
Gruppo di civili che lascia le aree assediate del Ghouta (ANSA)
Siria. Conflitto entra nell’ottavo anno. Caritas e Chiesa per la riconciliazione
Marco Guerra – Città del Vaticano
Era il 15 marzo del 2011 quando a Damasco si svolse il primo corteo antigovernativo, proteste che presto sfociarono in una delle guerre civili più sanguinose degli ultimi decenni, che secondo diverse stime ha causato almeno mezzo milione di vittime. In questi giorni entra quindi nell’ottavo anno il conflitto siriano, che ormai vede direttamente impegnate sul campo, oltre le truppe di Damasco e le fazioni ribelli, anche potenze straniere e miliziani jihadisti di ogni provenienza.
Truppe di Damasco avanzano nel Ghouta
L’attuale fase della guerra vede le truppe siriane fedeli al presidente Bashar al Assad e i loro alleati continuare ad avanzare nella Ghouta orientale, popoloso sobborgo di Damasco in mano ai ribelli. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i lealisti sono riusciti nelle ultime ore ad avanzare nel sud del Ghouta, spaccando la martoriata enclave in tre diversi settori. Intanto più di tremila civili sono riusciti a uscire dalle aeree assediate per dirigersi in zone sotto il controllo del regime. Si tratta del gruppo più grande di civili che ha lasciato il sobborgo dall’inizio dell’offensiva governativa.
I numeri dell’emergenza umanitaria
L’emergenza umanitaria resta comunque gravissima in tutta la Siria. Circa 6,5 milioni di siriani soffrono di insicurezza alimentare, denuncia il Programma alimentare mondiale (Wfp). L’Unicef riferisce invece di 13,1 milioni di persone colpite dal conflitto; 5,3 milioni di minori bisognosi d’assistenza; 6,1 milioni di sfollati interni; 2,6 milioni bambini profughi, su 5,5 milioni di sfollati rifugiati; 2,9 milioni di persone in aree di difficile accesso e almeno 420mila in aree assediate.
Nel settimo anniversario del conflitto in Siria anche la Caritas italiana ha pubblicato un dossier, dal titolo “Sulla loro pelle. Costretti a tutto per sopravvivere”, che mette a fuoco soprattutto quelle situazioni di rischio a cui le persone maggiormente vulnerabili sono esposte in Siria.
Paolo Beccegato, responsabile area internazionale della Caritas italiana, ha illustrato i risvolti più drammatici dei “Negative coping strategies”, cioè le strategie che adotta la popolazione civile per rispondere a questa situazione di guerra ormai così protratta, così lunga nel tempo, per cercare proprio di sopravvivere. “Se all’inizio una persona, ad esempio, vende la casa, scappa o si rivolge agli aiuti umanitari, nel momento in cui questi ultimi vengono meno negli anni – spiega Beccegato ai nostri microfoni – questa persona arriva a fare delle cose negative anche per sé stessa, o anche per la propria famiglia, che vanno a complicare ulteriormente il quadro, come il lavoro minorile, matrimoni precoci e separazioni famigliari forzate”.
Secondo Beccegato “si giunge anche a dei livelli tali di frustrazione e di sofferenza che aumenta il livello delle violenze domestiche e alcuni bambini vengono reclutati come bambini soldato”. La Caritas resta però impegnata sia sull’emergenza in sé stessa, sia sul livello della riconciliazione, soprattutto tra i giovani.