MEDIO ORIENTE – ( 19 Giugno )

Mons. Lahham: i cristiani del Medio Oriente attendono con speranza la visita del Papa in Libano




Si chiudono oggi a Tunisi i lavori del convegno “La religione in una società in transizione. Come la Tunisia interpella l’Occidente”, promosso dalla rivista “Oasis” fondata dal cardinale Angelo Scola. A sottolineare l’importanza dell’evento, stamani ha fatto visita al convegno il presidente tunisino, Moncef Marzouki. Tra i relatori principali all’incontro, c’è anche mons. Maroun Lahham, vicario del Patriarca di Gerusalemme dei Latini per la Giordania e già arcivescovo di Tunisi. A mons. Lahham, Alessandro Gisotti ha chiesto quali sfide pone la “primavera araba” alle comunità cristiane:RealAudioMP3

R. – I cristiani dei Paesi del Maghreb – intendo la Libia, la Tunisia, l’Algeria e il Marocco – nella stragrande maggioranza sono stranieri, che non sono stati toccati in modo diretto dalla “rivoluzione araba”: l’hanno, però, seguita con tanto interesse, specialmente quei cristiani che provengono da Paesi democratici, e si sono rallegrati di questa trasformazione. Per quanto riguarda, invece, i Paesi nei quali ci sono cristiani arabi – quindi Egitto, Giordania, Siria, etc – la rivoluzione ha toccato i cristiani come tocca i musulmani e quindi con le stesse paure, le stesse preoccupazioni e la stessa incertezza del futuro. Bisogna vedere cosa succederà ora in Egitto, dove i Fratelli musulmani hanno vinto le elezioni e bisogna anche vedere come reagirà la comunità copta. Speriamo che le promesse fatte dai Fratelli musulmani siano mantenute.

D. – La Tunisia è stato il primo Paese arabo a dar vita a questo grande cambiamento: oggi ci sono più paure o speranze?

R. – Più speranze! La Tunisia è il Paese arabo che finora ha fatto più passi in avanti verso la democrazia. Certo è che non si cambia da una dittatura a una democrazia, come si cambia una camicia! Il processo è lungo. Stiamo, però, avanzando bene: sono state fatte le elezioni, è stata fatta la Costituente, si sta scrivendo la nuova Costituzione. Speriamo entro ottobre 2013 di fare le elezioni per i prossimi cinque anni. Il Paese sta andando con passo sicuro verso la libertà e verso la democrazia.

D. – Come si guarda alla drammatica situazione in Siria, anche dalla vicina Giordania?

R. – Non so più distinguere chi dice la verità e chi dice le menzogne, ma so una cosa per certo: in Siria tutti i giorni muoiono 40-50 persone… Adesso il regime è forte, il regime è duro e i giovani protestano. In Occidente, poi, la politica è sempre ambigua, per non dire ipocrita: non si sa… Bisogna avere veramente dei profeti per poter dire quello che potrà ancora succedere in Siria.

D. – Quanto è importante, in questo contesto, il viaggio apostolico del Papa in Libano a settembre?

R. – E’ importantissimo per tutte le comunità cristiane del Medio Oriente, che vivendo queste rivoluzioni hanno un po’ di paura. Penso che la presenza del Santo Padre, per noi, sarà un messaggio di incoraggiamento, di speranza e di richiamo a vivere la nostra fede, dove Dio ci ha posti – quindi nel mondo arabo – nel contesto arabo musulmano dei Paesi arabi. Se Dio ci ha voluti arabi cristiani è per vivere la nostra fede laddove ci ha voluti e non in Francia, in Italia o in Germania.

 
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