Malaysia: il termine Allah in uso dai cristiani torna nelle aule dei tribunali
Dopo le elezioni politiche dello scorso 5 maggio in Malaysia, il dibattito sulluso del termine Allah da parte dei cristiani torna nelle aule dei tribunali, anche se lesito finale non è scontato. La vittoria di misura del Barisan Nasional (Bn) , al potere da oltre 50 anni, ha fatto temporaneamente rientrare le polemiche sullannoso contenzioso rinfocolate ad arte durante la campagna elettorale dal partito del Primo Ministro Najib Razak per guadagnare i consensi dellelettorato musulmano. Al centro della polemica lo ricordiamo è laccusa rivolta ai cristiani di usurpare il termine Allah il quale, secondo alcuni, dovrebbe essere esclusivo dellIslam. Per diversi anni le autorità malesi hanno quindi cercato di vietarne luso ai cristiani, con il pretesto che genererebbe confusione, nonostante esso sia presente nelle Bibbie di lingua malese da oltre quattro secoli, come ampiamente documentato. E nonostante una sentenza del 2009 abbia riconosciuto alle Chiese il diritto costituzionale di chiamare il loro Dio con questo titolo, alcuni gruppi islamisti continuano a reclamare il divieto, minacciando azioni dimostrative come il rogo delle Bibbie. Finora la giustizia ha dato ragione ai cristiani, ma si attende lesito finale in appello che potrebbe ancora una volta essere condizionato dalle pressioni politiche. Secondo un sacerdote interpellato dallagenzia Ucan, le ragioni delle Chiese cristiane sono ampiamente supportate da fatti incontestabili, compresa la cosiddetta 10 Point Solution, un decreto ministeriale del 2011 con cui il Governo di Kuala Lumpur ha dato il via libera alluso della parola Allah nelle Bibbie in lingua Malay. Una decisione che lattuale Esecutivo difficilmente potrebbe impugnare. (L.Z.)
del sito Radio Vaticana