

R. I dati dellEnte nazionale di statistica della Nigeria sono la fotografia di un fallimento. La povertà aumenta nonostante la crescita economica sia forte, superiore negli ultimi anni sempre al 7% della crescita del prodotto interno lordo, perché mancano politiche capaci di garantire una redistribuzione della ricchezza. In sette anni, il tasso dei poveri in termini assoluti cioè di coloro che vivono con meno dellequivalente di un dollaro al giorno è aumentato dal 54% a più del 60% della popolazione nigeriana, e questo nonostante una crescita economica sostenuta. Un altro elemento importante, rivelato dallo studio, è ancora lincapacità delle istituzioni pubbliche di porre rimedio a squilibri regionali che vanno allargandosi. A fronte di aree più sviluppate in particolare quelle che circondano la metropoli di Lagos, la principale città della Nigeria, nel sudovest, dove il tasso di povertà assoluta è al di sotto del 60% ci sono zone, in particolare le regioni del nordest e del nordovest, dove si arriva a livelli altissimi, che sfiorano l80%. Un dato che ci è capitato di notare, insieme ai missionari, ai vescovi che sentiamo quotidianamente e anche al nunzio apostolico mons. Augustine Kasujja, è una certa coincidenza tra le regioni più povere del Paese, come il nordest ed il nordovest, con le zone dove il gruppo armato Boko Haram è più forte e ha colpito in modo più duro. Penso, ad esempio, alle stragi di Kano, la principale città del nord, dove il 20 gennaio scorso una serie di attacchi coordinati ha provocato più di 180 vittime, oltre 200 secondo alcune stime.
D. Perché non si hanno ripercussioni sulla società di questa crescita economica?
R. Il mese scorso, la Nigeria è stata spazzata da proteste di piazza. Lorigine di tali movimenti è stata labolizione, da parte del governo, dei sussidi pubblici che per anni avevano tenuto bassi i prezzi della benzina. Laccusa al governo è sostanzialmente di voler applicare in Nigeria le ricette neoliberiste che in Africa hanno fatto tanto male in diversi Paesi. Poi, un altro elemento da tenere presente, quando si parla di Nigeria, è quello di un paradosso strutturale. La Nigeria è lottavo produttore mondiale di petrolio, ma importa il 90% del carburante che consuma. Non ha raffinerie. Cioè, le risorse che sarebbero potute essere accumulate nei decenni grazie alle esportazioni di petrolio non hanno permesso nemmeno la costruzione di raffinerie funzionanti. Quindi, cè un problema che può essere riassunto in una parola: corruzione. Che poi è laltro grande male contro il quale in gennaio migliaia di persone sono scese in piazza in Nigeria.
D. Abbiamo parlato del petrolio: ma qual è la situazione degli altri settori delleconomia, per esempio dellagricoltura?
R. Diciamo che gli ultimi rapporti hanno sottolineato un avanzamento dellagricoltura in termini relativi. Però, proprio guardando agli altri settori, un dato interessante soprattutto in questo momento è il crollo dellindustria tessile nelle regioni semi-aride per lo più musulmane del nord; un crollo che a partire dal 2009 è andato di pari passo allintensificarsi degli attentati e degli agguati contro le forze dellordine, ma anche contro obiettivi diversi: penso alla strage nella chiesa cristiana di Madalla del Natale scorso. Viene da dire che verranno tempi difficili per la Nigeria. Il giorno della diffusione del rapporto dellEnte nazionale di statistica, il presidente Goodluck Jonathan ha annunciato un piano per loccupazione che dovrebbe consentire in pochi anni la creazione di 370 mila posti di lavoro: era un piano pensato soprattutto per le donne e per i giovani. Questo annuncio esprime il timore, la consapevolezza di essere giunti a un momento di svolta, in cui alcuni problemi devono essere risolti assolutamente. (gf)
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