R. – Vi è una vera e propria lotta di potere tra potentati locali che, purtroppo – è triste dirlo – utilizzano questi movimenti terroristici, queste squadracce per destabilizzare il Paese. Molte volte questo conflitto, perché di questo si tratta, passa per un conflitto religioso: la sensazione – secondo gli osservatori e anche gli stessi leader religiosi – è che molte volte la questione religiosa venga strumentalizzata per affermare interessi di parte. Non fosse altro perché è un Paese potenzialmente ricco, che “galleggia” sul petrolio La verità è che purtroppo non esiste una coesione tra i vari gruppi etnici ed è ancora aperta la questione sociale. Va ricordato che luno per cento della popolazione nigeriana detiene un qualcosa come il 75 per cento della ricchezza nazionale. Vi è dunque grande insoddisfazione tra i ceti meno abbienti, che sono – per certi versi – quelli più riottosi e quindi facilmente manipolabili da parte di questi potentati. La sensazione è che, in ogni caso, dietro le quinte ci siano comunque questi poteri e che in una maniera o nellaltra intendono seminare zizzania. E questo concretamente cosa significa? Indebolire lo stato centrale; indebolire il governo federale di Abuja.
D. – Quale contributo di pacificazione può offrire la Chiesa della Nigeria e, più in generale, la comunità cristiana?
R. – La Chiesa cattolica sta da anni contribuendo fattivamente al processo di pacificazione. In più circostanze, i vescovi nigeriani hanno ribadito un concetto che è importante riaffermare: non si tratta di una guerra di religione e che, comunque, cè gente che strumentalizza la questione religiosa per affermare i propri interessi. Questo è laspetto estremamente importante da sottolineare, perché chi si dice religioso non può mai fare ricorso alla violenza. Daltronde, questo è stato anche il messaggio lanciato con molta forza dal recente incontro di Assisi, convocato dal Santo Padre. (mg)