Siria: sacerdote armeno cattolico, grandi potenze facciano pressione su Ankara
Giada Aquilino – Città del Vaticano
L’Unione Europea “condanna l’azione militare della Turchia che mina seriamente la stabilità e la sicurezza di tutta la regione”. Queste le conclusioni del Consiglio degli Affari Esteri a Lussemburgo, in cui si sancisce anche “l’impegno degli Stati a posizioni nazionali forti rispetto alla politica di export delle armi” verso Ankara. Richiesto inoltre un “incontro ministeriale della coalizione internazionale contro Daesh”. Ciò che “possiamo fare è esercitare tutta la pressione possibile per porre fine all’azione” turca, aveva detto a inizio lavori il capo della diplomazia spagnola Josep Borrell, futuro Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. Circa un embargo dei Paesi membri alle esportazioni di armi verso la Turchia, Borrell aveva spiegato come fosse “difficile raggiungere accordi unanimi”, perché prevalgono intese “Paese per Paese”.
Profughi e assistenza umanitaria
Sul terreno, i curdi siriani hanno annunciato un accordo con il regime di Bashar al-Assad per il dispiegamento dell’esercito nelle zone di combattimento, al fine di impedire l’avanzata turca.
Nelle ultime ore, un altro giornalista curdo-siriano è morto in seguito alle ferite riportate durante un bombardamento di Ankara a sud di Ras al Ayn, mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità ha aggiornato le stime dell’Onu diffuse ieri, parlando ora di 200 mila profughi nelle zone interessate dagli scontri e 1,5 milioni di persone bisognose di assistenza sanitaria, con un forte rischio di malattie infettive.
La testimonianza
L’assistenza che è stata fornita finora “è abbastanza”, ma “nei giorni prossimi quando arriveranno altre persone non sappiamo se basterà, sicuramenti ci sarà bisogno di altri aiuti” spiega a Vatican News monsignor Antranik Ayvazian, sacerdote armeno cattolico del nord-est della Siria, responsabile della comunità armena cattolica locale, che opera tra Hassaké e Qamishli.