P. Samir: I tabù dei musulmani, la falsa libertà dell’occidente
di Samir Khalil Samir
Il caso del film anti-islam e delle vignette satiriche su Maometto mette in luce due diverse culture: quella islamica, che proviene da dittature e censure, e quella occidentale, liberale e iconoclasta della religione. Troppa sacralità fra i musulmani e troppo secolarismo fra gli occidentali. Ma il mondo islamico sta cambiando: c’è sempre più condanna delle violenze. La proposta del papa in Libano per costruire una convivenza nella diversità e non nell’uniformità.
Beirut (AsiaNews) – Lo scandalo per il film anti-islam prodotto negli Usa, a cui si è aggiunta la provocazione per alcune vignette su Maometto in Francia, nasce da due impostazioni culturali che non riescono a integrarsi: da una parte vi sono i musulmani che hanno fatto della figura di Maometto e del libro del Corano dei “tabù sacri”, intoccabili. Dall’altra, in occidente vi è una concezione della libertà così assoluta che arriva fino ad offendere la religione.
Per p. Samir Khalil Samir, grande esperto di islam, sono questi i due ingredienti che stanno scatenando manifestazioni e violenze in tutto il mondo musulmano. Nello stesso tempo, egli nota che molti governi e organizzazioni musulmane – a differenza di quanto avvenuto anni fa per l’incidente delle vignette su Maometto – si esprimono con molta più chiarezza e apertura contro la violenza dei propri correligionari. C’è anche un suggerimento per i cristiani di occidente: forse anche loro dovrebbero essere meno succubi della cultura dominante, così facile ad offendere le religioni. Ecco quanto ci ha detto p. Samir.
Il problema: confronto tra la cultura occidentale e quella islamica
Guardando a tutte queste manifestazioni, spesso violente, devo dire che esse nascono da un vero grosso problema che abbiamo in Medio Oriente: non si comprende la libertà quasi assoluta che c’è negli Stati Uniti. Inoltre, non c’è la minima idea della libertà di espressione, per il fatto che viviamo in Paesi di dittatura. Infine, la libertà di coscienze (non di religione) è un concetto inesistente.
Nelle critiche del mondo musulmano e negli attacchi in diversi Paesi il target erano gli Stati Uniti. Io ho cercato di spiegare ad alcuni miei amici islamici che gli Stati Uniti non c’entrano nulla; che il film è stato prodotto da un copto americano – o da un ebreo americano, come si è detto – ma questo non coinvolge lo Stato tutto intero.
Questa estraneità del governo è incomprensibile per i Paesi arabi, perché da noi vige la censura e il controllo sui media. Anch’io tempo fa in Egitto, per scrivendo un articolo, ho subito la censura del governo e di Al Azhar, perché avevo citato letteralmente alcuni versetti del Corano, e mi è stato detto che non avrei dovuto farlo in quanto cristiano.
Il secondo problema è che i musulmani hanno dei “tabù sacri”, che portano alla condanna di tutti questi cosiddetti “peccati di blasfemia”, in particolare in Pakistan. I musulmani hanno sacralizzato il libro del Corano e la figura di Maometto. Ma non è stato sempre così. Questa malattia si è diffusa da poco e cresce con l’ignoranza e la frustrazione presente del mondo islamico.
In India, come avete detto voi di AsiaNews, gli imam hanno condannato il film, ma hanno richiesto che i manifestanti non si esprimano con la violenza. Anche in Libano, Sayyed Hassan Nasrallah, il leader degli Hezbollah, ha lanciato imponenti manifestazioni contro il film su Maometto. Va detto però che finora le manifestazioni sono state quasi tutte pacifiche, senza alcuna violenza o distruzione. Nelle nostre regioni, fare una manifestazione senza violenza è già un risultato. Mi sembra che il mondo islamico stia imparando, e questa volta ci sono molte voci che condannano la violenza delle manifestazioni islamiche, in modo molto più aperto che ai tempi delle vignette danesi di Maometto (nel 2006).
La Sala stampa vaticana ha condannato le manifestazioni violente, ma anche la produzione del film (e la pubblicazione delle vignette su Charlie Hebdo). Devo dire che il clip del film che è su Youtube ha messo insieme i passi più volgari proprio con l’idea di provocare, postandolo sui social network e traducendolo in arabo per avere la massima diffusione. Nel film c’è un fondo storico di verità, ma c’è anche un grande fondo di falsità. Che Maometto abbia avuto 18 o 19 donne, è un fatto storico, di cui discutono anche gli studiosi musulmani; che lui abbia lanciato più di 60 guerre (razzie = ghazwa) è anche questo un fatto storico. Ma il modo in cui questi elementi sono presentati, sono fatti apposta per scandalizzare i musulmani e provare disgusto per la figura di Maometto.
La violenza nel reagire non è giustificabile
Trovo eccessive le reazioni dei musulmani. Nel mondo occidentale, le provocazioni contro la religione cattolica sono molto più numerose e talvolta molto più pesanti. Solo quest’anno in Francia vi sono state due rappresentazioni offensive su Cristo; una presentava il Cristo in croce coperto di escrementi. E quest’ultima era perfino finanziata in parte come opera d’arte dal governo francese.
Le provocazioni fanno parte del nostro mondo occidentale purtroppo, anche se non è giusto provocare le persone su ciò che credono. D’altra parte, bisogna che impariamo ad accettare anche una certa dose di libertà (e di provocazione) perfino riguardo alle cose sante.
Talvolta può essere utile la censura. In Libano, negli ultimi tempi vi è stato il blocco alla vendita di un libro – tradotto in arabo dal tedesco -, la Geschichte des Qorans di Theodor Nöldeke (“Storia del Corano”), pubblicata nel 1909, un secolo fa, che i musulmani giudicano lesivo all’islam. Poco dopo, i cristiani hanno ottenuto di bloccare la vendita di un libro che discreditava san Paolo come falsificatore del messaggio di Cristo e inventore del cristianesimo.
Trovare una via media tra libertà e rispetto delle persone
Il problema c’è quando arriva direttamente un prodotto dall’esterno, da occidente, che è portatore di una cultura diversa. Dobbiamo cercare di convivere anche nelle nostre diversità, come lo suggeriva il Papa Benedetto in questi giorni a Beirut, di creare l’unità nella diversità, non nell’uniformità. In ogni caso non posso incolpare un intero Stato – gli Usa o la Francia – solo perché un suo cittadino ha compiuto un gesto che io reputo blasfemo.
D’altra parte, voglio anche dire che l’islam, oltre le esagerazioni, punta il dito a qualcosa di vero: con la scusa della libertà, in occidente si tende a ridicolizzare la religione. Nei giorni della sua visita in Libano, il papa ha parlato di violenza nelle parole e negli atti. Se vogliamo liberare il mondo dalla violenza, bisogna anche liberarsi dalla violenza delle parole, da questo modo pesante di offendere la religione. Purtroppo i cristiani di occidente sono succubi e remissivi di fronte alle offese verso il cristianesimo.
Il testo completo si trova su:
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