Diplomazia internazionale contro le nuove colonie israeliane
Nuova dura presa di posizione di Israele dopo il voto dellOnu che riconosce la Palestina come Stato osservatore non membro. Tel Aviv ha annunciato il blocco delle tasse riscosse per l’Anp, cioè 460 milioni di shekel (92 milioni di euro) che lAnp non riceverà, e ha confermato la costruzione di nuove unità abitative a Gerusalemme e in Cisgiordania, ignorando gli appelli dellUe e del segretario generale dellOnu che ribadiscono lillegalità degli insediamenti israeliani. Oggi Gran Bretagna, Francia e Svezia hanno interpellato i rispettivi ambasciatori. La Germania e la Russia hanno lanciato chiari appelli allo Stato ebraico a desistere dall’avviare nuove colonie. Del meccanismo delle tasse e delle scelte di Tel Aviv, Fausta Speranza ha parlato con lo storico Maurizio Simoncelli, membro del direttivo dellIstituto Archivio Disarmo:
R. – Noi ci troviamo di fronte ad una situazione estremamente particolare, come purtroppo lo è tutta la vicenda del conflitto israelo-palestinese. Praticamente questi due pezzi di territorio – Cisgiordania da un lato e Striscia di Gaza dallaltro – sono allinterno del controllo dello Stato israeliano che ha anche alcune funzioni che non sono gestite dallautorità palestinese: una di queste è, appunto, quella della questione delle tasse. La reazione di Israele di bloccare lerogazione delle tasse, e quindi i soldi che vanno ridati ai palestinesi, è in realtà il segnale di una situazione difficilissima allinterno del governo israeliano. Probabilmente non si aspettavano una maggioranza così schiacciante nellambito delle Nazioni Unite per il voto sullo status della Palestina. Soltanto 9 Paesi hanno votato contro e circa una quarantina si sono astenuti: Israele si è trovato quindi isolato a livello mondiale, a parte alcuni fedelissimi alleati. E una reazione che purtroppo mette anche in evidenza le difficoltà del governo di Israele a cercare unaltra soluzione: anche limmediato annuncio di avviare nuovi insediamenti, in modo tale da tagliare addirittura una parte dei territori palestinesi, riaffermando poi – ancora una volta – Gerusalemme capitale dello Stato ebraico, mostra lestrema difficoltà di questo governo israeliano che non riesce ad intravvedere altra politica nei confronti della questione, se non quella di mostrare i muscoli.
D. – Prof. Simoncelli, ricordiamo cosa può comportare praticamente questavanzamento di status riconosciuto dallOnu per la Palestina. Innanzitutto il ricorso al Tribunale penale internazionale per alcune vicende …
R. – Certamente. Questo mette in estrema difficoltà Israele e, purtroppo, sappiamo che il comportamento del governo israeliano e delle forze armate dei coloni nei confronti della popolazione civile palestinese non è esente da eventuali interventi della Corte penale internazionale. Non a caso il governo italiano ha chiesto garanzia ad Abu Mazen, affinché non prenda iniziative di questo genere almeno riguardo al passato: questo vuol dire che lItalia riconosce che ci sono stati dei comportamenti non adeguati da parte del governo israeliano. E anche un invito, però, a far sì che Israele rispetti questi standard. Il nervosismo che trapela da parte del governo di Tel Aviv è significativo: vuol dire essere coscienti che può andare a finire sotto la lente di osservazione del Tribunale penale internazionale.
D. – Guardando alloggi, cè la questione del muro: quali altre situazioni potrebbero essere oggetto di prese di posizione di questo tipo?
R. – Ce ne sono diverse. Purtroppo cè anche la vicenda dei coloni, di questi insediamenti che ufficialmente Israele si era impegnata – soprattutto in alcune aree – a non fare più e che invece adesso ha dichiarato di voler fare; ci sono i comportamenti nei confronti degli agricoltori palestinesi, che spesso vengono fatti oggetto di attacchi e di soprusi o da parte dei coloni o da parte delle forze armate. Sono diversi i motivi per cui i palestinesi possono ricorrere in questo caso. Certamente noi non dobbiamo guardare al passato, non dobbiamo guardare neppure limmediata reazione da parte del governo israeliano: dobbiamo guardare al futuro nella speranza che, superate tra laltro le prossime elezioni in Israele, ci si confronti con una prospettiva diversa. Continuare a dire che israeliani e palestinesi – solamente loro – si dovrebbero sedere al tavolo, cercando di riuscire a risolvere il problema significa dimenticare che non ci sono riusciti in 60 anni. Inoltre cè da dire che il riconoscimento dellOnu alla Palestina, a mio avviso, è ugualmente importante per la figura di Abu Mazen, che allinterno della classe dirigente palestinese rappresenta lala moderata: non dimentichiamo, infatti, che quelli di Hamas parlano chiaramente della distruzione dello Stato di Israele. Questo riconoscimento è quindi un sostegno ad Abu Mazen e ad una politica palestinese più disponibile a trovare un accordo, a sedersi intorno ad un tavolo delle trattative.