LIBIA – (16 Gennaio 2017)

Libia, l’Occidente può essere tagliato fuori
 
di Gianandrea Gaiani

16-01-2017
 
Haftar a bordo della Kuznetsov

Brutte notizie per l’Italia dagli sviluppi della sempre più caotica crisi libica. All’indomani della prova di forza degli islamisti a Tripoli guidati dall’ex premier Khalifa Ghwell vicino ai Fratelli Musulmani, il governo di salvezza nazionale di Fayez al-Sarraj si è rivelato drammaticamente inconsistente. Incapace di controllare persino Tripoli, con la credibilità ridotta al lumicino e con le diverse fazioni e tribù libiche ormai convinte della sua impotenza, al-Sarraj è barricato nella base navale di Abu Sittah dove sbarcò il 30 marzo dell’anno scorso proveniente dalla Tunisia con tante speranze di stabilizzare e unificare l’ex colonia italiana sotto gli auspici dell’Onu, degli Usa e dell’Europa.

In meno di un anno il suo fallimento è talmente palese che l’ennesima incursione armata dei miliziani contro i ministeri a Tripoli ha visto solo l’Italia, che ha appena riaperto l’ambasciata, mostrare appoggio esplicito al premier mentre francesi, britannici, statunitensi e tedeschi sembrano attendere gli sviluppi della situazione senza sbilanciarsi. Per Roma è una vera disfatta non solo perché sia Ghwell che il maresciallo Khalifa Haftar, che guida l’Esercito Nazionale Libico che controlla la Cirenaica, hanno accusato l’Italia di “neocolonialismo” e “occupazione” per la missione militare schierata a Misurata, ma soprattutto perché il governo Gentiloni contava sull’accordo raggiunto con la visita del ministro Marco Minniti a Tripoli per fermare i flussi di immigrati clandestini dalle spiagge libiche. Nel primo caso è curioso che nemici giurati quali Ghwell e Haftar si trovino d’accordo nell’attaccare l’Italia e del resto gira voce sui media arabi anche che i due intendano allearsi per dare il colpo di grazia ad al-Sarraj, nel secondo è evidente che ogni speranza di fermare i traffici di esseri umani diretti in Italia con un’intesa bilaterale tra Italia e Tripoli è da considerarsi irrealistica. Inoltre l’Operazione Ippocrate, 300 militari tra paracadutisti e sanitari, ci pone come alleati delle milizie di Misurata in una missione ormai priva di senso dal momento che aveva l’obiettivo di curare i feriti dei misuratini impegnati a Sirte contro lo Stato Islamico, battaglia conclusasi da oltre un mese.

I rapporti di forza nella crisi libica sembrano mutare rapidamente specie dopo la visita del maresciallo Haftar a bordo della portaerei russa Admiral Kuznetsov in sosta davanti alle coste della Cirenaica nella rotta di rientro dalle acque siriane dove i suoi aerei hanno partecipato alle operazioni sul fronte di Aleppo. Sulla portaerei Haftar è stato accolto dal contrammiraglio V. N. Sokolov, si è collegato in videoconferenza con il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e ha firmato un accordo di cooperazione militare che secondo i media arabi e turchi prevede la cessione di una base in territorio libico alle forze aeree e navali russe. Uno sviluppo che consentirebbe a Mosca di disporre di un secondo caposaldo nel Mediterraneo dopo quelli siriani di Tartus (base navale) e Hmeimin (base aerea e per forze terrestri) proprio di fronte alle ciste greche e italiane. L’ipotesi più probabile è che si tratti del porto e dell’aeroporto di Tobruk già impiegati dai sovietici durante la Guerra Fredda quando Muammar Gheddafi si alleò con Mosca accogliendo 3.500 consiglieri militari del Patto di Varsavia. L’arrivo dei russi in Libia costituirebbe un triplice successo per Vladimir Putin che guadagnerebbe nuove posizioni strategiche nel Mediterraneo, metterebbe in difficoltà la NATO che da tempo soffia sul fuoco di una “nuova guerra fredda” e porrebbe la Russia come potenza decisiva anche nella crisi libica, dopo quella siriana.

L’ipotesi di soluzione negoziata della guerra siriana è riposta oggi nel vertice di Astana (Kazakistan) gestito da Russia e Turchia e previsto per fine gennaio che taglierebbe fuori gli occidentali, con Onu e Usa invitati di fatto come “osservatori”. L’intesa strategica tra Mosca e Ankara, considerata improbabile da molti, potrebbe allargarsi anche alla Libia una volta liquidato lo pseudo governo di al-Sarraj tenuto conto che il leader islamista Ghwell è appoggiato dai turchi mentre il governo laico della Cirenaica del premier Abdullah al-Thani (il cui esercito è guidato da Haftar) è strettamente legato all’Egitto e alla Russia, come testimoniano i recenti viaggi a Mosca dei suoi leader. Le prossime manovre navali russe al largo della Cirenaica potrebbero suggellare la penetrazione vincente della Russia in un’area dove le flotte italiana e Ue sono presenti da anni in forze ma senza risultati e col solo scopo di raccogliere immigrati clandestini da sbarcare nella Penisola.

Sul fronte militare Haftar sta guadagnando posizioni nel sud conquistando basi aeree con l’obiettivo, secondo i media arabi, di attaccare Tripoli probabilmente con l’appoggio delle milizie di Zintan sue alleate, schierate nell’estremo ovest della Tripolitania. Un’intesa con Ghwell potrebbe creare quindi le condizioni per un negoziato che includa anche le milizie di Misurata ma che abbia l’obiettivo di riunificare i libici per combattere le forze jihadiste dello Stato Islamico e di al-Qaeda, cioè gli stessi “terroristi” che russi e turchi combattono insieme in Siria. Un negoziato guidato da Mosca e Ankara che taglierebbe fuori anche dalla Libia gli occidentali, ritenuti ormai partner inaffidabili da tutte le fazioni.

Il testo originale e completo si trova su:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-libia-l-occidente-puo-essere-tagliato-fuori-18659.htm

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