Non molti hanno accettato allestero quello che era sembrata la retromarcia di Zardari davanti allintenzione manifestata di concedere il condono ad Asia Bibi nelle convulse settimane che ne avevano seguito la condanna a morte in prima istanza nel novembre 2010. Unintenzione senza seguito per le necessità della politica e per la volontà di non far divampare una fiammata integralista accesa già dallestate 2009 con gli assedi pianificati alle enclave cristiane di Gojra e altri centri della provincia del Punjab.
A conferma delle difficoltà, nemmeno il sacrificio del governatore musulmano del Punjab, Salman Taseer, nel gennaio dello scorso anno, e quello del ministro cattolico per le Minoranze Shabaz Bhatti due mesi dopo entrambi per avere sostenuto la liberazione di Asia Bibi e una revisione della legge antiblasfemia hanno avviato un processo parlamentare per rimediare ad abusi e ingiustizie della legge. Hanno però fornito motivazione e slancio a un ampio movimento di azione della società civile e di settori della leadership musulmana, della magistratura e della politica che cerca al momento di limitare lapplicazione severa della legge in attesa che le condizioni ne consentano una revisione.
«Non manca una volontà del governo di cercare una soluzione per Asia Bibi e nemmeno la convinzione che la legge è fonte di abusi», chiarisce il cattolico Paul Bhatti, ministro per lArmonia religiosa. Ancor più forte, però, è la coscienza che la situazione non consente mosse che possano mettere a rischio ulteriore la stabilità di un potere già fragile e con essa anche la sorte delle comunità assediate e di quanti sono in cella in attesa di giudizio per blasfemia oppure già condannati.
Per questo Shahbaz Bhatti, assassinato nel marzo 2011 per il suo impegno per la revisione della legge e la giustizia per Asia Bibi, aveva fondato poco prima della sua tragica fine lApma (All Pakistan Minorities Association). Un forum politico di cui fanno parte voci e volti diversi che va crescendo in autorevolezza, oggi sotto la guida di Paul Bhatti, e al quale le autorità sembrano avere delegato un ruolo di mediazione tra le comunità, di ricerca di una via del dialogo che per Paul Bhatti, che di Shabaz era fratello, è lunica possibile. Un dialogo che si va estendendo a molti settori della vita pubblica e della società civile su un duplice binario: quello della ricerca pragmatica di cooperazione tra gruppi e fedi che spesso condividono povertà e problemi; quello di un lavorio attento che cerchi di salvare la vita a chi, come Asia Bibi sarebbe con ogni probabilità liberata dalla legge che finora non ha mai confermato in appello le sentenze capitali per blasfemia, ma rischierebbe di cadere per mano di fanatici, sobillati da una fatwa o incentivati da una taglia.
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