Nigeria: scontri tra esercito e Boko Haram. La Chiesa: stop alla diffusione delle armi




Una ripresa delle ostilità che arriva dopo lofferta, il 4 aprile scorso, di unamnistia da parte del presidente nigeriano Jonathan, che era stata respinta dallattuale leader di Boko Haram, Shekau, con il commento: che abbiamo fatto di male? Come valutare questi ultimi accadimenti? Prof.ssa Bono:
R. – Il governo della Nigeria si sta muovendo – e questo succede ormai da mesi – su due fronti, entrambi molto delicati e molto impegnativi: uno è quello della repressione, soprattutto in alcuni momenti critici; laltro è quello della trattativa. Ormai da oltre un mese – e se ne parlava anche già da prima – il governo sta tastando il terreno e cerca, appoggiato da autorevolissimi personaggi politici e religiosi, di avviare una trattativa.
D. Ma, era pensabile che il gesto apparentemente generoso del presidente nigeriano potesse indurre i miliziani di Boko Haram a rinunciare alla lotta armata?
R. – Sembra una prospettiva abbastanza difficile, perché sappiamo che Boko Haram intende imporre lislam nella sua versione più intransigente, anche opponendosi ad altre voci islamiche del Paese, e intende farlo a qualunque costo e il costo sappiamo che è quello di stragi, che ormai – soprattutto negli ultimi quattro anni – hanno colpito il nord e anche il resto del Paese con non meno di 2 mila vittime, in gran parte civili: non solo cristiane, ma anche tra le comunità islamiche che non condividono il progetto di Boko Haram. Quindi, in effetti, non è unimpresa facile quella che si propone il presidente. Daltra parte, però, è una via da tentare data la forza che ha acquisito questo movimento sia tra la popolazione, sia – a quanto pare e a quanto si dice da tempo – nellambito delle istituzioni: si dice che soprattutto al nord, ma non soltanto, Boko Haram abbia il sostegno forte e vigoroso di uomini politici e che sia anche riuscito ad infiltrarsi nelle forze di sicurezza, nei servizi segreti. Questo spiegherebbe, tra laltro, il successo – spesso – delle imprese dei suoi terroristi.
D. – Quindi possiamo anche pensare che cè una certa sottovalutazione del problema da parte della Comunità internazionale?
R. – La Comunità internazionale ormai, in questo come in altri casi, più che sottovalutare non sa bene come muoversi e di fatto non ha grandi mezzi – questo bisogna riconoscerlo – per intervenire, salvo fare quello che sta facendo: cercare di contrastare Boko Haram e altri movimenti islamisti e soprattutto di contrastare il crearsi di legami stretti tra questi movimenti a livello internazionale in tutta la fascia dellAfrica sub-sahariana, in cui questi movimenti si stanno affermando con molto successo. Pensiamo, per esempio, al Mali e alla crisi che nel nord del Mali si è determinata – e tuttaltro che risolta – negli ultimi due anni.
D. – Questa mattina cè stata una presa di posizione molto preoccupata del presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, mons. Kaigama, che punta il dito contro la diffusione delle armi nel Paese e denuncia che ve ne sono sempre di più sofisticate che provengono dallestero
R. – Questo è uno dei problemi su cui la Comunità internazionale ha modo di incidere. Uno dei problemi, previsto e non scongiurato, è la diffusione delle armi – di quellimmenso e formidabile arsenale – che era stato messo insieme dal colonnello Gheddafi in Libia: la sua caduta – ormai è certo e si sa da mesi – ha avuto, tra le varie conseguenze, quella di far sì che questo arsenale cominciasse a venire esportato e messo a disposizione di movimenti – certo non è solo questa la fonte delle armi, ma una è sicuramente questa – che si sono quindi rivelati molto più difficili da contrastare di quanto non fossero in passato. Si tratta di armi e anche di tecnologie più in generale che permettono comunicazione, spostamenti e movimenti più rapidi, più efficaci e più difficili – ripeto – da contrastare. Il Mali è proprio lesempio di che cosa succede, di che cosa sta succedendo in questa parte del mondo e dei problemi enormi che questi sviluppi stanno creando a livello transnazionale, nellarea che va dalla Nigeria fino alla Somalia.