R. – La Mauritania esce, in questi ultimi anni, da una situazione particolarmente difficile e complessa. Dopo aver subito a lungo la dittatura del presidente Ould Taya, nel 2007 un colpo di stato democratico di un generale aveva aperto per la prima volta il potere ai civili, con delle elezioni democratiche – nel 2007 – che avevano portato per la prima volta ad una competizione regolare. Il presidente che era stato eletto liberamente nel 2007, Abdallahi, è stato deposto un anno dopo dallattuale presidente, il generale Aziz, che si è fatto poi regolarmente eleggere nel 2009, ma con sospetto di brogli. Questo naturalmente ha creato delle forti tensioni nel Paese, che si sono stemperate progressivamente, arrivando alla vigilia del voto con un accordo tra diversi partiti di opposizione e il presidente per rivedere la Carta Costituzionale e diminuire le prerogative del presidente in carica: in modo particolare il primo ministro non sarà più responsabile di fronte al presidente, ma di fronte al Parlamento e allinterno della maggioranza parlamentare dovrà essere scelto il primo ministro.
D. – E un modo anche per limitare il potere del generale Aziz?
R. – Sì, si vuole addirittura mettere nella futura Costituzione il divieto di colpo di stato Ahimè questa forse non sarà comunque unassicurazione contro nuovi colpi di mano, ma diciamo che traduce bene il clima che cè oggi nel Paese.
D. – In una visione più globale, come si pone nellarea maghrebina la Mauritania?
R. – Bisogna ricordare che la Mauritania è entrata nellarea delle agitazioni sociali, che da questa primavera sta attraversando tutto il Nord Africa e tutto il mondo arabo. Ci sono state in gennaio delle proteste, ci sono stati anche episodi di persone che si sono immolate, che si sono date fuoco, ad imitazione di quello che era successo in Tunisia. Diciamo che in questo momento lattenzione è, da una parte, rivolta alla richiesta di democrazia e del percorso che si è concluso da poco; e, dallaltra, ci sono fortissime tensioni sociali, perché la Mauritania che – da cinque anni – è entrata nel lotto dei Paesi produttori di petrolio, non ha avuto la sua situazione sociale ed economica migliorata, almeno a livello della gente e del popolo: rimane sempre un Paese estremamente povero. (mg)
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