Iraq: convivenza fra cristiani e musulmani e la pace passano attraverso le donne
Il ruolo “chiave” ricoperto dal clero islamo-cristiano nella “diffusione della cultura dei diritti umani per il raggiungimento della pace e della stabilità”. Ne hanno discusso i leader religiosi cristiani e musulmani – sunniti e sciiti – irakeni, alla 19ma sessione del Consiglio per i Diritti Umani, in programma fino al 23 marzo al Palazzo delle nazioni di Ginevra, in Svizzera, sede europea della rappresentanza Onu. Durante la sessione sono stati molti i temi affrontati: promuovere l’unità nazionale, eliminando i concetti di “maggioranza e minoranza”; garantire il rispetto della legge, il principio dello Stato civile; diffondere lo spirito di tolleranza e accettazione mediante incontri e seminari; valorizzare, al contempo, il ruolo della donna in famiglia e nella società. Tutti questi punti sono stati inseriti in una dichiarazione di intenti sottoscritta dai partecipanti. Al simposio di Ginevra hanno partecipato tre figure di primo piano del Paese arabo: l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako; Munir Sheikh Turaihi, ricercatore irakeno sciita che vive a Londra e Shiekh d. Nassif Jubouri, studioso sunnita e imam con base in Francia. A loro si sono uniti anche mons. Silvano Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni a Ginevra; l’ambasciatore irakeno in Svizzera, Abdull Amir Hashim rappresentante della al-Hakim Foundation all’Onu e Claire Amos, rappresentante del Consiglio mondiale delle Chiese, insieme a rappresentanti e delegati di diversi Stati. Tra i vari elementi presi in esame l’agenzia AsiaNews annuncia che è emersa anche l’importanza delle donne irakene, alle quali è chiesto di “adottare per i figli una visione educativa aperta e adeguata”, che sia basata sui principi di “pace, dialogo e non violenza”. Alla vigilia della festa dell’8 marzo, in cui si celebra la Giornata mondiale della donna, i delegati hanno voluto rilanciare il ruolo dell’universo rosa – anche nelle società arabe o a maggioranza musulmane – nella costruzione di un clima di convivenza e di armonia. A questo si aggiunge il valore della famiglia, quale primo centro educativo della persona umana. A conclusione dell’incontro, i leader religiosi presenti hanno diffuso un comunicato che traccia le linee guida per un futuro Iraq all’insegna della convivenza pacifica fra fedi diverse. Per ottenere questo traguardo è necessario: diffondere il principio “dell’unità nazionale” senza discriminazioni e rimuovere i concetti “di maggioranza e minoranza”; stabilire uno “Stato civile”, basato sulla legge e le istituzioni; ai capi religiosi delle comunità viene chiesto di “approfondire il principio di fratellanza”, che garantisce “coesistenza e coesione nazionale”; propagare lo “spirito di tolleranza e accettazione” attraverso seminari interattivi e programmi volti a sostenere la “cultura del dialogo”; infine, organizzare “incontri regolari” fra leader religiosi, per chiarire “visioni e prospettive”. (S.S.)
Il ruolo “chiave” ricoperto dal clero islamo-cristiano nella “diffusione della cultura dei diritti umani per il raggiungimento della pace e della stabilità”. Ne hanno discusso i leader religiosi cristiani e musulmani – sunniti e sciiti – irakeni, alla 19ma sessione del Consiglio per i Diritti Umani, in programma fino al 23 marzo al Palazzo delle nazioni di Ginevra, in Svizzera, sede europea della rappresentanza Onu. Durante la sessione sono stati molti i temi affrontati: promuovere l’unità nazionale, eliminando i concetti di “maggioranza e minoranza”; garantire il rispetto della legge, il principio dello Stato civile; diffondere lo spirito di tolleranza e accettazione mediante incontri e seminari; valorizzare, al contempo, il ruolo della donna in famiglia e nella società. Tutti questi punti sono stati inseriti in una dichiarazione di intenti sottoscritta dai partecipanti. Al simposio di Ginevra hanno partecipato tre figure di primo piano del Paese arabo: l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako; Munir Sheikh Turaihi, ricercatore irakeno sciita che vive a Londra e Shiekh d. Nassif Jubouri, studioso sunnita e imam con base in Francia. A loro si sono uniti anche mons. Silvano Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni a Ginevra; l’ambasciatore irakeno in Svizzera, Abdull Amir Hashim rappresentante della al-Hakim Foundation all’Onu e Claire Amos, rappresentante del Consiglio mondiale delle Chiese, insieme a rappresentanti e delegati di diversi Stati. Tra i vari elementi presi in esame l’agenzia AsiaNews annuncia che è emersa anche l’importanza delle donne irakene, alle quali è chiesto di “adottare per i figli una visione educativa aperta e adeguata”, che sia basata sui principi di “pace, dialogo e non violenza”. Alla vigilia della festa dell’8 marzo, in cui si celebra la Giornata mondiale della donna, i delegati hanno voluto rilanciare il ruolo dell’universo rosa – anche nelle società arabe o a maggioranza musulmane – nella costruzione di un clima di convivenza e di armonia. A questo si aggiunge il valore della famiglia, quale primo centro educativo della persona umana. A conclusione dell’incontro, i leader religiosi presenti hanno diffuso un comunicato che traccia le linee guida per un futuro Iraq all’insegna della convivenza pacifica fra fedi diverse. Per ottenere questo traguardo è necessario: diffondere il principio “dell’unità nazionale” senza discriminazioni e rimuovere i concetti “di maggioranza e minoranza”; stabilire uno “Stato civile”, basato sulla legge e le istituzioni; ai capi religiosi delle comunità viene chiesto di “approfondire il principio di fratellanza”, che garantisce “coesistenza e coesione nazionale”; propagare lo “spirito di tolleranza e accettazione” attraverso seminari interattivi e programmi volti a sostenere la “cultura del dialogo”; infine, organizzare “incontri regolari” fra leader religiosi, per chiarire “visioni e prospettive”. (S.S.)
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