SIRIA – ( 2 Maggio)

Siria. Attentati ad Hama, uccisi 11 bambini. P. Sahoui: situazione inumana


Senza sosta le violenze in Siria. L’ultimo episodio riguarda la zona di Hama dove oggi le esplosioni di due autobomba hanno provocato almeno 18 morti, tra cui 11 bambini. E resta sempre difficile la situazione anche nella città di Homs, teatro in questi giorni di un sanguinosi attacchi kamikaze. Lo conferma, al microfono di Eugenio Bonanata, il gesuita padre Ghassan Sahoui:RealAudioMP3

R. – Purtroppo, non siamo ancora arrivati al punto di vivere in pace perché continuano i bombardamenti. Sentiamo sempre spari di cannoni e mortai che cadono da qualche parte. Nei giorni passati alcune macchine sono esplose e purtroppo ci sono stati tanti morti e feriti. La violenza quindi continua ad essere la “signora” della situazione. Però, ci sono alcuni tentativi di riconciliazione nell’antica città di Homs tra l’esercito ed i ribelli. Sentiamo che si sta smuovendo qualcosa ma ancora nulla di sicuro. Quindi, aspettiamo che ci sia una vera riconciliazione e che cessino veramente lo spargersi di sangue e le violenze.

D. – Che cosa riesce a fare la Chiesa nel Paese?

R. – La Chiesa certamente continua la sua missione di aiutare la gente a vivere qui, soprattutto i cristiani, e quindi a resistere a tutte le tentazioni di fuggire o di avere paura. La situazione non è accettabile, possiamo definirla inumana. Però, nello stesso momento non vogliamo lasciare il nostro Paese. Quindi, di fronte ai cristiani noi proviamo a incoraggiarli e sostenerli in tutti i modi. Inoltre, continuiamo a provare a essere ponte di riconciliazione tra tutti i gruppi in combattimento, tra gli stessi musulmani. Proviamo ad accogliere la gente e anche i bambini per educarli nel nostro centro che accoglie tutti, senza far differenza tra le varie confessioni. Poi, c’è l’aiuto umanitario: noi accogliamo senza differenze e diamo sempre la testimonianza dell’amore cristiano che si offre a tutti.

D. – Ci sono iniziative che state portando avanti insieme ai musulmani?

R. – Certamente. Proviamo sempre ad avere una prospettiva di apertura verso i musulmani perché siamo concittadini, quindi siamo veri collaboratori nella ricostruzione del Paese, proviamo a lavorare e collaborare insieme. Sì, i progetti ci sono, per esempio quello di Aleppo: oggi il nostro organismo, il “Jesuit Refugee Service” (JRS), lavora con collaboratori musulmani e cristiani e tutti danno testimonianza di aiutare l’uomo – semplicemente l’uomo – senza vedere a quale religione appartiene, o da dove viene. Quindi, stare accanto a lui. È una bella testimonianza di unione che fortifica i rapporti tra cristiani e musulmani e fa diminuire le tensioni tra i gruppi.

Testo proveniente dalla pagina

 

del sito Radio Vaticana
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