EGITTO – (27 Febbraio 2017)

Egitto. Il Daesh nel Sinai, dopo i cristiani bruciato vivo un musulmano


Redazione Internet lunedì 27 febbraio 2017
 
In fuga più di 100 famiglie cristiane. Dell’urgenza di proteggere i cristiani da nuovi attacchi ha parlato anche il patriarca copto ortodosso Tawadros II. Blitz dell’esercito nella penisola
 
Un cristiano copto fuggito dal Sinai arriva con i suoi beni nella chiesa evangelica di Ismailia (Ansa)

Un cristiano copto fuggito dal Sinai arriva con i suoi beni nella chiesa evangelica di Ismailia (Ansa)

Nuove operazioni dell’esercito egiziano nel Nord del Sinai, dopo la fuga di decine di famiglie di cristiani copti nel timore di nuovi attacchi contro la comunità, minacciata dai jihadisti del Daesh.

Il portavoce dell’Esercito, Tamer El-Refai, ha reso noto che sei “militanti” jihadisti sono stati uccisi e 18 catturati in diversi blitz nel nord del Sinai. «Le forze di sicurezza continueranno nella loro missione con determinazione per sradicare il terrorismo ed eliminare gli elementi terroristici», si legge in una nota. Secondo quanto riporta l’Ansa, un giovane musulmano è stato bruciato vivo da jihadisti del Daesh, acronimo arabo del sedicente Stato islamico, nel Sinai nord-orientale, perché ritenuto collaborazionista. La notizia è stata riferita da diverse fonti locali che si sono presentate come testimoni oculari, secondo le quali il giovane Ahmad Hamed è stato ucciso con l’accusa di essere un collaboratore delle autorità.

Già in passato egiziani che collaboravano con le autorità nella lotta contro il Daesh nella zona al confine con la Striscia di Gaza sono stati colpiti per rappresaglia e per scoraggiare altri dal farlo: vi erano stati anche diversi casi di sgozzamenti e decapitazione.

Il Sinai del Nord è da anni l’epicentro delle operazioni violente perpetrate da gruppi jihadisti contro esercito, forze di polizia e popolazione civile. Nei giorni scorsi era stata annunciata anche una sequenza di omicidi contro i cristiani copti nel Sinai del Nord, che ha provocato la fuga di più di 100 famiglie cristiane, trasferitesi dal capoluogo al Arish alla città di Ismailia, 120 km a est del Cairo. Il precipitoso trasferimento delle famiglie cristiane è iniziato dopo che un idraulico copto è stato ucciso giovedì scorso da un commando terrorista, mentre era a casa sua.

Da quel momento, si sono moltiplicate anche prese di posizione di istituzioni islamiche sulla nuova spirale di violenze abbattutasi sui copti egiziani. La Casa della Fatwa (Dar al Ifta al Misryah), organismo egiziano presieduto dal Gran Mufti d’Egitto e incaricato di diffondere pronunciamenti orientativi e sciogliere dubbi e controversie riguardo all’applicazione dei precetti coranici, ha diffuso un comunicato per condannare la catena di omicidi, sottolineando che la campagna orchestrata da gruppi jihadisti contro i cristiani autoctoni dell’Egitto punta esplicitamente a sabotare l’unità nazionale. Anche i portavoce di al-Nur, il partito salafita ultra-conservatore, hanno espresso pubblicamente la propria condanna per le uccisioni mirate di cristiani copti avvenute nel Sinai settentrionale, ribadendo che esse “vanno contro gli insegnamenti dell’islam”.


Della condizione dei cristiani sfollati e dell’urgenza di proteggere i cristiani della regione da nuovi attacchi hanno parlato in una conversazione telefonica anche il patriarca copto ortodosso Tawadros II e il primo ministro egiziano, Sherif Ismail.

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Il testo originale e completo si trova su:

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