EGITTO – ( 26 Gennaio )

In piazza Tahrir per completare la “primavera araba” di André Azzam

Manifestazioni in molte città e università. Tensione coi Fratelli musulmani che volevano sequestrare l’evento. Le richieste dei giovani: giustizia per gli uccisi e le loro famiglie; riconsegna dei poteri a un governo laico; ridare all’esercito il solo compito di difesa dei confini nazionali. Intellettuali e diplomatici per un nuovo Egitto.

Il Cairo (AsiaNews) – Diverse migliaia di persone vogliono rimanere ancora oggi in piazza Tahrir, dopo la grande manifestazione tenutasi ieri. Il grande raduno celebrato a un anno dalla rivoluzione che ha portato alla caduta di Mubarak, ha voluto significare che la rivoluzione non è terminata. I Fratelli musulmani volevano festeggiare, ma i giovani volevano giustizia per i martiri e le loro famiglie. È necessario salvare l’Egitto dal fondamentalismo e dallo strapotere dell’esercito.
Ecco, di seguito, il racconto della giornata offertaci dall’esperto egiziano André Azzam.

Per celebrare il primo anniversario della rivoluzione dei Gelsomini, iniziata il 25 gennaio 2011, vi sono state vaste e sorprendenti manifestazioni di ieri in piazza Tahrir al Cairo e in altre città, come Alessandria, Suez, e ancora in cittadine del delta del Nilo e del Nord dell’Egitto. Esse hanno sancito in modo definitivo che la “rivoluzione popolare egiziana” è una delle tre colonne portanti, presenti oggi nel Paese. Le altre due sono le Forze armate e il Parlamento.

Gli osservatori sono stati colti di sorpresa dall’enorme folla di manifestanti, provenienti da tutte le zone del Cairo, che si sono dati appuntamento in piazza Tahrir: si potevano vedere imponenti marce e cortei scorrere in blocchi enormi a partire dal centro, presenti anche le delegazioni sindacali dei giornalisti, rappresentanti della Corte superiore di giustizia, cittadini provenienti da quartieri popolari come Sayyida Zaynab e Shubra, studenti delle università del Cairo e yn Shams, da Heliopolis, Zamalek, Giza e dalla città vecchia. A questi si aggiungono i gruppi arrivati a bordo di pullman e provenienti dal delta del Nilo, Alessandria, dalla città di Suez e dall’Alto Egitto. I ponti che attraversano il Nilo, in particolare i ponti di Qasr al Nil che uniscono piazza Tahrir erano invasi da centinaia di migliaia di persone dirette al luogo divenuto simbolo della rivolta, piazza Tahrir appunto. A detta degli esperti, la folla era di gran lunga più imponente dello scorso anno.

Fin dai giorni scorsi la gente ha gremito la piazza, ma il 25 il fiume di persone ha raggiunto una portata mai vista prima a memoria d’uomo. Dentro la piazza sono stati allestiti otto grandi palchi: uno di al-Azhar, uno del partito liberale Wafd, uno dei New Islamists, uno dei Nasseriti, uno per i rappresentanti del movimento 6 Aprile, uno dei liberali e, infine, quello dei Fratelli musulmani, presenti da giorni per garantire la sicurezza. Costoro volevano recitare la parte del leone e accaparrarsi la posizione migliore, nel mezzo, ma i movimenti giovanili li hanno infine relegati in una zona laterale della piazza.

I Fratelli musulmani hanno arringato a gran voce la folla, sostenendo che la rivoluzione ha raggiunto l’obiettivo più importante con l’elezione di un Parlamento libero; ora, hanno aggiunto, tutto quello che serve verrà ottenuto attraverso il partito di maggioranza di Giustizia e libertà, formato proprio dai Fratelli musulmani. Essi hanno quindi diffuso a tutto volume canzoni patriottiche e inni per celebrare – in modo folcloristico – il primo anniversario della rivoluzione, mentre gli altri gruppi rifiutavano qualsiasi tipo di festeggiamento al di fuori delle righe. Più tardi nel pomeriggio, gli altoparlanti dei palchi e delle piattaforme dei Fratelli musulmani sono stati sopraffatti dagli slogan della piazza e costretti a forza ad unirsi agli altri movimenti, che chiedono di portare avanti il movimento rivoluzionario.

