SIRIA – ( 29 Aprile )

Siria: illeso premier dopo attentato. Preoccupazione per Quirico della Stampa



I presidenti russo Vladimir Putin e americano Barack Obama si sono dichiarati pronti a prendere tutte le misure necessarie per la soluzione della crisi siriana. Ma ieri attentato a Damasco contro il convoglio del premier, rimasto illeso, che però ha causato la morte di sei persone. Preoccupazione poi per l’inviato de La Stampa nella zona di Homs Domenico Quirico, non si hanno sue notizie da 20 giorni.
E due missili terra-aria sarebbero stati sparati da sconosciuti contro un aereo passeggeri russo in volo nei cieli siriani. Continuano poi a mancare notizie sulla sorte di Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e di Boulos al-Yazigi, i vescovi siro-ortodosso e greco-ortododosso di Aleppo, sequestrati lunedì scorso. Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

E’ di almeno 6 morti e 15 feriti il bilancio provvisorio dell’attentato avvenuto stamani nel quartiere di al-Mezzeh, nella parte ovest del centro moderno di Damasco. Obiettivo il premier siriano, Wael al-Halqi, rimasto illeso. Un’autobomba è esplosa al passaggio del convoglio governativo. Il premier ha parlato di “terrorismo disperato”. Intanto, non si arrestano gli scontri tra lealisti e oppositori in varie parti del Paese. E mentre si discute della capacità o meno di Assad di sviluppare armi chimiche su larga scala, e il loro attuale utilizzo, i militari in Gran Bretagna respingono l’ipotesi d’intervento sul terreno. Pressioni, in senso opposto, invece dai repubblicani sul presidente statunitense, Barck Obama. In Francia, il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha detto che il suo Paese non ha la certezza dell’uso di tali armi di distruzione di massa, ma ha invitato l’Onu a indagare sulla questione perché – ha precisato – se fosse confermato l’impiego, “cambierebbero molte cose” nel conflitto.

Sull’attentato al premier Wael al-Halqi e la situazione in Siria, Massimiliano Menichetti ha intervistato il direttore di Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi:RealAudioMP3

R. – Già in passato le forze ribelli erano riuscite a colpire il cuore del potere all’interno di Damasco: uno per tutti, il quartier generale dei servizi d’intelligence dell’Aeronautica, che sono il nerbo dei servizi d’intelligence del regime. Non mi pare, quindi, che l’attentato al primo ministro siriano sia un indicatore di un cerchio che si stringe intorno al regime.

D. – Un’escalation di violenza comunque crescente…

R. – L’escalation va ricondotta a una situazione sul terreno, che è molto grave oggettivamente, in cui gli scontri tra le forze ribelli – sia quelle islamiste che quelle “laiche” del Free Sirian Army e le forze lealiste – vanno avanti perché nessuno dei due contendenti, almeno finora, sembra avere la forza per superare l’altro.

D. – La questione delle armi chimiche: si continua a discutere sull’utilizzo da parte di Assad. La Francia chiede l’intervento dell’Onu per accertarlo. Qual è la situazione, secondo lei?

R. – La Siria storicamente, tradizionalmente, ha un arsenale chimico molto sviluppato. Per la Siria, il possesso di armi chimiche era sempre stato visto da un punto di vista della dottrina militare come una sorta di deterrente a basso costo nei confronti di Israele. E’ possibile che in qualche misura, in qualche contesto, vi abbia fatto, come si dice, un ricorso limitato. Ovviamente, se tutto questo dovesse essere accertato, sarebbe il superamento della cosiddetta “linea rossa”, che nella comunità internazionale è il punto di non ritorno per attivare una qualunque forma d’intervento – posto che, comunque, il primo passo deve essere quello dell’accertamento dell’utilizzo e quindi dell’invio di insigni osservatori Onu in Siria. Dopo di che, bisognerà capire come intervenire: l’implementazione della no-fly zone, l’eventuale messa in sicurezza dei siti di armi chimiche. Pensare poi a un eventuale intervento di terra sul modello presente dell’Iraq, mi pare francamente fuori della realtà. Con le disponibilità e con le volontà che animano oggi le potenze occidentali, se s’interviene, l’intervento sarà assolutamente circoscritto e limitato.

D. – Chi sta sostenendo chi in questo conflitto? Da una parte i rivoltosi chiedono il sostegno della comunità internazionale, che anche su questo punto è divisa; dall’altra, hezbollah starebbe sostenendo il regime…

R. – Da una parte l’Iran che supporta la Siria, che ha nella Siria il principale alleato nella regione, e che non si può permettere di perdere in questo senso un amico come Assad nella regione e che, per intervenire, utilizza lo strumento di hezbollah. Dall’altra, abbiamo gli Stati del Golfo, in primis Arabia Saudita e Qatar, che appoggiano le fazioni dei ribelli, soprattutto, ahinoi, le fazioni radicali islamiche, per combattere il regime di Assad, che non dimentichiamoci è amico appunto dell’Iran, il quale Iran è il principale nemico dei Paesi arabi sunniti nel Golfo.

D. – Che ruolo gioca l’Iraq in questo scenario?

R. – l’Iraq si sta avvitando su una spirale di settarismo molto, molto pericolosa. L’Iraq viene utilizzata dall’Iran per aiutare il regime di Bashar al Assad. Il territorio iracheno viene utilizzato anche dalle milizie qaediste che combattono in Siria, che hanno forti legami con le milizie qaediste, che ancora operano in Iraq, soprattutto nella parte occidentale del Paese. L’Iraq, quindi, diventa una sorta di retrovia logistica, anche se molto importante, del conflitto siriano.

D. – Quindi gioca un ruolo doppio: da una parte viene utilizzato dall’Iran per sostenere il regime; dall’altro, è praticamente terreno di rientro per quanto riguarda le milizie anti Assad…

R. – Assolutamente sì e questo è l’indicatore più rilevante della debolezza e dell’instabilità che, tuttora, regna in Iraq.

Ultimo aggiornamento: 30 aprile

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del sito Radio Vaticana
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