SIRIA – ( 14 Maggio )

Siria: ogni minuto una famiglia lascia la propria casa. Allarme per le armi chimiche



A causa della guerra, ogni 60 secondi una famiglia siriana è costretta a lasciare la propria casa. Lo rivela un rapporto del Centro di monitoraggio degli sfollati interni (Idmc), pubblicato oggi a Ginevra. Secondo la ong, dopo oltre tre anni di conflitto, la Siria rimane il Paese più interessato dal fenomeno degli sfollati interni. Ad aggravare il quadro, l’ultima denuncia dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, secondo cui dall’inizio dell’anno circa 850 detenuti sono morti perché torturati o vittime di esecuzioni sommarie. Soltanto ieri, invece, “Human Rights Watch” aveva affermato che elicotteri del regime siriano non più tardi del mese scorso avrebbero sganciato alcuni barili-bomba pieni di cilindri di gas clorino contro diverse città del nord della Siria. E il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, aveva quantificato l’uso delle armi chimiche in Siria in 14 volte dalla fine del 2013, senza dimenticare che nell’estate 2013 si parlò di oltre mille morti per l’attacco con gas tossici a Ghouta. Per un commento sulla questione, Giada Aquilino ha sentito il parere di Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo:RealAudioMP3

R. – Le notizie che ci giungono sono molto frammentarie, imprecise, ma il dato è che qualcosa è stato usato. Non sappiamo se sono armi chimiche propriamente dette, come l’iprite, il sarin, il tabun e così via. Corrono voci che siano prodotti di industrie chimiche, comunque dannosissimi per la salute umana. Purtroppo, le informazioni non ci permettono di avere elementi certi. Quello che sappiamo è che sembra siano state usate perché ci sono testimoni, fotografie, riprese. E’ un elemento che riporta all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda siriana, che in questi ultimi mesi era andata scomparendo dai nostri mass media. E’ in realtà una guerra che ancora si combatte, sia con le armi convenzionali, sia con queste armi chimiche, anche se appunto non sappiamo esattamente se provengano dagli arsenali individuati – e che l’Organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche (Opac) stava monitorando o controllando – o se siano invece di altra provenienza.

D. – Come procede la fase di disarmo in Siria sotto la supervisione degli ispettori Opac-Onu?

R. – Procede molto a rilento. Tutto il processo, secondo gli accordi internazionali, avrebbe dovuto concludersi entro giugno. A oggi, si può temere di non farcela. Però, già il fatto che la Siria abbia ufficialmente aderito e che ci possa essere un intervento di controllo da parte dell’Opac, e quindi anche una forma di monitoraggio, è certamente un passo in avanti. Ma la situazione di guerra impedisce anche di monitorare se tutti questi arsenali siano effettivamente sicuri.

D. – Ci sono polemiche da una parte e dall’altra su chi poi effettivamente usi queste armi chimiche…

R. – Sì, certamente. Sappiamo che in guerra la prima vittima è la verità. Addirittura, secondo alcune fonti di intelligence si era saputo che quelle armi chimiche usate nel famoso attacco dello scorso anno, a Ghouta, probabilmente erano state usate dai ribelli stessi per incolpare il governo e provocare un intervento internazionale. Purtroppo, a tutt’oggi, non si è riusciti ad avere informazioni certe in merito. E’ opportuno anche ricordare che le armi chimiche non sono mai state risolutive nei conflitti.

D. – La Francia sta portando avanti in Consiglio di sicurezza dell’Onu un’iniziativa per autorizzare un’indagine della Corte penale internazionale sulle atrocità commesse in Siria. Ma Mosca potrebbe esercitare il diritto di veto…

R. – Sì, certamente, potrebbe essere esercitato questo diritto di veto. Una commissione di inchiesta potrebbe servire a identificare delle responsabilità. Ma finché non fermiamo la guerra, credo che questo possa essere un risultato modesto.

D. – Tra l’altro, in queste ore il mediatore Onu per la Siria, Brahimi, ha annunciato di lasciare l’incarico. Che segnale è nel quadro dei tentativi di riportare la pace nel Paese?

R. – Certamente, non è un segnale tranquillizzante. Al momento, non si riesce ad arrivare a una soluzione di pacificazione.

 

Testo proveniente dalla pagina

 

del sito Radio Vaticana
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