NIGERIA – ( 15 Luglio )

Nigeria, testimonianza di una suora: la paura sta logorando convivenza tra cristiani e islamici



Cresce nelle comunità cristiane nigeriane il timore che i ripetuti sanguinosi attacchi subiti dai gruppi islamisti possano innescare un conflitto religioso ed etnico in tutto il Paese. Suor Caterina Dolci, missionaria delle Suore del Bambin Gesù di Nicola Barré, da 27 anni in Nigeria, nello Stato di Taraba (nordest), racconta, al microfono di Fabio Colagrande, la paura dei cristiani locali, da tempo nel mirino della setta integralista Boko Haram e prova a spiegare i motivi di questi attacchi:RealAudioMP3

R. – I motivi di questi scontri sono molto complessi. Comunque, in molte degli appartenenti a Boko Haram, c’è certamente la ricerca di un potere. In quest’ultimo periodo la Nigeria è governata da un presidente cristiano, ma alcuni gruppi fondamentalisti islamici non lo vogliono: vogliono avere un presidente musulmano. Negli ultimi anni – praticamente dal 2009 – si è formato questo gruppo Boko Haram, che sta cercando di distruggere la Nigeria per una questione di potere: usano il fattore religioso, che in Nigeria è molto, molto importante, per mettere la gente l’una contro l’altra. Il fattore etnico e il fattore religioso vanno molto insieme: se si attacca una tribù, vuol dire che si vuole attaccare anche la sua religione. Dietro Boko Haram ci sono persone interessate a questa distruzione, anche perché alcune di queste persone sono finanziate da politici, ex dittatori che hanno interesse a riacquistare il potere.

D. – Colpisce l’incapacità del governo di difendere le comunità cristiane?

R. – Sì e purtroppo questo è uno dei grandi problemi. Ogni volta che c’è qualche attacco, il presidente promette che sarà l’ultimo. ma, invece, continuano a ripetersi. Il nostro presidente è una persona – diciamo – brava, ma evidentemente è molto debole: ci sono delle forze dietro di lui che sono molto più potenti di lui. E’ difficile denunciare i colpevoli, perché si metterebbe a rischio la propria vita. La gente praticamente si sente abbandonata, anche perché, a volte, la polizia e i militari sono di parte, per cui non si capisce bene chi deve difendere i poveri cittadini. Anche nelle Chiese ormai si sono praticamente formate delle persone, appartenenti alla chiesa, che fanno un po’ di sorveglianza alle chiesa: anche questo, però, non è mai sufficiente perché questi episodio continuano a ripetersi.

D. – Com’è la convivenza, in generale, fra cristiani e musulmani in Nigeria?

R. – Direi che la convivenza non è mai stata un grosso problema: sia nel Sud come nel Nord si sono sempre vissuti rapporti abbastanza cordiali. Anche nella zona dove sono io, a Jalingo, che non è tra le più calde dal punto di vista di questi scontri, la convivenza è sempre stata buona e ci si è sempre rispettati. In questi ultimi anni, la convivenza è problematica anche da noi, dove non si sono verificati grossi scontri: ormai non ci si fida più degli altri: per cui i cristiani non si fidano più dei musulmani, i musulmani non si fidano più dei cristiani, perché la persona che incontri potrebbe essere un potenziale nemico. Si sono create delle situazioni che non corrispondono al desiderio della gente, che è sempre vissuta tranquillamente, in pace.

D. – Quindi, il pericolo è che questi attacchi, che hanno motivazioni politiche e economiche, portino però ad un vero e proprio conflitto religioso: lei ha questo timore?

R. – Il timore è che ci sia veramente un conflitto che coinvolga tutta la nazione e che sia un conflitto religioso ed etnico. Mentre all’inizio di questi avvenimenti così dolorosi non si pensava che qualcosa di più grave potesse subentrare, adesso si vede che il pericolo aumenta. Siamo anche grati all’Italia, perché so che un gruppo di parlamentari hanno lanciato l’iniziativa “Fermiamo la strage dei cristiani in Nigeria”, raccogliendo le firme. Mi sembra che sia importante che anche i governi europei – il governo italiano lo sta facendo – facciano pressioni presso le autorità politiche in Nigeria affinché la situazione si risolva in modo più positivo.

 
condividi su