Bengasi, uomini armati assaltano una chiesa copta-ortodossa e aggrediscono due sacerdoti
Un gruppo di islamisti ha tentato di linciare p. Paul Isaac, egiziano copto-ortodosso, e il suo assistente. L’attacco è avvenuto lo scorso 3 febbraio, ma la notizia è stata diffusa solo ieri sera. Questo è il terzo attacco in pochi mesi contro la comunità cristiana. Il governo libico condanna l’accaduto. Un tale assalto è contro l’islam.
Bengasi (AsiaNews) – La Chiesa copta-ortodossa di Bengasi ancora bersaglio dei miliziani islamici. Lo scorso 3 febbraio un gruppo armato ha attaccato un edificio religioso nella capitale della Cirenaica e tentato di ferire due sacerdoti copti p. Paul Isaac e il suo assistente di cui non è stato reso nota l’identità. La notizia è stata diffusa ieri sera dalla Libyan News Agency, (Lana), agenzia di Stampa del nuovo governo libico. In una nota il ministero degli Esteri ha condannato l’assalto e ha espresso “profonda preoccupazione” per la situazione, sottolineando che quanto accaduto è in “contrasto con le regole dell’Islam”.
Fino ad ora la comunità copta di Bengasi non si è ancora pronunciata sull’accaduto. Interrogata da AsiaNews sui fatti ha optato per un silenzio stampa, temendo nuovi attacchi. Lo scorso dicembre a Dafniya (Misurata) gli estremisti hanno piazzato una bomba nel refettorio della locale chiesa copta, uccidendo due uomini di nazionalità egiziana.
Questo è l’ennesimo caso di discriminazione contro i cristiani copti residenti in Libia. Lo scorso 28 febbraio, le autorità hanno arrestato nel mercato di Bengasi 48 venditori ambulanti egiziani con l’accusa di proselitismo. Nei giorni scorsi 20 di loro sono stati estradati in Egitto, grazie all’intervento del governo del Cairo. Sempre in febbraio, quattro cittadini stranieri – un egiziano, un sudafricano, un sud coreano e uno svedese con passaporto Usa – sono stati arrestati con l’accusa di diffondere bibbie e altro materiale religioso. Essi sono imprigionati in un carcere di Tripoli, in attesa di processo.
Con la caduta di Mummar Gheddafi, ucciso nell’ottobre del 2011, la Libia si è trasformata in una sorta di porto franco per milizie e gruppi islamici radicali, provenienti da ogni angolo del Medio Oriente e del Nord Africa. Il dilagare dell’estremismo islamico sta colpendo anche gli ordini religiosi cattolici presenti da decenni sul territorio libico, impegnati nel lavoro ospedaliero e nella cura degli anziani. A gennaio gli islamisti hanno spinto alla fuga le suore Francescane del Gesù Bambino di Barce e le Orsoline del Sacro Cuore di Gesù di Beida. In ottobre è toccato invece alle suore del convento della Sacra Famiglia di Spoleto di Derna, costrette a lasciare la Libia a causa delle continue minacce degli estremisti islamici, nonostante il parere contrario degli abitanti della città. (S.C.)
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