ISLAM – ( 14 Maggio )

LA RADICALIZZAZIONE DELL’ISLAM E LA RISPOSTA DELL’OCCIDENTE

 

Intervista con padre Samir Khalil Samir, S.I., islamologo ed esperto di cultura araba

 

ROMA, lunedì, 14 maggio 2012 (ZENIT.org) – Padre Samir Khalil Samir, S.I., è autore, professore di Teologia cattolica e di Studi islamici presso la St Joseph University a Beirut, in Libano, e consultore di vari esponenti ecclesiastici e politici. In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Mark Riedemann lo ha intervistato per Where God Weeps (Dove Dio Piange) sulla crescente radicalizzazione dell’islam e le sue implicazioni per la politica dell’Occidente.

Purtroppo si registra una crescente radicalizzazione dell’islam. Ci può spiegare il perché e dove ci porterà?

Padre Samir Khalil Samir: La radicalizzazione è iniziata con i Fratelli Musulmani alla fine degli anni ’20 del secolo scorso, in particolare dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e la caduta dell’Impero Ottomano – l’ultimo impero musulmano – nel 1923-24, che dopo 1.300 anni segnò la fine del Califfato. Inoltre c’è stata la secolarizzazione della Turchia. I musulmani non sapevano cosa fare. Si chiedevano chi sarebbe stato il nuovo Califfo: l’Arabia Saudita, l’Egitto? Non trovano nessuno capace di rilevare questo impero. Nacque un movimento che disse: “noi dobbiamo islamizzare i Paesi musulmani. Sono troppo occidentalizzati”. Ed era vero: il loro sistema giuridico era basato sui sistemi francesi, svizzeri ecc. Così hanno fondato i Fratelli Musulmani. La loro intenzione era di rendere la società più musulmana. Sono nati come movimento politico in Egitto. All’inizio respingevano assolutamente la violenza ma, col tempo, la violenza è diventata parte della lotta contro la Rivoluzione socialista del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser. I Fratelli Musulmani venivano perseguitati, incarcerati o uccisi. Poi hanno organizzato la resistenza e l’opposizione, diventando, ogni anno, più violenti.

Ma non era solo una questione egiziana?

Padre Samir Khalil Samir: Dobbiamo ricordare che nel 1948 è stato creato lo Stato d’Israele. I Paesi arabi hanno lanciato la guerra contro Israele, che si è conclusa con la sconfitta di tutti i Paesi arabi da parte di questo piccolo Paese. Sono stati umiliati. Dicevano che era a causa del fatto che questi Paesi non erano abbastanza musulmani e che dovevano iniziare la rivoluzione. Hanno lanciato guerre su guerre contro Israele ed ogni volta era una sconfitta per i Paesi arabi.

Le cose hanno cominciato a cambiare economicamente nel 1973-74, in coincidenza di un forte aumento della domanda di petrolio. Il prezzo del greggio aumentò quattro volte e molti petrodollari erano disponibili. Che cosa potevano fare con questi soldi, questi Paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita? Hanno costruito moschee e centri islamici. In Egitto hanno finanziato la costruzione di migliaia di scuole e moschee. E lo fanno ancora oggi.

Esiste un’agenda religiosa e se sì, con quale obiettivo?

Padre Samir Khalil Samir: Sì. Il Wahhabismo deriva dal nome di Abdal Wahhab, che visse nel 1780 e fece un accordo con il principe Muhammad ibn Saud. Sosteneva il principe, che adottò l’ideologia religiosa di Abdal Wahhab. Ci sono quattro scuole giuridiche sunnite nell’islam. La più rigorosa è quella chiamata Hanbali, che fu praticata in Arabia Saudita in quell’epoca. Secondo Abdal Wahhab, questa Hanbali non era ancora rigorosa; ecco quindi il wahhabismo, che è la prassi più rigorosa dell’islam. Quando è nata poi l’Arabia Saudita, all’inizio del ventesimo secolo, questa forma di islam è diventata la religione di Stato, che tutti dovevano seguire. Con il loro denaro hanno esportato questa ideologia, che è stata introdotta in Egitto e negli anni ’90 in Algeria ed in Indonesia.

In parole molto semplici, i petrodollari provenienti dagli USA e dall’Europa stanno alimentando l’espansione dell’islam radicale?

Padre Samir Khalil Samir: Assolutamente e continua finora; hanno tanto denaro ed una visione, un’ideologia.

Parliamo dell’intreccio di politica e religione. In Occidente vigono la secolarizzazione e la separazione tra Chiesa e Stato. È possibile ciò nel mondo musulmano? Come possiamo muoverci verso la pace?

Padre Samir Khalil Samir: Per la gente musulmana che non ha sperimentato la secolarizzazione,almaniyyah (laicità, ndr) significa ateismo. Non riesce ad immaginare uno Stato senza religione. Secolarizzazione per loro significa che la religione è messa da parte e dunque è ateismo. Non uso mai questa parola in arabo. Dico “stato civile”, il che non significa che la religione non abbia la sua parte.

Quale approccio serve allora?

