SIRIA – (15 Novembre)

GLI ATTIVISTI: STUDENTI NEL MIRINO DEI LEALISTI NELL'EST DELLA SIRIA

Rifiuta di sfilare per Assad, ragazzo ucciso Il 14enne colpito a morte da un militare  davanti ai compagni di scuola

Era uno studente modello, Mohammed, come pure i suoi compagni, allievi di un istituto d’eccellenza nell’est della Siria, vicino al confine con l’Iraq. L’altra mattina, insieme a loro, è stato prelevato dalla sua classe: portato in strada, è stato costretto a unirsi a un corteo pro-regime nella città di Deir ez Zor, punto caldo del dissenso. Mohammed ha osato dare voce a quanti come lui non se la sentivano di andare a protestare contro la decisione della Lega Araba di sospendere il Paese di Assad per la brutalità della sua repressione. Ha osato chiedere di poter andare a casa. La risposta è stata un proiettile al petto, sotto gli sguardi impietriti dei suoi compagni.

Il giovane si è accasciato ma gli sgherri di Assad hanno continuato a infierire: prima lo hanno pestato a bastonate e poi finito con un altro colpo di pistola a un fianco. «Accertatevi che sia morto», è stato l’ordine del comandante delle forze di sicurezza, nella ricostruzione dell’accaduto fornito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong con base a Londra che conta su una capillare rete di informatori volontari nel Paese.

Mohammed Abdul Salam Al Mlaessa aveva soltanto 14 anni. Come è stato ridotto alla fine di questa brutale esecuzione lo si vede in alcuni video postati su YouTube (non è possibile verificarne l’autenticità, i giornalisti occidentali sono stati banditi dal regime): un foro al petto sinistro, il volto tumefatto in una pozza di sangue. Una lezione «esemplare» per i giovani.

Che Damasco tema gli studenti lo ha dimostrato fin da subito: all’origine delle proteste, lo scorso marzo, la repressione nei confronti di un gruppo di ragazzini autori di graffiti anti-Assad sui muri delle loro scuole. «Dalle elementari alle medie, i ragazzi in Siria sono in prima linea nelle manifestazioni – dice al Corriere Mousab Azzawi, responsabile dell’Osservatorio siriano per i diritti umani -. Nessun regime può resistere agli studenti. Per questo li temono, li uccidono, li prendono in ostaggio. E fanno sentire la loro voce al telefono mentre li torturano».

Ai funerali di Mohammed erano in tantissimi: almeno 45mila persone, stimano. «Per disperdere la folla gli agenti hanno usato bastoni elettrici che provocano paralisi temporanee», riferisce Azzawi. Alle esequie è seguito un sit-in serale di 8mila giovani in quella che è stata ribattezzata piazza della Libertà. L’assembramento è stato disperso con il fuoco dalle forze di sicurezza: qui sono rimaste a terra due delle trenta vittime di giornata, la maggior parte registrate a Homs, la capitale dei ribelli, dove si sono rifugiati i disertori. Ma anche nelle strade di Hama, Deraa, Idleb si continua a morire. Gli attivisti riferiscono che ieri una quarantina di ribelli è stata uccisa dai militari vicino al confine con la Giordania.

La repressione non si ferma, nonostante il sì dato da Damasco il 2 novembre al piano di pace della Lega Araba che prevede la fine delle violenze e il ritiro dei blindati dalle città. E dopo gli assalti alle ambasciate dei Paesi musulmani per la sospensione della Siria annunciata dall’organizzazione panaraba, il regime ha usato il pugno di ferro per riempire le piazze nei cortei pro-Assad. Il caso di Mohammed non è isolato. Storie simili si sono verificate in altre zone del Paese. Racconta Azzawi: «Sempre domenica, ad Hama, le forze di sicurezza hanno sparato contro un gruppo di studenti che si erano rifiutati di partecipare a una manifestazione lealista: cinque di loro non hanno più aperto gli occhi».

Alessandra Muglia
amuglia@corriere.it
 
Il testo completo si trova su:

 
condividi su