G.BRETAGNA – (24 Maggio 2017)

Manchester. Allerta massima in Gran Bretagna. Il kamikaze non ha agito da solo


Elisabetta Del Soldato, Manchester mercoledì 24 maggio 2017
 
Innalzato l’allarme: attacco imminente. Serie di arresti. Militari di guardia a Buckingham Palace, Downing Street, a Westminster. Abedi «addestrato in Libia e legato ad al-Qaeda»
 
La veglia ad Albert Square ha raccolto migliaia di cittadini di Manchester (Ansa/Ap)

La veglia ad Albert Square ha raccolto migliaia di cittadini di Manchester (Ansa/Ap)

Il kamikaze non ha agito da solo, aveva dei complici. È stato addestrato in Libia e, una volta tornato a Manchester, ha goduto di coperture e aiuti. Lo ha svelato l’intelligence britannica che ha innalzato l’allarme al massimo livello: quello dell’attacco imminente. Saranno dispiegati altri 3.800 uomini delle forze armate. Militari di guardia a Buckingham Palace, Downing Street, al Palazzo di Westminster e davanti alle ambasciate: i soldati britannici saranno infatti piazzati a difesa di tutti i “siti chiave” di Londra, ha confermato Scotland Yard dopo l’annuncio dell’innalzamento del livello di allerta da “grave” a “critico” all’indomani dell’attacco terroristico a Manchester, costato la vita ad almeno 22 persone e oltre 120 feriti. Con almeno 8 persone ancora “disperse”.

Tre persone sono state arrestate, dopo l’uomo portato in carcere già martedì, identificato dalla stampa britannica nel fratello dell’attentatore Salman Abedi, Ismael, 23 anni.

La polizia sta presidiando anche tutte le strutture sensibìbili a Londra (LaPresse)

La polizia sta presidiando anche tutte le strutture sensibìbili a Londra (LaPresse)


I vertici della Metropolitan Police hanno confermato stamattina che è già in corso il dispiegamento di militari, che rimpiazzeranno in molti casi la polizia armata in base alle disposizioni dell’operazione” Temperer”, annunciata ieri in tarda serata dalla premier Theresa May. La polizia manterrà comunque il comando delle operazioni di vigilanza.

La premier ha ricevuto informazioni durante una riunione urgente ieri sera del comitato antiterrorismo Cobra, sull’azione kamikaze alla Manchester Arena, che lasciano temere nuovi imminenti attentati. Un Incidente d’intelligence scoppiato intanto tra Londra e Washington dopo che fonti americane hanno svelato l’identità del kamikaze di Manchester prima che la polizia britannica lo nominasse ufficialmente. La ministro degli Interni Amber Rudd ha definito apertamente “irritante” la scelta degli Usa e in un’intervista ha detto di aver spiegato a Washington che non deve accadere mai più. Ieri Salman Abedi, 22 anni, è stato identificato dai media che citavano come fonte “funzionari Usa” nonostante le controparti britanniche fossero rimaste in silenzio. I giornalisti britannici conoscevano il nome di Abedi, ma il governo di Londra e la polizia di Manchester non l’hanno confermato per oltre due ore dopo che era comparso sui media Usa. In precedenza il governo aveva detto che probabilmente non avrebbe diffuso il nome dell’attentatore perché l’inchiesta era in corso.

Così come, sempre dagli Stati Uniti, emerge un altro particolare. Nonostante le ripetute rivendicazioni da parte del Daesh, il 22enne Abedi ha avuto “chiari legami con al-Qaeda” ed è stato addestrato all’estero. È quanto ha riferito ai media Usa una fonte dell’intelligence americana, precisando che l’uomo è stato identificato grazie a una carta bancaria trovata in una sua tasca sulla scena dell’esplosione, al Manchester Arena. La fonte non ha escluso che Abedi potesse avere contatti con altri gruppi, sottolineando che la Libia è stato uno dei tanti Paesi visitati dall’uomo negli ultimi 12 mesi.

