Nuovi scontri al Palazzo presidenziale al Cairo: ieri 7 morti e 305 arresti
E’ in corso a palazzo presidenziale al Cairo un vertice fra il presidente Morsi, il premier Qandil, i ministri della Difesa (anche capo delle forze armate), Interno, Giustizia, Informazione, oltre al capo dell’intelligence ed il comandante della guardia repubblicana. Dunque ai più alti livelli si sta valutando la situazione di altissima tensione e scontri che si registra da ieri davanti al Palazzo presidenziale al Cairo. Ieri sono morti sette manifestanti e 305 sono stati arrestati. Tutta la zona attorno al palazzo è presidiata da carri armati dell’esercito e filo spinato. Il servizio di Fausta Speranza:
All’interno centinaia di sostenitori dei Fratelli musulmani. Allesterno, carri armati a bloccare le strade adiacenti al palazzo. Arriva lannuncio del presidente della Tv di Stato: si dimette per protestare spiega contro la gestione del Paese. Le tappe della crescente destabilizzazione degli ultimi giorni sono legate alla nuova Costituzione: approvata dalla Assemblea costituente deve essere sottoposta a referendum il 15 dicembre. E fortemente legata alla Sharia, la legge islamica, e in più cè che il presidente Morsi con un decreto si è attribuito poteri speciali proprio fino allapprovazione: queste le forti obiezioni delle opposizioni. Il leader el Baradei parla di perdita di qualunque legittimità da parte del regime. Da parte sua, mons. Adel Zaki, vicario apostolico di Alessandria di Egitto, afferma che le Chiese non possono invitare al boicottaggio ma devono favorire il discernimento in base ai criteri della giustizia e del bene comune perché poi ognuno scelga secondo coscienza.
Della difficile situazione in Egitto Fausta Speranza ha parlato con il prof. Paolo Quercia, del centro militare Studi Strategici:
R. – La tensione è alta e questo è il primo grande scoppio di violenza di piazza dopo la caduta di Mubarak, che poi vede varie fazioni delle forze dellordine scontrarsi in un mix un po complesso. La situazione è preoccupante, anche per la delicata fase di transizione costituzionale in cui il Paese si trova.
D. – Ma davvero è la Costituzione il problema o il problema di fondo sono i Fratelli musulmani che hanno preso il controllo del Paese, e la scelta di Morsi di attribuirsi in questa fase poteri speciali?
D. – Direi che effettivamente è così. Il presidente Morsi ha messo il Paese di fronte ad una sorta di ricatto: o viene accettata questa Costituzione così come è stata elaborata da parte dellAssemblea costituente, dominata comunque dagli islamisti, o altrimenti permangono i poteri eccezionali che si è arrogato il presidente. Quindi, a questo punto il referendum, che si potrebbe tenere a dicembre o subito dopo, prevede una alternativa tra una forma di dittatura o di forte autoritarismo e laccettazione di questa Costituzione. Costituzione che poi è di per sé ambigua: non è un testo così pericoloso in quanto tale, ma presenta sicuramente numerosi punti di ambiguità, soprattutto sul ruolo delle religioni allinterno del sistema costituzionale egiziano.
D. – Ci dica di più di questo
R. – Una parte dei partiti è uscita dallAssemblea costituente, che era rappresentativa di un po tutte le forze politiche del Paese, post-rivoluzionarie. Quindi una parte di queste forze sono uscite dallAssemblea costituente in protesta per alcune clausole di questa Costituzione, perché hanno ritenuto che non tutelassero sufficientemente la libertà religiosa nel Paese. Io non sono in grado di pronunciarmi esattamente su quanto questa limitazione o islamizzazione della Costituzione sia così forte. Ricordiamoci, però, che i Fratelli musulmani ci hanno abituato ad una forte ambiguità e ad un uso tattico tanto dei documenti scritti che dei processi elettorali. Probabilmente cè una parte del Paese che teme una islamizzazione strisciante. I Padri costituenti di questa nuova Costituzione sicuramente sono islamisti, come daltra parte lo è la maggioranza del Parlamento.
D. – La Guardia Repubblicana assicura che non ci sarà repressione: secondo lei, si può davvero uscire da questa impasse senza ulteriori prese di posizioni forti, violenza o repressione?
R. – Questo dipende da come andranno le vicende della piazza. Un altro elemento importante di quello che sta avvenendo in questi giorni è proprio il ruolo dei militari: sostanzialmente le azioni antidemocratiche del presidente Morsi e il percorso costituzionale sono difesi dai militari, così come era difeso il regime di Mubarak. Da questo punto di vista, il metodo con cui tenere il Paese sotto controllo non sembra molto cambiato. Credo che, però, siano cambiati i rapporti di forza: sicuramente i Fratelli musulmani hanno un sostegno popolare molto più alto di quello che aveva Mubarak e quindi non si dovrebbe – immagino – arrivare ai livelli di violenza o di disordine che abbiamo visto nella caduta del regime.
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