Rohingya, Naypyidaw accusa: I campi profughi un business per le Ong
U Zaw Htay, portavoce dell’Ufficio presidenziale: “Per questo convincono i rifugiati a non tornare. Vogliono che vi rimangano a tempo indeterminato”. Dai campi di Cox’s Bazar, gli operatori respingono le accuse: “I Rohingya tornino in Myanmar, ma con onore”.
Naypyidaw (AsiaNews) – La crisi umanitaria al confine tra Myanmar e Bangladesh è “una grande opportunità di far soldi” per le organizzazioni non governative internazionali (INGOs) che forniscono assistenza agli oltre 700mila profughi Rohingya fuggiti dalle violenze nello Stato di Rakhine. È l’accusa lanciata da U Zaw Htay, portavoce dell’Ufficio presidenziale birmano, durante una conferenza stampa a Naypyidaw, tre giorni fa.
Con il trasferimento dei primi 2.260 rifugiati, era previsto per lo scorso 15 novembre l’inizio delle operazioni di rimpatrio dei Rohingya fuggiti in Bangladesh dal Myanmar, tra il 2016 ed il 2017. Tuttavia, nessuno ha espresso la volontà di tornare indietro. Sebbene il governo birmano si dichiari pronto ad accogliere i profughi di ritorno, Dhaka ha annunciato il rinvio del processo alla fine del mese. In precedenza, l’Unhrc e le organizzazioni umanitarie che operano nei campi si erano dichiarati perplessi sull’imminente rimpatrio.
“La prospettiva di guadagno – afferma il funzionario – e non i timori per la sicurezza dei rifugiati, è il vero motivo per cui gli operatori si oppongono al loro rimpatrio. Le INGOs non vogliono che i profughi facciano ritorno perché solo così otterranno i finanziamenti per i loro imponenti progetti, a lungo termine, per l’assistenza sanitaria, i bambini, le donne ecc.”. Secondo U Zaw Htay, i campi profughi di Cox’s Bazar, dall’altro lato del confine, rappresentano “un grande mercato” anche per le organizzazioni che distribuiscono cibo e vestiti. “È per questo che convincono i rifugiati a non tornare. Vogliono che essi vi rimangano a tempo indeterminato”, dichiara.
AsiaNews ha intervistato i rappresentanti di due Ong che prestano servizio nei campi di Cox’s Bazar. Chandan Z. Gomes, cattolico e direttore di World Vision Bangladesh, respinge le accuse di U Zaw Htay e dichiara che “le Ong ed il governo bangladeshi vogliono che i Rohingya tornino in Myanmar, ma con onore”. “I profughi rimpatrieranno solo quando Naypyidaw sarà in grado di garantire loro sicurezza, dignità e benessere”, afferma. Il musulmano Moqbul Ahmed, capo della squadra distrettuale dell’Associazione costiera per la trasformazione sociale (Coast) assicura: “Non scoraggiamo mai i rifugiati a tornare alla loro terra natia, ma non vi è una situazione favorevole in Myanmar. Sono loro a non voler tornare”. “D’altra parte – conclude – sono non possiamo inviarli con la forza, dobbiamo seguire le regole”.
(Ha collaborato Sumon Corraya).
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