Medio Oriente. Nessuna tregua a Gaza. Hamas attacca Israele, che vuole garanzie per il cessate-il-fuoco. Continuano le trattative ed è incessante lattività diplomatica, Stati Uniti in primo piano per mediare insieme allEgitto. Israele ha annunciato poco fa di aver colpito a Gaza, il ministero della Sicurezza interna, principale centro di controllo di Hamas. Il servizio di Graziano Motta:
La mediazione dellEgitto, che tende ad un cessate il fuoco, ha trovato sostegno nellazione diplomatica internazionale, quella statunitense in primo piano. Infatti, il presidente Obama ha chiamato ieri al telefono il presidente egiziano Morsi, mentre la segretaria di Stato Clinton si è recata in Israele dal premier Netanyahu condividendo la sua posizione per una tregua duratura e garantita dallEgitto, ma che serva anche a promuovere – ha detto – la stabilità del Medio Oriente. Analoga preoccupazione del segretario generale dellOnu, Ban Ki Moon, in visita nella regione. Dopo aver incontrato ilm premier israeliano Netanyahu ha scongiurato lescalation del conflitto, che non ha perso di intensità nei cieli: due missili di fabbricazione iraniana lanciati dai miliziani di Hamas hanno ancora una volta raggiunto la lontana area di Gerusalemme senza far danno; uno di questi ha raggiunto larea distante di Tel Aviv ove ha colpito un edificio causando quattro feriti. Più pesanti i bilanci dei raid aerei e navali israeliani su Gaza, salito a 126 palestinesi uccisi.
Dunque si lavora per una soluzione duratura per larea. Ma qual è il peso degli Stati Uniti oggi in questa crisi che rischia di esplodere tra le loro mani? Salvatore Sabatino lo ha chiesto allanalista internazionale Stefano Torelli:
R. – Lo stesso presidente Obama ha lanciato un messaggio che, a mio avviso, sembra essere abbastanza esplicativo di quella che è lazione statunitense nellarea: nel momento in cui Israele ha dichiarato che, almeno per il momento, non avrebbe più intenzione di muovere anche le truppe sin dentro la Striscia di Gaza e contestualmente il segretario di Stato, Hillary Clinton, viene inviato nellarea, Obama ha rilasciato una dichiarazione dicendo che questa decisione di Netanyahu di non portare le truppe dentro Gaza non è stata una decisione assunta a seguito di una richiesta degli Stati Uniti, in quanto gli Stati Uniti non hanno alcun tipo di influenza su quelle che sono le decisioni strategiche israeliane. Quindi, è evidente, già da qualche anno, questa tendenza di Israele ad agire sostanzialmente senza neanche più consultare Washington, spesso anche in maniera – diciamo – contraria a quelli che sono gli auspici di Washington.
D. – Dal canto loro, le Nazioni Unite sono paralizzate sul classico gioco di veti incrociati: così comè successo per la Siria, anche per Gaza possiamo prevedere unimpasse?
R. – Direi di sì. Le Nazioni Unite, soprattutto nel teatro mediorientale, risultano abbastanza immobilizzate da questa situazione, che si basa sui vari veti incrociati, per cui – come ha giustamente sottolineato – in Siria stiamo assistendo a uno stallo vero e proprio dellazione diplomatica delle Nazioni Unite, per effetto di un veto di Russia e di Cina soprattutto. Dallaltra parte, ogni volta che le Nazioni Unite hanno cercato – negli ultimi decenni – di promuovere azioni anche soltanto semplicemente di condanna allo Stato di Israele, vi è sempre stata lopposizione abbastanza forte e significativa degli Stati Uniti, che pur avendo una politica in questo contingente che non va proprio daccordo con il governo israeliano, a livello poi più strutturale continuano a manifestare la propria vicinanza politica e la propria solidarietà allo Stato ebraico.
D. – Dallaltra parte, cè la Lega Araba che continua, invece, ad assumere un ruolo sempre più importante
R. – Sì, la Lega Araba sembra stia godendo di una rinnovata se non credibilità, almeno spinta propulsiva, proattiva dal punto di vista dellazione diplomatica. Le ha giovato la posizione che lo stesso Egitto ha assunto nellarea, come nuova forza potenzialmente in grado di arrivare ad una mediazione soprattutto con la parte palestinese, cosa che invece con il governo Mubarak non era stata possibile; sicuramente il Cairo offre uno spiraglio e una possibilità in più per tutta la Lega Araba di poter agire come nuovo attore di mediazione.