SIRIA – ( 11 Ottobre )

SIRIA
Haaj! Basta!
Il viaggio di un salesiano tra i cristiani di Damasco, Kafroun e Aleppo

“La guerra non è fatta solo da atti di violenza, ma è anche psicologica e morale. Le strade sono piene di blocchi e di gente e vetture armate, si vedono armi dappertutto. Tutti ormai parlano il linguaggio della guerra, i bambini conoscono i nomi delle armi e quando avviene un’esplosione riconoscono l’arma usata. Alla sera i colpi s’intensificano e i ragazzi sognano d’addormentarsi e di trovare tutto risolto al risveglio”. È il racconto di don Munir El Rai, ispettore dei salesiani del Medio Oriente, siriano che vive a Gerusalemme ed ha visitato nelle ultime settimane le comunità salesiane della Siria. In una nota inviata all’agenzia d’informazione salesiana Ans descrive il suo viaggio tra la gente intimorita dalla guerra, i giovani assetati di speranza e i salesiani, decisi a restare per aiutare la popolazione: “In tutti ha risuonato lo stesso grido: ‘Haaj” (basta)!”.

L’arrivo a Damasco. L’ispettore salesiano è arrivato a Damasco via terra, con un’auto di servizio pubblico. Durante il viaggio ha chiesto notizie sulle condizioni della popolazione e dei profughi siriani in Libano. Il suo arrivo a Damasco – il 26 settembre – ha coinciso con la fase finale dell’attacco al ministero della Difesa: l’intera città era in allerta e piena di posti di blocco dell’esercito. Forte il clima di paura, tristezza e insicurezza. La comunità salesiana di Damasco, composta da quattro sacerdoti, si trova in una zona abbastanza sicura e sta cercando di dare segni di speranza ai giovani e alle famiglie, organizzando incontri formativi, spirituali e ricreativi. “Tutti i confratelli mi hanno confermato la loro ferma volontà di rimanere in Siria e di servire i giovani – dice don El Rai -. Abbiamo rilanciato le visite alle famiglie dei bambini e dei ragazzi, che ormai non si recano al centro per paura dei pericoli, cercando di sostenerli sia al livello spirituale, sia morale e materiale”. “La visione di molti giovani che hanno perso tutte le loro speranze nel futuro del loro Paese – osserva – mi ha molto rattristato, in quanto costituisce il crollo di una vita d’insegnamenti basati sulla fiducia nell’avvenire. Mi ha rimandato all’immagine di una Siria senza cristiani e senza futuro, come sta capitando in altre zone del Medio Oriente”.

Verso Kafroun, morte e distruzione. In viaggio verso Kafroun don El Rai ha attraversato vari villaggi, imbattendosi in innumerevoli immagini di morti negli scontri. “A Kafroun – prosegue don El Rai – abbiamo deciso di lasciare la casa aperta tutto l’anno per continuare a ospitare gli sfollati di Aleppo: circa 40 persone, tra le famiglie dei confratelli salesiani, dei salesiani cooperatori e dei nostri giovani collaboratori. Attualmente il numero degli sfollati sta aumentando rapidamente a causa dell’acuirsi degli scontri. La casa sta anche portando avanti attività educative e ricreative con i giovani sfollati provenienti da Homs, la città più colpita dagli scontri”.

Ad Aleppo, nel vivo degli scontri. “Sono partito per Aleppo il pomeriggio del 2 ottobre – racconta il salesiano -, viaggiando su un autobus carico dei beni che gli sfollati portavano con sé e di tensioni e timori, perché attraversavamo le zone più colpite dagli scontri”. “Lungo l’autostrada deserta – continua – si notavano i segni della guerra: macchine e carri armati bruciati, case colpite e abbandonate, vari blocchi stradali da parte dell’esercito siriano che ci ha fermato per controllare i nostri documenti”. Dopo aver superato due posti di blocco dei ribelli l’autobus arriva ad Aleppo, “consapevoli della fortuna di averla raggiunta senza essere stati colpiti”. Una notte tranquilla nella casa salesiana di Aleppo, ma un risveglio brusco: “Il convento ha tremato a causa di un grande attentato nella piazza principale, che dista 8 minuti di cammino. Avrei voluto visitare il luogo dell’attentato che ha provocato circa 50 morti e più di 100 feriti nel centro di Aleppo; ma è stato impossibile, perché si temevano nuovi attentati”. I salesiani hanno visitato i quartieri cristiani, attualmente colpiti da lanci di mortai, cecchini e autobombe. Molte persone li hanno invitati nelle case, raccontando le loro storie. Un giovane ha confidato a don El Rai che il primo aiuto di cui la gente ha bisogno da parte della Chiesa “è un forte segno di sostegno spirituale e morale, ed in un secondo momento il sostegno della solidarietà materiale”. Il salesiano è partito da Aleppo il 7 ottobre per tornare in aereo a Damasco. “Il taxi è costato più del volo, per via dei rischi che l’autista ha corso per accompagnarmi”.

“Servono aiuti umanitari”. “Questo viaggio – afferma don El Rai – ha toccato la mia vita dal punto di vista umano, cristiano e salesiano. Mi ha portato a vedere gli orrori della guerra che con tanta rapidità ha portato distruzione, insicurezza, tristezza, odio e divisione nel mio Paese. Mi ha anche mostrato l’animo degli uomini che con forza chiedono solo pace e sicurezza, ed hanno compreso che la soluzione può venire solo attraverso il dialogo. Ho anche assistito a un forte ritorno alla fede e alla preghiera, alla voglia di vivere: paradossalmente è aumentato il numero dei matrimoni. “Le sfide più grandi – conclude – ora mi sembrano due: sostenere la popolazione in questa fase di emergenza, di fronte all’attuale mancanza di aiuti umanitari, dettata anche dal fatto che la Siria è trattata solo come un caso politico e mediatico, mentre viene trascurato il livello umanitario; riuscire a cancellare l’odio dopo tanta violenza, quando finalmente la pace sarà ristabilita”.

 
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