Tutti i movimenti, fatta eccezione per i Fratelli musulmani per metà giornata, hanno urlato a gran voce queste tre obiettivi primari: giustizia per i moltissimi martiri e per le vittime uccise o ferite dai colpi di arma da fuoco nell’ultimo anno; l’immediato trasferimento del potere dello Stato ai civili; di conseguenza, il ritiro delle Forze armate e dei membri dell’esercito nelle caserme, chiamandoli a quello che deve essere il loro compito principale, ossia proteggere l’integrità territoriale nazionale.

Per tutto il giorno, fino a notte fonda, si è assistito a un’atmosfera di festa gioiosa, aliena da scontri o violenze. Regnava un’aura di consenso sorprendente, mentre polizia e soldati erano del tutto assenti dalla scena.

Nella rotatoria al centro della piazza, nella prima mattina di ieri i giovani hanno eretto una gigantesca colonna luminosa, dalla forma di un fiore di loto, ma che intendeva rappresentare una immensa candela con i nomi dei martiri e delle vittime incastonati sulla sua superficie. Nel tardo pomeriggio, una processione proveniente da Shubra trasportava con sé un grande obelisco, anch’esso ornato dai nomi delle vittime e dei martiri.

La piazza riuniva tutti gli strati della società, impegnati a rivendicare uniti e in amicizia le principali richieste e immaginando un futuro migliore per la nazione. Signore benestanti offrivano fiori a cioccolatini ai giovani attivisti per incoraggiarli. Nei dintorni della piazza si potevano scorgere anche la madre di Khaled Saïd e di Mina Daniel – massacrati lo scorso ottobre durante la protesta copta a  Maspero – insieme a parenti e familiari di molte vittime, per sostenere i ragazzi e dar loro forza per continuare la battaglia.

Tutti concordano nel ritenere che la rivoluzione non ha ancora raggiunto tutti gli obiettivi prefissati; essa deve andare avanti fino a che non saranno completati. Al contempo, è unanime il parere che i vari processi a Mubarak e ai suoi uomini sono contrari al diritto, ridicoli, una farsa; essi chiedono invece veri procedimenti e un processo politico non solo per i fatti avvenuti durante la rivolta, ma che comprendano pure i 30 anni di malgoverno della patria e della nazione.

La Chiesa evangelica situata in una via che scorre parallela alla piazza ha aperto come sempre le porte, per consentire ai fedeli musulmani di compiere le abluzioni di rito prima del mezzogiorno e della preghiera del tramonto. Infatti, la moschea di Omar Makram nella piazza non era in grado di rispondere alla massiccia richiesta; in questo modo si è voluto dare un segnale di buona volontà e cortesia, all’insegna dell’armonia fra cristiani e musulmani.

Dappertutto erano visibili capannelli di persone intente a discutere dei lavori parlamentari; è grande la gioia per il primo obiettivo conseguito dall’Assemblea, per garantire giustizia alle vittime della rivoluzione. La gente parlava anche della formazione di diversi comitati e commissioni parlamentari, che è stata rimandata dopo che i Fratelli musulmani avevano cercato di imporre una lista precompilata di persone di loro fiducia. A questo si aggiunge che a due donne, una cristiana e l’altra musulmana, è stato impedito di far parte della commissione chiamata a studiare i risarcimenti per le vittime. È unanime il coro di critiche verso la frangia radicale islamica, che ha iniziato a discriminare donne e membri delle minoranze.

Il movimento del 6 Aprile ha deciso di restare a lungo in piazza, fino a che verranno completati tutti gli obiettivi. I Fratelli musulmani hanno dichiarato di voler restare sino a sabato prossimo, al fine di garantire la sicurezza. Infine, quando già era calata la notte, qualcuno ha iniziato ad abbandonare la piazza.

Tutti i rappresentanti e gli osservatori presenti in piazza Tahrir, fra cui Ayman Noor, fondatore del partito Ghad; Mohammad Al Khodairy dei Fratelli musulmani; Abd al Rahman Fares, membro del comitato esecutivo della Federazione rivoluzionaria giovanile; Mahammad al Baradei, premio Nobel ed ex segretario generale dell’agenzia Onu sul nucleare (Aiea), che ha partecipato in modo attivo alle dimostrazioni di ieri; lo scrittore Alaa al Asswany, insieme a esperti di legge, hanno confermato che la rivoluzione non è ancora finita, che deve continuare, per dar vita a un nuovo Egitto, per eliminare tutti i rimasugli del precedente regime e far nascere un nuovo spirito che pervada tutto il Paese.

All’unisono, essi ritengono che il movimento giovanile è uno dei tre poteri chiave dell’odierno Egitto e che gli altri due poteri, le Forze armate e il Parlamento, devono venire a patti con questa forza emergente.


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