LIBIA – ( 15 Ottobre )

Libia: incaricato il nuovo premier Ali Zeidan


In Libia, l’Assemblea nazionale ha incaricato l’ex diplomatico, Ali Zeidan, già costretto all’esilio da Gheddafi, di formare il nuovo governo. La nomina di Zeidan arriva dopo che il precedente premier designato, Mustafa Abushagur, aveva rinunciato all’incarico all’inizio di questo mese. Davide Maggiore ha chiesto ad Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, quali siano gli elementi di novità in questa nomina:RealAudioMP3

R. – Abushagur era stato eletto principalmente con i voti dei Fratellanza musulmana e di indipendenti, mentre questa volta Ali Zeidan sembra aver raccolto un consenso un po’ più trasversale. Bisogna inoltre considerare che Abushagur aveva avuto delle difficoltà per la ferma opposizione del Partito di Jibril, vincitore dalle elezioni del luglio scorso. Ci sono i presupposti per cui una personalità terza, tra i due schieramenti, possa raccogliere adesso i consensi: naturalmente, però, deve essere capace di formare un governo rappresentativo. Questa è stata la sfida che non ha saputo vincere Abushagur.

D. – Quindi, la nomina di un esecutivo, in questo momento, appare più semplice. Ma come cambiano le alleanze e i rapporti di forza all’interno del complesso scenario libico?

R. – Capire le maggioranze, all’interno del parlamento libico, è una missione impossibile. Il sito Internet del Congresso generale libico non dichiara apertamente chi sono tutti i rappresentanti. Siamo in una delle prime fasi della democrazia e anche questa piccola cosa fa capire quanto sia difficoltoso il percorso democratico. All’interno di questo parlamento, hanno ancora una grande rilevanza, naturalmente, i localismi. Il sistema elettorale ha permesso l’emergere di rappresentanti che sono soprattutto rappresentanti locali: con questi, si dovrà confrontare il nuovo primo ministro, cercando di raccoglierne la maggioranza assoluta. E questo è un compito molto, molto difficile.

D. – In tale contesto, qual è ancora il ruolo delle milizie che ufficialmente sono state abolite da un ordine delle autorità, dopo l’attacco costato la vita al rappresentante diplomatico americano Stevens?

R. – L’autorità centrale libica, lo Stato libico, non ha ancora il monopolio dell’uso della forza. Quando non si ha il monopolio dell’uso della forza, non esiste uno Stato di diritto come noi lo conosciamo. In effetti, le milizie controllano ancora larga parte del territorio libico. Alcune di queste sono state cooptate all’interno di un esercito delle forze nazionali della sicurezza libica: è un passaggio molto difficoltoso e abbiamo visto cosa ha comportato, ad esempio in termini di sicurezza, anche per l’assassino dell’ambasciatore americano. Ce ne sono altre che, invece, non si sono ancora – diciamo – uniformate, che non sono ancora entrate a far parte di queste forze. Quindi, è una situazione precaria che deve essere risolta e che un governo, che deve essere formato nel più breve tempo possibile, potrebbe risolvere perché ha una maggiore legittimità.

D. – E’ forse troppo presto per dire come questa nuova nomina cambi l’allineamento internazionale della Libia e l’atteggiamento della comunità internazionale verso il Paese?

R. – L’attuale primo ministro nominato ha ottime relazioni con l’Europa, ha ottime relazioni con gli Stati Uniti ed è un attivista dei diritti civili. Ci sono quindi tutti i presupposti perché rimangano ottime relazioni con l’Occidente, ma è ancora molto presto. C’è stata una sorta di involuzione in questi mesi: la Libia ha rischiato l’implosione e quindi è stata tutta rivolta all’interno. Sappiamo, però, che ha necessità di vendere il proprio petrolio – che è la prima risorsa del Paese – e che questo necessita naturalmente di buone relazioni con i Paesi compratori.

 
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