PAKISTAN – ( 3 Marzo )

Elezioni in Pakistan: le minoranze religiose chiedono maggiore rappresentatività



In vista del voto previsto tra aprile e maggio prossimi, cristiani, indù e bihai del Pakistan auspicano una riforma del sistema elettorale che dia una maggiore rappresentanza alle minoranze religiose, secondo il principio della parità dei diritti sancito dal fondatore del Paese, Ali Jinnah. Secondo quanto riporta l’agenzia AsiaNews, i promotori della riforma chiederebbero al governo di cancellare l’attuale “sistema elettorale congiunto”, a favore di un “sistema doppio”. Inoltre, vorrebbero che i partiti provinciali sostenessero maggiormente i candidati provenienti dalle minoranze nelle assemblee nazionali e che ammettessero le donne “non musulmane” nei seggi riservati alle quote rosa, mettendo al bando “ogni forma di discriminazione”. Proprio su questo tema, lo scorso 25 febbraio si è tenuto a Faisalabad, nel Punjab, un forum pubblico intitolato “Elezioni 2013 e riserve delle minoranze”, cui hanno partecipato circa 250 persone appartenenti a diverse comunità religiose, assieme a sacerdoti, catechisti, politici e membri della società civile. Al centro del dibattito, proprio la legge elettorale. Nel 2002, l’ex presidente Musharraf introdusse il “sistema elettorale congiunto”, che permette ai non islamici di votare anche i candidati di religione islamica delle rispettive circoscrizioni. Tuttavia, indù, sikh e cristiani non possono decidere in merito ai seggi riservati alle minoranze: nell’accesso alle assemblee, quindi, la parità dei diritti viene meno e la componente politica non musulmana sia del Parlamento sia delle diverse province è relegata ai margini. Secondo molti leader, il “voto doppio” garantirebbe una maggiore presenza, rafforzando anche la prospettiva di una nazione “multiculturale”, così come era stata tracciata dal padre fondatore, Qaid-e-Azam. Secondo Naveed Walter, presidente di Human Right Focus Pakistan (Hrfp), l’attuale sistema elettorale porterebbe i cristiani “a disinteressarsi della politica”. Aggiunge poi che un pugno di seggi, non servono certo a “dare maggiori diritti politici”, per questo, a suo dire, è necessario introdurre una riforma che permetta l’elezione “diretta” dei rappresentanti. (V.C.)

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del sito Radio Vaticana
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