

R. E un dato positivo, perché permetterà ad alcune persone di essere evacuate e curate. Ma il regime di Assad sta semplicemente provando anche questo: a comprare tempo e a perdere tempo.
D. Qual è la strategia che i Paesi limitrofi, in particolare i Paesi arabi, stanno cercando di adottare nei confronti della Siria?
R. Il problema della Siria è che è un Paese letteralmente incastonato tra tre Paesi arabi Iraq, Libano e Giordania un Paese non arabo come la Turchia e un altro Paese non arabo come Israele. Non si può trovare un accordo, perché il collasso della Siria, che sarà inevitabile e lungo, porterà disordine. Nessuno è in grado di decidere o di discutere efficacemente, perché toccherebbe interessi che non ha intenzione di toccare.
D. Sempre più intensi sono i contatti tra le formazioni dellopposizione, Assad e i membri della comunità internazionale. Tuttavia, lunico punto che non è contenuto nel piano di Kofi Annan è proprio quello delle dimissioni del presidente…
R. Il problema delle dimissioni di Assad è che è una questione puramente teorica. Non è lui che si deve dimettere, ma il regime. Lui è sostenuto da una minoranza alla guida che in qualche modo è solidale e da parte dei sunniti che sono stati solidali con gli Assad per 40 anni: gente che è disposta a combattere alla morte, anche perché sa che una volta crollato il regime, le vendette incrociate sarebbero terribili. E gente che non si arrenderà.
D. In sostanza, alla fine, come bisogna considerare questo piano delle Nazioni Unite?
R. Il conflitto andrà avanti. Il fatto, però, che Kofi Annan riesca a parlare in vario modo con tutti i soggetti non dimentichiamo la Cina e la Russia è già un passo avanti. Ma se tutti insieme, i grossi attori della scena, non decidono di chiudere il regime di Assad in un vicolo assolutamente cieco, in Siria si continuerà a combattere finché saranno stravolti. (ap)
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