Padre Samir Khalil Samir: Penso che dobbiamo dire ai musulmani e ai cristiani mediorientali che la religione è una parte importante della vita pubblica e che vogliamo mantenere questo. Un esempio è il Libano, dove c’è più religione che in qualsiasi altra parte, ma dove tutte le religioni sono riconosciute e rispettate. Ecco dunque una proposta: tutti noi crediamo in Dio. Abbiamo tutti un approccio diverso a Dio, c’è l’approccio musulmano, quello cristiano e ebraico, nonché tanti altri approcci. La proposta è quella di non toccare la religione perché è troppo radicata in noi, ma vogliamo cittadinanza. Siamo tutti cittadini e vogliamo uguaglianza.

È troppo tardi? I cristiani stanno abbandonando il Medio Oriente. È  una tendenza irreversibile?

Padre Samir Khalil Samir: Sì, è per questo che speriamo e questo è molto importante. Prima che sia troppo tardi, vorremo dire: “Stop”. Noi, come cristiani, abbiamo una proposta, non una proposta cristiana ma una proposta per tutti. La proposta, per tutti quelli che vogliono applicarla, è di non andarvene: se siete cristiani, musulmani o ebrei, dobbiamo costruire insieme una società basata sui diritti umani.

…perché: oggi il Medio Oriente, domani l’Europa e gli Stati Uniti…

Padre Samir Khalil Samir: …perché se non si fa oggi e non ci aiutate a realizzare questo progetto, l’Europa e gli USA sono già preavvisati che oggi i musulmani radicali sono qui ma domani verranno da voi. Vi attaccheranno come colonialisti ed imperialisti, parole che vengono spesso usate perché sono un espediente. Sarete etichettati come “cattivi” e diranno: ci avete messi in questa situazione e adesso ci vendicheremo.

Ma la violenza non può essere la risposta…

Padre Samir Khalil Samir: Non possiamo combattere un’ideologia con le bombe. Provoca più rabbia fra la gente offesa. Più cosiddetti “terroristi” uccidiamo, più li sostituiranno perché non lo percepiscono come terrorismo. È un onore. È l’unico onore che possono raggiungere, perché spesso sono marginalizzati nel loro proprio Paese. Diranno poi “siamo martiri”. Noi utilizziamo la parola “martire”, shahid, quotidianamente.

Qual è la risposta?

Padre Samir Khalil Samir: Quello che stiamo dicendo noi, cristiani; il senso della nostra vita è di realizzare la pace, di avere giustizia per i poveri, le donne, per tutti. Ad esempio, di avere un sistema educativo di cui beneficiano non solo i ricchi. L’Egitto ha uno dei peggiori sistemi educativi: la gente esce dopo nove anni dalla scuola d’obbligo senza saper leggere o scrivere. Ero a carico del sistema educativo durante il governo socialista in Egitto negli anni ’70 e durante questo periodo ho scoperto che almeno la metà dei giovani, in particolare i maschi, non sapevano leggere né scrivere. Come rappresentante governativo andavo persino ad una cosiddetta “scuola modello” dove forse il 10-20% degli allievi poteva studiare, e per gli altri era troppo tardi. La parola chiave è ‘costruire insieme’ perché sappiamo che noi, da soli, non abbiamo il potere per cambiare l’intera società.

Lei ha detto “insieme”…

Padre Samir Khalil Samir: Insieme, vale a dire che la soluzione deve essere pacifica, non può essere una soluzione violenta. Deve iniziare con un progetto politico. Primo, deve finire la guerra tra Palestina e Israele. Noi appoggiamo la proposta di creare due Stati. Uno sarebbe l’ideale ma dopo 60 anni di guerra, questa proposta sarà impossibile oggi. Due Stati dunque con confini ben definiti. Serve una generazione per superare questo. Questi confini non devono essere costituiti da muri per permettere alla gente di muoversi liberamente. Lo stesso in Iraq, dove serve la pace tra sunniti e sciiti. Lo predico tra i musulmani. Dunque assieme alla pace possiamo realizzare il nostro progetto, uno basato sulla giustizia sociale perché questo precetto c’è nel Corano, nella Bibbia ed è l’ideale per cristiani, musulmani ed ebrei. Noi proponiamo questo progetto comune. Iniziamo. Ma non può essere un progetto musulmano, perché potrebbe essere manipolato. La costituzione è religiosa e riconoscerà Dio in vari modi e dev’essere basata sui diritti umani. Il Libano potrebbe servire da modello, non un modello perfetto ma alcune idee potrebbe venire di là. E lo svilupperemo, passo per passo. Richiederà alcune generazioni…

…ma è fattibile!

Padre Samir Khalil Samir: Penso che sia fattibile. Poi inviteremo i Paesi più ricchi ad aiutarci e noi faremo lo stesso per aiutarli a costruire una società di mutua coesistenza. Il re dell’Arabia vorrebbe cambiare il sistema. Ha costruito e lanciato un’università mista. Lei riesce ad immaginare questo in Arabia Saudita e da parte del re? È stato criticato dai mullah, dagli sceicchi… ma sta facendo questo passo.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.

 

Il testo completo si trova su:

http://www.zenit.org/article-30654?l=italian

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