Il Papa lancia un messaggio di pace al Medio Oriente, a undici anni dalle Torri Gemelle. Come lo valuta?
La sua visita è importante perché il Libano è un simbolo di convivenza, un mosaico di maroniti, cristiani, sciiti, sunniti… una lezione da assimilare e che sorprende sempre. È nei momenti di passaggio come questo che deve risuonare la voce dei leader e lappello del Papa contiene gli stessi concetti dellintervento del presidente Morsi al Quirinale. Parole che rispondono a un bisogno: dopo l11 settembre abbiamo più profughi e più tiranni, meno rispetto dei sentimenti religiosi, un groviglio che si è iniziato a districare con la primavera araba, ma cè ancora molto da fare.
Benedetto XVI dice di aver colto durante la sua visita apostolica un «forte segno di speranza». Lo condivide?
Lo condivido pienamente. Dal suolo libanese il Papa ha visto con suoi occhi lesempio concreto della pace costruita con tutti i colori dellarcobaleno. Sappiamo che non tutti i Paesi sono in queste condizioni, che molti si stanno liberando solo ora dal giogo della tirannia, ma il futuro sarà sensibilmente migliore del passato.
Benedetto XVI ha detto ai musulmani che è venuto «il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni e le guerre». Linvito sarà raccolto?
Ripeto quello che dicevo quandero imam vicario di Roma. Lislam corretto e moderato è sempre disponibile a lavorare insieme in questa direzione, in Medio Oriente come in Europa. I leader religiosi hanno la responsabilità storica di diffondere la giusta comprensione delle rispettive religioni e lottare contro le devianze: ci sono fanatici tra i musulmani, i cristiani e gli ebrei. Le violenze seguite alla diffusione di un film blasfemo contro Maometto sono un esempio delle tragiche conseguenze della deriva in cui si precipita quando la libertà di espressione viene confusa con la libertà di seminare odio.
Si può ipotizzare una road map del dialogo?
Il dialogo è avviato da anni: in Italia nel 1999 ho assistito nellambasciata egiziana presso la Santa Sede al primo incontro tra al Azhar e il Vaticano. Tuttavia, cè urgenza di incontrarsi per elaborare una carta che condanni le profanazioni e tuteli i simboli religiosi e i sacerdoti, diffondendo la cultura del rispetto. Come Fratelli Musulmani stiamo intensificando le relazioni con tutti i Paesi del mondo. Gettiamo ponti. Certo, lEgitto è un Paese fortunato, perché musulmani e cristiani vivono da 1400 anni insieme. Tutti conoscono gli incidenti di Bengasi ma pochi sanno che cristiani e musulmani egiziani sono scesi in piazza per protestare spalla a spalla contro il film blasfemo ed è stata una protesta ferma e civile, come quella organizzata contro il Codice da Vinci che offendeva Cristo. Il mio Paese è un modello per i rapporti tra le religioni e la nuova Costituzione conferma il diritto alla libertà religiosa.
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