LIBIA – ( 9 Luglio )

Elezioni in Libia: moderati verso la vittoria, appello per un governo di unità nazionale



In Libia prosegue la conta dei voti delle elezioni di sabato, le prime dopo la caduta di Gheddafi. In attesa dei risultati definitivi, si profila già la vittoria dei “moderati”, ovvero dell’Alleanza delle Forze Nazionali, il cui leader, Mahmud Jibril, ha lanciato un appello alle forze islamiste per la formazione di un governo di un’unità nazionale in grado di scrivere la nuova Costituzione. Stati Uniti e Unione Europea hanno parlato delle elezioni come di una grande prova di democrazia. L’opinione di Luciano Ardesi, esperto di questioni nord-africane. L’Intervista è di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

R. – Quello che possiamo dire in questo momento è che in Libia le elezioni non hanno dato, come negli altri Paesi – Egitto, Tunisia e Marocco – il potere ai Fratelli musulmani e ai partiti islamici. Dovremo però attendere i risultati per sapere la composizione dell’assemblea, che prevede 80 seggi ai partiti e 120 seggi ai rappresentanti cosiddetti indipendenti, ma che sono più o meno legati ai partiti. Probabilmente ne uscirà un’assemblea molto variegata, in cui saranno necessarie delle alleanze e, in questo contesto, gli islamici potrebbero ancora trovare – diciamo – una loro collocazione. Del resto questo appare anche nella prima dichiarazione del leader delle forze nazionali, l’ex primo ministro di transizione Mahmud Jibril, che ha già detto che probabilmente sarà necessaria una coalizione di governo.

D. – Un governo di coalizione e anche qui si gioca il futuro democratico della Libia: quali saranno le difficoltà?

R. – Probabilmente un qualche accordo all’interno del parlamento sarà trovato per la formazione del nuovo governo: il problema è sapere se poi questo governo riuscirà a tenere insieme il panorama politico piuttosto variegato della Libia. Dobbiamo tener conto delle variabili tribali, etniche e – come sappiamo – le elezioni si sono svolte in un clima teso proprio per il fatto che i partiti che rappresentano l’est del Paese – e quindi Bengasi e la sua regione, la Cirenaica – hanno contestato la ripartizione dei seggi all’interno del nuovo parlamento ed è probabile che questa tensione si possa poi ripercuotere nel lavoro sia del parlamento, sia del governo. Diciamo quindi che alla prova dei fatti sapremo veramente se la Libia avrà saputo trovare un suo equilibrio.

D. – Il voto è stato caratterizzato da lunghe code ai seggi a Tripoli e, invece, atti di sabotaggio a Bengasi: Stati Uniti ed Europa parlano, però, di una grande prova di democrazia. E’ realmente così?

R. – Sicuramente è stato un appuntamento storico: le prime elezioni libere praticamente dall’indipendenza del Paese, considerando anche il periodo del Re Idris. In questo senso è quindi una data storica, ma come l’esperienza ci dice nei Paesi che affrontano la transizione alla democrazia, la transizione è un fenomeno molto complesso e anche lungo. I partiti politici in Libia non hanno di fatto mai avuto esistenza e quindi c’è una immaturità – per così dire – politica, che del resto si è manifestata anche durante tutti i mesi del governo di transizione: questa immaturità naturalmente non potrà essere cancellata con un colpo di bacchetta magica! Bisogna dare fiducia ai libici che potranno costruire il loro futuro, ma non sarà ovviamente una transizione pacifica, quindi senza scontri e senza contraddizioni. Oltretutto questi scontri – anche militari – sono continuati nelle ultime settimane e pure durante la campagna elettorale e anche questo rappresenta un’altra sfida: quale tipo di esercito nazionale verrà costruito, mettendo insieme le milizie che hanno contribuito alla caduta di Gheddafi? Questo è un grande interrogativo.

 
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