità di fare emendamenti al testo. Tanto il presidente quanto il parlamento hanno il diritto di chiedere lemendamento di alcuni articoli che va approvato da due terzi del parlamento (oggi non cè parlamento). Questa è, di fatto, la carta in mano alle opposizioni nellipotesi del successo del referendum.
E difficile immaginare a questo punto che lapprovazione della Costituzione risolva la crisi egiziana che da oltre tre settimane contrappone due visioni antitetiche del Paese (non laici contro religiosi, ma islamisti contro non islamisti: sembra che di fatto si tratti dei Fartelli Musulmani e i salafiti contro il resto del Paese). Giacchè però si dovrà tornare comunque alle urne per eleggere il parlamento, i Fratelli Musulmani al potere potrebbero dover fare i conti con la perdita di quel consenso popolare che avevano conquistato in decenni di marginalità.
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