Per tutta la sera si è pregato e manifestato la vicinanca alle vittime di Manchester (Ansa'Ap)

Per tutta la sera si è pregato e manifestato la vicinanca alle vittime di Manchester (Ansa/Ap)

 

Dopo una notte terrificante, Manchester si era svegliata martedì mattina a testa alta e con il chiaro intento di spedire un solo messaggio ai terroristi: non si piegherà di fronte alla violenza. E martedì sera è andata a letto dopo essersi raccolta, con migliaia di ‘persone, nella Albert Square: preghiere e lacrime per chi è stato portato via dalla follia di un kamikaze. Code composte di cittadini pronti a donare sangue erano già lunghissime all’alba di martedì fuori dai diversi ospedali dove sono stati portati i feriti della strage di lunedì sera. E sui socialmedia ha presto cominciato a circolare lo slogan «We are Manchester We are Together», siamo Manchester, siamo uniti. «Quando serve, nessuno ci divide», è il commento di Aj Singh, uno dei tanti tassisti che durante la notte ha offerto servizi gratuiti a chi ne aveva bisogno. «Come molti altri ho attaccato un foglio sul finestrino che diceva “Taxi gratis”, e ho accompagnato una ventina di persone dove dovevano andare’», ha detto.

Altri, nella comunità, hanno offerto cibo e tè caldo durante la lunga notte, e diversi hotel hanno messo stanze a disposizione di chi aveva bisogno di un letto usando l’hashtag #RoomForManchester. Un servizio usato anche da Paula Robinson, una signora di 48 anni che si trovava alla stazione di Victoria, proprio a due passi dall’arena, al momento dell’esplosione. Nel caos, la donna ha deciso di portare una cinquantina di ragazzini che non riuscivano più a trovare i genitori al riparo in un hotel vicino e poi, una volta informata la polizia, ha messo un appello sui socialmedia. «I genitori correvano a destra e a sinistra per cercare di trovare i loro figli. I ragazzini erano terrorizzati. Era come vivere in un incubo ». Eroico anche il gesto del senzatetto Chris Parker. Ha 33 anni e abitualmente dorme fuori dell’arena. In genere chiede l’elemosina dopo la fine dei concerti. In questo caso è corso in aiuto delle vittime. Parker ha raccontato di quando una donna è morta nelle sue braccia e di aver aiutato una ragazza che nell’esplosione ha perso le gambe. «Prima, tutti erano felici, uscivano dall’arena con il sorriso sul volto, commentando un ottimo concerto. Poi ho sentito un enorme botto, ho visto un flash e da quel momento è uscito tanto fumo e ho sentito urla che non smettevano più. L’esplosione mi ha gettato al suolo, ma quando mi sono rialzato il mio istinto invece di dirmi di scappare mi ha detto di rientrare nell’arena e andare ad aiutare chi ci era rimasto. C’erano persone per terra e sangue ovunque». Anche una ragazza italiana che studia a Manchester ha descritto il suo stato d’animo. «Sono spaventata, come tutti – ha detto Margherita Concina –, ma andiamo avanti. Parteciperò alla veglia promossa dal sindaco – ieri sera c’erano migliaia di persone –. Sono preoccupata soprattutto per un’amica musulmana cha adesso ha paura di uscire di casa. Lei è impegnata anche sul fronte dei diritti umani e il fatto che non si senta sicura mi fa stare male».

Accanto alla comunità di Manchester e alle forze dell’ordine hanno giocato un ruolo fondamentale anche i socialmedia usati soprattutto dalle famiglie in cerca di notizie dei loro cari, ma anche dai cittadini per esprimere solidareità, offrire aiuto e ribadire che Manchester è orgogliosa della sua diversità e non si lascerà mai intimidire dai terroristi. «Dicono che sono i musulmani quelli da biasimare», scrive su Twitter Joshua Woods, un ragazzo che si trovava al concerto e che è stato portato a casa da un tassista musulmano, «quando in realtà un signore musulmano mi ha dato un passaggio, mi ha offerto dell’acqua e ha ricaricato il mio telefonino. Un mio amico, che era al concerto con me, è stato operato da un medico musulmano che ha lavorato tutta la notte». Anche Emily Dugan, che ieri ha postato la foto, già diventata famosa, di un rabbino che va incontro a un poliziotto con del tè caldo, è d’accordo. ‘We are Manchester’, scrive, ‘We are together’.

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