



R. Per il momento si fronteggiano due approcci: quello interventista, che è spinto da alcuni Paesi che hanno particolare interesse nella regione, pur essendo esterni, che però sono attori nella regione faccio riferimento per esempio alla Francia, ma anche al Senegal, al Niger; poi ovviamente cè un altro fronte, più aperto al dialogo, specialmente nei confronti di quella componente laica tuareg, che in realtà da diversi mesi sta cercando di staccarsi dalla frangia legata al fondamentalismo islamico. In questo secondo gruppo di attori interessati al dialogo ci sono per esempio gli Stati Uniti, che intendono indire subito, o il prima possibile, elezioni, per legittimare, se non altro nella parte meridionale del Mali, la controparte governativa: infatti, attualmente qui cè un governo di transizione particolarmente controverso, che probabilmente non è perfettamente in grado di gestire la sovranità del proprio Paese.
D. L’Ecowas a Bamako ha messo a punto un piano strategico per riunificare il Paese. Si resta indecisi sul numero dei soldati: da 3200 potrebbero arrivare ad essere 5500. Una proposta questa che viene appoggiata anche dallUE, pronta ad inviare le sue truppe. Come leggere questa posizione?
R. In realtà, significa in sintesi che lUnione Europea si rende conto del pericolo enorme di avere un nuovo Afghanistan a soli duemila chilometri dai propri confini, per lesattezza dai confini italiani. Si rende conto che questo è estremamente pericoloso. Quindi, senza indugi, si sta cercando di muoversi seriamente. LUnione Europea già dalla scorsa estate quindi da luglio scorso ha avviato una missione Eucap Sahel in Niger, che serve per creare le condizioni affinché quella che è stata già chiamata da Ashton una potenziale missione militare in Mali, possa in qualche misura avere appoggio lì.
D. Lei prima accennava a degli Stati che potrebbero avere un ruolo chiave, in questa vicenda: penso alla Nigeria, penso allAlgeria. Come cambia lassetto geopolitico nellarea, se dovesse esserci questo intervento?
R. Il problema, al momento, non è la Nigeria, bensì lAlgeria. Non è la Nigeria, nel senso che la Nigeria pur potendo perfettamente fornire truppe, supporto logistico e tutto ciò che è inerente ad una imminente missione – anche se probabilmente si parlerà ancora di qualche settimana, probabilmente linizio dellanno prossimo – si trova anche in difficoltà come Paese leader allinterno della stessa organizzazione dei Paesi dellAfrica occidentale. LAlgeria, che non ne fa parte, perché è un Paese del Maghreb, quindi dellAfrica mediterranea, invece è fra coloro i quali non vogliono assolutamente una presenza di truppe straniere, fosse anche sotto cappello dellUnione Africana, o sotto legida della stessa Ecowas o anche delle stesse Nazioni Unite. Nellipotesi, niente affatto inverosimile, che lAlgeria negasse lavallo a questa operazione, probabilmente sarebbe messa da parte, con tutte le conseguenze politiche interne che questo potrebbe significare.
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