Deir a-Surian: il salvataggio dei manoscritti cristiani
Jean Charles Putzolu – Città del Vaticano
È uno dei più antichi monasteri che il mondo moderno conosca, Deir al-Surian, fondato nel VI secolo dopo Cristo – secondo quella che è soltanto un’ipotesi, sia pur condivisa da molti. Infatti, quello di Santa Maria Madre di Dio è uno dei quattro monasteri dei circa 600 realizzati tra il III e il VI secolo sopravvissuti all’erosione. Nel corso degli anni, Deir al-Surian, nel Deserto di Nitria, in prossimità di Alessandria, nel Basso Egitto, è stato occupato da diverse comunità monastiche provenienti dal Levante e dall’Etiopia, ma soprattutto dalla Siria.
Matteo, Abramo e Teodoro: questi i tre monaci siriani che, nel IX secolo, hanno avuto l’incarico di istituire in questo luogo la prima biblioteca che avrebbe dovuto raccogliere manoscritti cristiani. Nel X secolo, poi, essa si è arricchita di 250 manoscritti che l’abate Mosé di Nisbi aveva riportato da un viaggio a Baghdad, durato cinque anni. Da allora, il monastero di Deir al-Surian conserva i più antichi scritti cristiani in copto, siriaco, arabo ed etiopico, oltre alle opere dei primi Padri della Chiesa, come San Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nissa.
Sono manoscritti unici, eccezionali che sono rimasti “segreti” per tantissimo tempo, finché nel XVIII e XIX secolo alcune opere furono trafugate da alcuni visitatori; qualcuna, donata a Papa Clemente XI, si trova oggi nella Biblioteca Vaticana, mente altre sono finite nella British Library. Per arrestare quell’emorragia, i monaci di Deir al-Surian chiudono la loro biblioteca e la sigillano. Per oltre un secolo rimane quindi dimenticata dal mondo, fino a quando iniziano i lavori di restauro negli anni Novanta del secolo scorso.
Frammenti di manoscritti sotto il pavimento
Il bibliotecario Abouna Bigoul stava andando nel « kip », la torre quadrata fortificata del monastero, quando individua – sotto un pavimento che sta cedendo durante i lavori di ristrutturazione – frammenti di manoscritti. Alcuni di quei manoscritti sono in condizioni pietose per aver passato secoli sotto i passi dei monaci. Abouna Bigoul è il prete bibliotecario, e per questo è assolutamente consapevole del valore che hanno i volumi della collezione del monastero, ma personalmente non è un esperto né saprebbe come restaurare quelle pagine preziose né i testi antichi che contengono, ma che bisogna assolutamente preservare dalla distruzione. È in questo momento che il prete ortodosso scrive a Elisabeth Sobczynski, conservatrice a Londra: “Signora, abbiamo scoperto frammenti di manoscritti molto antichi tra le macerie di una stanza segreta il cui pavimento è crollato. I ricercatori che lavorano sugli affreschi della nostra chiesa mi hanno fatto il suo nome. Vorrebbe venire ad aiutarci? Io sono soltanto il bibliotecario, non saprei cosa fare …”.
Elisabeth legge e rilegge quel messaggio, sorpresa che la scelta sia caduta proprio su di lei. Vola in Egitto e nel deserto incontra il bibliotecario nel suo monastero.
All’inizio, il Consiglio del monastero non si fida. Elisabeth dovrà aspettare diversi giorni senza vedere un libro, finché il bibliotecario – il quinto giorno – le presenta un enorme mazzo di chiavi. Insieme arrivano fino alla porta della biblioteca. Abouna Bigoul rompe i sigilli, la porta si apre sollevando una nuvola di polvere, ed Elisabeth scopre un tesoro: “E’ stato un momento unico nella mia vita”, dirà in seguito, “un’emozione senza pari”: 1.200 volumi si presentano al suo stupore. Nel 2005 sarà un frammento, in particolare, ad attirare la sua attenzione, perché reca una data: “novembre 411”. Completa perfettamente l’ultima pagina di un volume che era finito alla British Library, un manoscritto prezioso che contiene testi dell’antichità greca in lingua siriaca. In quell’ultima pagina, appunto, c’è un elenco di nomi di cristiani perseguitati e uccisi da un re persiano. Questa lista era stata redatta su indicazione del vescovo siriaco Maruta, per potere onorare la memoria dei martiri. In fondo alla pagina, sul frammento ritrovato a Deir al-Surian, Maruta firma con il suo nome e la data. Questa “firma” fa di questa pagina il più antico testo cristiano con data certa.
Ci sono decine di aneddoti simili da raccontare. La sola scoperta dei manoscritti è storia a sé, e quello che contengono racconta la nostra, di storia: dev’essere fatto di tutto per salvarli.
La “Levantine Foundation”
Elisabeth Sobczynski è stregata. Ma i suoi mezzi sono limitati. Da sola non potrà fare altro che alimentare la sua passione e la sua curiosità. Però lei vorrebbe che questo inestimabile patrimonio letterario e cristiano fosse consegnato alle generazioni future. Non è pensabile lasciare deperire uno dei due più antichi Vangeli di Giovanni, completo, tradotto in lingua copta, arrivati fino al giorno d’oggi. Per avviare una buona campagna di conservazione e di formazione alle tecniche di preservazione è necessario reperire dei fondi. Per questo, Elisabeth istituisce la Levantine Foundation, che riceve il sostegno del Principe Carlo. Subito si trovano dei donatori. La campagna può cominciare.
E così, a oggi sono stati trattati 130 manoscritti e 300 frammenti, grazie in particolare alla generosità del British Council e del Dipartimento britannico per il Digitale, la Cultura, i Media e lo Sport, che hanno sostenuto negli ultimi due anni la Levantine Foundation e consentito così di conservare 22 Codici. E anche se non tutte le opere hanno bisogno di essere trattate, centinaia di altre dovranno invece passare per le mani esperte dell’équipe dei conservatori impegnati in questa avventura. L’anno scorso, a causa della pandemia, le campagne sono state sospese, ma dovrebbero riprendere nel 2022. Elisabeth dovrà rilanciare i donatori perché finanzino le prossime campagne: la pandemia certo non la fermerà …
Per le generazioni future
Uno degli impegni presi quest’anno riguarda i più giovani ed è volto a far comprendere loro come la Storia abbia potuto “viaggiare” fino a noi. La Levatine Foundation ha lanciato un progetto pedagogico intitolato “le meraviglie della scrittura”, cioè la storia della realizzazione degli antichi libri – o “codici”. Con l’aiuto di un video realizzato per bambini tra 9 e 11 anni, la cui versione integrale è in inglese e in arabo, e che è destinato ad essere risorsa per gli insegnanti delle scuole primarie in Egitto e ovunque nonché per coloro che dirigono programmi educativi nei musei e nelle biblioteche, la fondazione intende sensibilizzare all’importanza storica della scrittura e illustrare come nasce un semplice quaderno, utilizzando le tecniche di legatura copte che sono state la base della realizzazione dei libri fin dal primo secolo dopo Cristo.
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