
Come avete accolto la notizia del viaggio?
La visita del Papa è molto attesa nonostante la situazione un po instabile dentro e fuori il Libano, in Siria in modo particolare. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che nonostante tutto Benedetto XVI è deciso a venire e qui lo aspettiamo con grande gioia. Siamo certi, infatti, che la sua presenza, la sua voce, le sue parole avranno un impatto benefico nel nostro Paese che ha fortemente voluto questo viaggio apostolico.
In effetti Benedetto XVI è stato invitato in Libano dal presidente del Consiglio libanese, Najib Mikati, ricevuto in udienza il 28 novembre 2011, e prima di lui, a febbraio 2011, dal presidente della Repubblica Michael Suleiman
Inviti che si affiancano a quelli della Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano. Si tratta di un chiaro segno di come non solo la comunità ecclesiale tenga a questa visita ma anche quella civile nelle sue componenti cristiane e non cristiani. I preparativi fervono e la Commissione centrale con le sottocommissioni stanno lavorando per mettere a punto ogni cosa per larrivo del Papa.
Il Libano è da sempre considerato un laboratorio di convivenza civile e religiosa. Linstabilità della regione rappresenta per questo una minaccia?
Il Libano è stato definito da Giovanni Paolo II un messaggio ed un esempio, un messaggio, un esempio per lOriente rispetto ai regimi fondamentalisti basati sulla religione. È la testimonianza che vivere insieme si può e si deve se non si vuole cadere in guerre disastrose.
In questa ottica appare particolarmente significativo il fatto che proprio in Libano avvenga la firma dellEsortazione post sinodale. Cosa vi aspettate, come Chiese mediorientali, da questo documento, il primo del genere, se si esclude lesortazione del 1997 Una speranza nuova per il Libano nata dallAssemblea speciale per il Libano del Sinodo dei vescovi?
Gli appelli saranno indirizzati a tutta la società mediorientale, ai cristiani della Regione affinché non emigrino, ai non cristiani perché vivano in pace e solidarietà con i loro fratelli di fede cristiana. Sarà unEsortazione, credo, pervasa dallinvito alla coesistenza pacifica e al dialogo fruttuoso, che non si limiti solo alle parole ma che trovi concretezza in gesti vitali e seri.
Eventi successivi al Sinodo del 2010, che hanno preso il nome di primavera araba, troveranno spazio, a suo parere, nellEsortazione?
Credo qualche riferimento ci sarà. Tuttavia mi permetto di ricordare che il concetto, coniato in Occidente, di primavera araba, non corrisponde affatto alla situazione. Primavera significa buoni odori, fiori, rinascita, vita, germogli. Ma dove sta tutto questo? Si dice se son rose fioriranno. Speriamo aggiungo io, vorrei che fosse una primavera ma non ne vedo i segni. In Libano viviamo tutti questi movimenti con grande tensione e paura.
In particolare in Siria, Paese annodato al Libano quasi a doppio filo
In Siria cè un po di confessionalismo. Non è in atto solo una rivolta popolare contro la dittatura, cè confessionalismo che si riflette anche in Libano procurando instabilità. Speriamo che quanto sta accadendo in Siria non contagi anche il Libano. Siamo sulla stessa barca, o ci salviamo tutti o affoghiamo tutti. Credo che dallEsortazione possano uscire parole di speranza che sappiano dare forza e convinzione alle Chiese e non solo per camminare sulla strada dellunità, della pace e della riconciliazione.
Una Esortazione che suona anche come una bella sfida per le Chiese orientali così divise nei loro riti, è daccordo?
Certamente. Prima di essere di questo o quel rito, dovremmo ricordare di essere cristiani. Non siamo né di Paolo, né di Apollo, né di Cefa, ma di Cristo.