Ventimiglia: viaggio tra i 250 migranti accampati alla frontiera italo-francese
Cresce la pressione al confine: rispetto allo stesso periodo dell’estate 2016 i numeri sono raddoppiati. Particolarmente critiche le condizioni dei migranti accampati lungo il corso del fiume Roya senza acqua corrente e servizi igienici. Qui la scorsa settimana un giovane sudanese ha perso la vita. La risposta della Chiesa e del volontariato
Davanti alla chiesa di sant’Antonio alle Gianchette, a poche centinaia di metri dal lungo mare e dal centro di Ventimiglia, ogni venerdì mattina il posteggio si riempie di auto con targhe francesi. Sono gli abitanti di Mentone e degli altri Paesi della Costa azzurra che passano il confine per fare acquisti. Nello stesso posteggio, tra le auto, incontriamo due giovani ragazzi ivoriani arrivati a Ventimiglia con l’idea di passare il confine. “Conosci da dove partono i sentieri per andare in Francia?”, chiedono nella speranza di avere qualche informazione. “Abbiamo alcuni amici che ci stanno aspettando in un villaggio della Val Roya – spiegano -, ma non sappiamo come raggiungerli”.
A pochi metri da loro, sotto il viadotto che porta all’autostrada e lungo il greto del fiume Roya, si estende un accampamento informale dove vivono, senza alcun tipo di assistenza, circa 250 migranti. Perché, a due anni dal ripristino dei controlli alla frontiera francese (era l’11 giugno 2015), la situazione nella città ligure appare sempre più critica. “Siamo arrivati alla terza estate e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno i numeri sono raddoppiati – racconta il direttore della Caritas di Ventimiglia-Sanremo, Maurizio Marmo -. Questo significa che non stiamo imparando dai nostri errori. La situazione si è aggravata a partire da gennaio con la parziale chiusura del campo della Croce Rossa al parco Roya. Attualmente sono in corso lavori di ampliamento, ma non sappiamo quando verranno conclusi”.
Sono circa 280 i migranti accolti nel campo, voluto la scorsa estate dalla Prefettura per far fronte all’emergenza, mentre circa 100 persone – per lo più donne, minori e famiglie – sono ospitate nella chiesa di sant’Antonio alle Gianchette. Qui, secondo i calcoli del parroco, don Rito Alvarez, dall’apertura il 31 maggio 2016, sono passate circa 20mila persone di 82 diverse nazionalità.
“Un’opera di accoglienza resa possibile dalla generosità di molti e senza il sostegno di fondi pubblici”, precisa il sacerdote.
Ma nonostante gli sforzi la chiesa di sant’Antonio non è in grado di far fronte alle centinaia di persone senza accoglienza e al continuano arrivo di nuovi migranti che continuano ad accamparsi lungo il fiume. Tra loro c’era anche Alfatehe Ahmed Bachire, il giovane diciassettenne sudanese annegato il 13 giugno scorso.
Le condizioni di vita lungo il fiume sono difficilissime. “Manca tutto – racconta Marmo -: dall’acqua corrente, ai servizi igienico sanitari. Sono settimane che lo ripetiamo, ma la situazione peggiora invece che migliorare”. Volontari e associazioni cercano di porre rimedio:
la Caritas si occupa del pranzo, arrivando a servire circa 250 pasti al giorno, mentre alcuni gruppi francesi arrivano ogni sera per portare la cena.
Visitiamo l’accampamento insieme a Daniela Zitarosa, operatrice di Intersos, Ong che si occupa dell’assistenza sanitaria. Sotto al cavalcavia sono centinaia i giacigli fatti di cartoni e coperte, mentre piccoli insediamenti sorgono tra le piante che riempiono l’ampio alveo del fiume. Incontriamo alcuni ragazzi che riposano dopo l’ennesimo tentativo, fallito, di passare il confine. “Oggi c’è poca gente – dice Zitarosa – perché in tanti si nascondono sui treni approfittando del movimento dovuto al mercato. La maggior parte però finirà per essere rimandata indietro”.
Tra i migranti accampati ci sono anche moltissimi minori:
solo nel mese di maggio sono stati 711 i ragazzi tra gli 11 e i 18 anni censiti dalla Caritas,
ma per loro in città non esiste un luogo di accoglienza se non i circa 50 posti messi a disposizione dalla chiesa di sant’Antonio.
“Di fronte a questa situazione che si perdura da anni – dichiara don Alvarz – quello che chiediamo alle autorità è di essere lungimiranti”. Il vescovo di Ventimiglia-Sanremo, mons. Antonio Suetta, riferisce di un incontro con il prefetto d’Imperia e il sindaco di Ventimiglia, in cui le Istituzioni avrebbero garantito un rapido allargamento del campo per migranti in transito così da dare accoglienza a quanti non hanno un riparo.
Fortunatamente insieme al flusso dei migranti continua senza sosta anche l’arrivo dei volontari. Nel mese di luglio e agosto alla chiesa di sant’Antonio arriveranno volontari da varie parti d’Italia e da Spagna, Inghilterra, Irlanda e Francia.
Dal 15 al 30 luglio è attesa una delegazione della diocesi francese di Viviers guidata dallo stesso vescovo.
“Verrà personalmente con alcuni volontari per condividere questa esperienza di accoglienza – racconta don Alvarez -. Un bel segno di vicinanza e aiuto”.
A tutti – istituzioni pubbliche e cittadini – l’invito di mons. Suetta:
“Ventimiglia in questi anni ha dato esempio non comune di accoglienza e ospitalità, ma di fronte al disagio di queste persone che non hanno nulla, mi chiedo se noi non possiamo sopportare qualcosa di più”.
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