EGITTO – (22 Settembre 2016)

Egitto, naufragio di 600 migranti. Perego: allargare accoglienza

migranti - ANSA

migranti – ANSA

Ieri, nelle acque egiziane, è naufragata un’imbarcazione con a bordo circa 600 migranti. Per ora le vittime sono 43, con 163 persone portate in salvo, ma il bilancio è inevitabilmente destinato a salire. La nuova tragedia in mare avviene mentre è in corso all’Onu l’Assemblea generale sul tema dell’immigrazione. Maria Carnevali ha raggiunto telefonicamente Mons. Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes, a Lampedusa, per un incontro tra il vescovo di Calais e il cardinale Francesco Montenegro, organizzato da Migrantes per approfondire la realtà delle due città di frontiera:

R. – Un altro messaggio forte è che non si può lasciare ai trafficanti di esseri umani, in una situazione ancora e sempre più precaria, il governo delle immigrazioni e del cammino di tanti migranti che partono dall’Egitto e che partono dalla Libia soprattutto. Un’altra strage che rende attuale l’appello del Papa, proprio fatto in questi giorni, che invitava a guardare a forme nuove di legalità per accompagnare i viaggi dei migranti verso l’Europa, facendo in modo effettivamente che i corridoi umanitari siano una delle strade più importanti, che possono far viaggiare in sicurezza persone disperate che sappiamo in fuga da guerre, da disastri ambientali e da persecuzione politica, religiosa e dal terrorismo.

D. – Questa tragedia si è verificata proprio mentre in questi giorni il tema cruciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite è l’immigrazione. Perché il dialogo internazionale non funziona?

R. – Perché, purtroppo, c’è un vento che soffia nella direzione di chiudere le nazioni, un’autoreferenzialità delle nazioni nella gestione dell’immigrazione. E tutto questo, oltre che non aiutare un governo internazionale delle migrazioni, per quanto riguarda l’Europa, sta rischiando effettivamente di indebolire una politica comune dell’asilo, che era stata invece uno dei tasselli importanti della crescita sociale dell’Europa. E credo, quindi, che il messaggio che viene in questi giorni dall’Onu sia quello di ripensare effettivamente, alla luce delle situazioni gravi, internazionali che crescono, ripensare un governo delle migrazioni che trovi effettivamente l’impegno di tutte le nazioni del mondo. Ormai l’immigrazione non è più un fatto soltanto dei Paesi costieri – di Grecia, d’Italia, del contesto europeo o di altri luoghi, come possono essere quelli asiatici o latinoamericani più famosi, per quanto riguarda il passaggio dei migranti – ma deve essere uno degli impegni delle politiche, non solo internazionali, ma anche delle politiche sociali dell’Europa e dei diversi continenti.

D. – Quando ci sono naufragi con numerose vittime, tra cui anche bambini, come in questo caso, l’opinione pubblica si ferma, ma poco dopo si ricomincia senza mettere in campo delle politiche effettive di sostegno a quelle popolazioni. Quali sono, quindi, secondo lei, gli interventi maggiormente necessari?

R. – A breve distanza, certamente l’impegno di un’accoglienza allargata su tutto il territorio europeo. Sappiamo come 160 mila quote di ricollocazione sono state utilizzate. Occorre ritornare a rivedere la politica dell’asilo, l’accordo di Dublino, con un impegno deciso e preciso, e non volontario, ma determinante di tutti i 27 Paesi europei. In questo modo anche dei numeri che possono sembrare alti si sgonfiano di fronte invece alla diffusione di un’accoglienza e di un accompagnamento alle persone richiedenti asilo. Un secondo passaggio è quello dei corridoi umanitari e cioè accompagnare direttamente alla partenza il viaggio. E quindi questo potrebbe, da una parte, salvare le vite umane e dall’altra dare un duro colpo ai trafficanti di esseri umani e anche ai terroristi, che guadagnano ingenti somme nel governo di questo traffico. Il terzo passaggio è certamente quello del ricercare la pace in 35 Paesi del mondo, dieci dei quali sono Paesi da cui provengono la maggior parte dei migranti che sbarcano anche in Europa. Una pace che è stato l’annuncio forte anche dell’incontro religioso di Assisi, ma che deve trovare delle politiche che effettivamente vanno al di là degli interessi di alcune nazioni, per ricercare gli interessi di queste nazioni che sono in guerra. Infine, un grosso sforzo di politica internazionale. Già un anno fa, abbiamo parlato per i migranti di un “Piano Marshall” per l’Africa. “Piano Marshall” non significa fare i campi profughi in Africa: significa dare delle condizioni a questi Paesi per uno sviluppo economico che sia veramente la condizione per evitare partenze in disperazione da parte di molti giovani.

Il testo originale e completo si trova su:

http://it.radiovaticana.va/news/2016/09/22/immigrazione_in_egitto_naufraga_un_barcone_con_600_persone_/1260019

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