di Matteo Bressan
Le tanto attese indagini del Tribunale Speciale che indaga sullomicidio Hariri sembrerebbero essere arrivate ad un punto di svolta peraltro neanche troppo inatteso, viste le continue indiscrezioni che hanno caratterizzato le indagini. I nomi dei 4 militanti del Partito di Dio, Abd al Majid Ghamloush, Salim Ayyash, Mustafa Badr ar Din, Hasan Issa, per i quali il Tribunale ha emanato i mandati di arresto sono stati confermati anche dal Ministro dellInterno libanese, Marwan Charbel.
Più che le rivelazioni del Tribunale però il vero catalizzatore dellattenzione è stato sabato sera il Segretario Generale del Partito di Dio, Sayyed Hasan Nasrallah, che intervenendo per più di unora sullemittente televisiva AlManar, ha articolato in vari punti le sue obiezioni a questo primo verdetto emesso dal Tribunale.
Nasrallah ha ricordato come la possibilità che Israele potesse essere coinvolta nellomicidio Hariri non sia mai stata presa in considerazione, nonostante il Partito di Dio, avesse dimostrato, nellagosto del 2010, la presenza di un veicolo senza pilota israeliano che stava sorvolando la colonna di vetture nella quale cera il Premier Hariri e che addirittura ci fossero agenti israeliani sul luogo della strage il giorno prima che questa si realizzasse.
Poi Nasrallah ha proseguito il suo ragionamento contestando loperato del Procuratore Daniel Bellemare, il quale avrebbe composto la sua squadra di investigatori di alcuni consulenti appartenenti alla CIA e allintelligence occidentale, nemica della resistenza. Sempre secondo il Segretario Generale del Partito di Dio, le indagini, che si sarebbero dovute svolgere nella più assoluta segretezza, di fatto sono state caratterizzate dalla continua fuga di notizie sulle stampa, oltre che dal coinvolgimento di una serie di testimoni che avrebbero, in cambio di denaro, prodotto false testimonianze.
Lo stesso italiano Antonio Cassese, giudice del Tribunale, è stato accusato di essere un grande amico di Israele, e gli è stato contestato il fatto che considera terrorismo ciò che invece è resistenza. Interessanti gli spunti che Nasrallah ha lanciato alla popolazione libanese, ribadendo la sua convinzione che lo scopo principale del Tribunale sia quello di generare discordia e odio tra le opposte fazioni libanesi, soprattutto tra sunniti e sciiti.
È significativo che Nasrallah abbia assicurato più volte la sua contrarietà alla guerra civile, salvo però lanciare un messaggio ambiguo ad una terza parte non nominata – che a detta del leader del Partito di Dio avrebbe interesse a scatenare un conflitto. Concludendo il suo intervento Nasrallah ha poi lanciato un vero atto di sfida al Tribunale dicendo chiaramente che nessuno Governo libanese, o forza potrà arrestare i quattro membri di Hezbollah, né oggi, né in trenta giorni, né in 300 anni, in virtù del fatto che il Partito di Dio non riconosce il Tribunale Internazionale e pertanto le sue accuse sono nulle.
Considerando prevedibili le dichiarazioni del leader di Hezbollah, così come quelle di Hariri che ha parlato di momento storico per il Libano, le altre posizioni sembrano far trasparire una sostanziale prudenza sia tra gli stessi alleati di Hezbollah che tra i più acerrimi rivali del Partito di Dio. Se infatti non stupiscono le affermazioni del leader druso Walid Jumblatt che sostanzialmente considera importante fare chiarezza e giustizia per i martiri e i feriti ma allo stesso tempo è altrettanto importante la pace e la stabilità per il futuro del Libano, stupiscono alcune dichiarazioni fatte dallo stesso Samir Geagea, leader delle Forze libanesi, che commentando le prime notizie sullatto di accusa del Tribunale, ha manifestato la massima cautela nellidentificare le eventuali responsabilità dei quattro con gli eventuali partiti e le comunità religiose alle quali potrebbero appartenere.
La paura della guerra civile potrebbe esser più forte della volontà di fare giustizia. In questo momento infatti sembrano essere altri i punti critici che potrebbero, più del Tribunale, alterare il precario equilibrio del paese dei cedri, in un momento in cui Hezbollah politicamente sul fronte interno non teme nessuna sorpresa dal Governo Mikati a differenza invece del contesto in cui sarebbero state accolte le richieste se fosse rimasto in carica Hariri.
Ancor più delle ricadute della crisi siriana sul Libano, che inevitabilmente indebolirebbe principalmente Hezbollah e la coalizione attualmente al Governo, a creare preoccupazione è la ventilata proposta di legge del Governo Mikati di rivedere il sistema elettorale in chiave proporzionale. Il rischio che il già debole sistema politico libanese possa abbandonare lattuale sistema elettorale confessionale e azzardare la carte di un sistema che andrebbe a ridisegnare completamente lintero sistema della rappresentanza è un salto nel buio che molti vorrebbero evitare. Nel recente passato è stato il Partito di Dio a indicare nel proprio manifesto politico di voler superare il sistema confessionale della rappresentanza. È solo un caso che se ne ritorni a parlare oggi sotto il Governo Mikati?
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