Il mondo contro Israele dopo l’annuncio di nuove case a Gerusalemme est




R. – Credo che la ragione, questa volta, sia essenzialmente di politica interna: Netanyahu sta andando alle elezioni che sono previste a gennaio. Gli eventi recenti hanno prodotto degli entusiastici atteggiamenti da parte di quasi tutto il mondo e pure da una parte dellopinione pubblica israeliana che ha festeggiato la delibera dellOnu sulla Palestina, perché – tutto sommato – era uno sganciarsi dalla tradizione di questa questione irrisolvibile e il voto ha dato uno slancio nuovo. A questo punto, però, Netanyahu si trova ad avere anche un ostacolo interno e rappresentando un governo essenzialmente di centrodestra, se non proprio di destra pura in Israele, ha avuto bisogno di dare un segnale alla destra, che è poi il suo elettorato e quindi la scelta non è del tutto inspiegabile o incomprensibile.
D. – Cè, secondo lei, il rischio concreto di un isolamento di Israele rispetto al resto della comunità internazionale? LEuropa, per esempio, è stata molto dura: quattro Paesi hanno convocato gli ambasciatori israeliani. Le posizioni sono, quindi, abbastanza nette
R. – Secondo me, non cè pericolo di isolamento. Gli eventi recenti hanno riaperto una dinamicità a una storia spaventosa e terribile, che dura da 64 anni, di cui non si vedeva – e non so se si vede adesso – alcuna possibilità di sviluppo. Questa situazione ha ridato centralità, una centralità piena di intenzioni di cambiare, a tutto il mondo. Il fatto che lUnione Europea si lamenti, che gli Stati Uniti – che hanno sempre sostenuto le posizioni israeliane – si permettano di criticare è una cosa sana. La democrazia è il mondo nel quale si discute, si parla, invece che sparare. Abbandoniamo quel vecchio sistema per cui gli alleati vanno sempre difesi, qualsiasi cosa facciano e allo stesso tempo bisogna essere pronti a ricevere le critiche. Lisolamento al massimo può venire se uno continua a commettere delle azioni che non sono giustificate, ma questo tenderei ad escluderlo.