LIBANO – ( 11 Febbraio 2016 )

LIBANO

Quaresima, tempo speciale per compiere opere di misericordia corporale e spirituale

Fady Noun

L’astinenza non è solo rinunciare a un piacere, come la cioccolata o il caffè. Nella catechesi di Giovanni Paolo II la via per approfondire il senso dei comandamenti. Da papa Francesco l’invito a riscoprire tutte le forme di povertà. La misericordia non è benevolenza, ma possiede una forte connotazione politica.

 

Beirut (AsiaNews) – Entriamo nel periodo di Quaresima come un boxeur sul ring, ma lo facciamo troppo spesso senza quella necessaria immaginazione di bambino. Il nostro pensiero va subito al cioccolato. Come se, in una società fondata sull’abbondanza come la nostra, non potessimo sostituirlo con una varietà infinita di altre gratificazioni, dandoci al contempo l’illusione di austerità. 

È come se riducessimo l’arte della boxe agli attacchi diretti quando, per essere un buon pugile, bisogna saper aspettare e indietreggiare, fingere e colpire. Si ricevono dei colpi, e si danno. Si affatica l’avversario e lo si sorprende, per affondare i colpi su di lui nel finale e abbatterlo. Per il digiuno vale la stessa cosa. Prendere un caffè è uno di quei riti del mattino che ci mantiene in equilibrio, che ci proietta nella giornata, e che molti eleggono a “sacrificio” o privazione meritoria in periodo di Quaresima. Ebbene, di questo si tratta. 

Per questo è motivo di gioia vedere persone che si affrettano a preparare il caffè qualche minuto prima di mezzogiorno, perché alle 12 in punto il liquido nero fumante sia già pronto sulla tavola e nella gola, deliziosa sensazione di calore che cola nello stomaco e irradia il corpo, con la consapevolezza di un gesto compiuto nella direzione dell’Eterno. 

Li vediamo negli uffici, all’ingresso dei palazzi, sulla soglia o all’interno delle botteghe vuote a metà giornata, persone sedute tranquillamente con i colleghi attorno alla caffettiera, gustando la tazza con la prima sigaretta della giornata. 

Questi gesti semplici devono andare lontano, penetrare nel cuore di Colui che ci ha modellato nello spirito e nell’argilla. Ma a cosa serve? Il cioccolato, il caffè, ed è finito tutto? Un piccolo sforzo di immaginazione ci può portare oltre, nelle acque profonde della Quaresima, là dove i rumori del mondo tacciono, e dove soffia la brezza leggera che ha accarezzato il viso di Adamo nel primo mattino del mondo. 

A quanti desiderano approfondire questo periodo, Giovanni Paolo II ha donato un grande ciclo di Catechesi che potrà essere di aiuto. Esso comprende, in una sintesi ben elaborata, la lista delle opere di misericordia spirituale e corporale che la Chiesa raccomanda ai fedeli che desiderano approfondire il senso più intimo dei comandamenti. Pochi adulti la conoscono. Papa Francesco le ha rispolverate dall’oblio in cui erano cadute in quest’anno giubilare dedicato alla misericordia. 

Le sette opere corporali tradizionali riprendono in realtà le indicazioni contenute nel Vangelo di Matteo, al capitolo 25: dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere gli stranieri, assistere i malati, visitare i prigionieri e seppellire i morti. 

Le sette opere di misericordia spirituale sono dei gesti molto concreti che toccano tutti gli ambiti della vita di ciascuno: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare con pazienza le persone moleste e, infine, pregare Dio per i vivi e i morti. 

Nei suoi sforzi per risvegliare la nostra coscienza, Francesco ci invita a scoprire – in special modo quest’anno – tutte le forme di povertà: spirituale (vuoto interiore, indifferenza, apatia spirituale); fisica o economica; culturale (non leggere, mancare di formazione, essere escluso); sociale e relazionale (solitudine, decesso delle persone care, isolamento). 

Per noi cristiani del mondo arabo, non vi è nulla di più facile che sapere cosa vuol dire la misericordia. In arabo, la misericordia si esprime con termine rahmé. Questa parola è anche un nome proprio. Per capire, pensiamo a una persona che, in Francia, si chiami “Giovanni Misericordia”. Nella lingua araba, la parola rahmé e la parola “ventre materno” hanno la stessa radice. La misericordia sta agli uomini e alle donne di questa terra, come il ventre materno sta al nascituro: lo avvolge e lo protegge, è il tesoro della vita, il santuario inviolabile dell’integrità primaria, la fonte delle fonti, ben al di là di tutto ciò che l’erotismo può immaginare o indovinare. La misericordia sono gli occhi luminosi di bambini e bambine che solleviamo e piroettiamo in aria, per poi riprenderli al volo con una risata, mostrando al bambino tutto attorno. 

Abbiamo già visto come la Chiesa consideri la sepoltura dei morti un’opera di misericordia. Un giorno, quest’opera pia ha dovuto affermarsi fra la gente. Tuttavia oggi non vedremmo certo di buon occhio qualcuno girare fra le vie e per le case, alla ricerca di qualcuno ancora da seppellire. Oggi, più che altro, la sepoltura dei morti vuol dire vigilare sulla loro reputazione post mortem, vuole dire non profanare la loro memoria, è mettere fine alle guerre di successione che sorgono in seno alla stessa famiglia, i trucchi che escogitiamo per spogliare gli altri, le trame oscure che i violenti tendono per attirare i semplici nella loro rete. 

Seppellire i morti, è anche seppellire i rancori e chiudere saldamente il coperchio della “cassa” mortuaria in cui giace il cadavere. Misericordia può essere anche la parola pazienza che diciamo a una persona che ci infastidisce, ribadendo una rassicurazione che gli abbiamo già fornito un centinaio di volte in precedenza. Essa può essere anche una donazione anonima a un ente di beneficenza di cui non conosceremo nemmeno i destinatari, ma che in fiducia sappiamo andare nella giusta direzione. È anche il servizio che sogniamo di svolgere da tempo, ma che non abbiamo ancora saputo trasformare in gesto concreto. Questa generosità che noi sappiamo essere possibile, e anche ragionevole, e che riscopriamo di Quaresima in Quaresima. 

Ma la misericordia non è benevolenza. Essa si coniuga bene con l’indignazione che deriva dall’ingiustizia; e fare opere di misericordia potrebbe anche voler dire battersi per i più deboli, ristabilire la verità quando necessario, difendere i diritti, denunciare la corruzione. La misericordia ha una connotazione politica. Le opere di misericordia, i gesti che derivano dalla misericordia, sono tutte chiavi del portachiavi che penderà dalla nostra cintura, il giorno in ci saremo chiamati a raggiungere le Sette Porte del Paradiso. 

Il testo originale e completo si trova su:

http://www.asianews.it/notizie-it/Quaresima,-tempo-speciale-per-compiere-opere-di-misericordia-corporale-e-spirituale–36656.html

condividi su