Anche nel conflitto siriano i bambini pagano il prezzo più alto
di Maddy Bellani | 2 aprile 2013
(Milano) – Abbandonati. Torturati. Violentati. Venduti. Uccisi. Bambini privati della loro infanzia. Sono i piccoli siriani che, secondo lultimo rapporto Syriass Children: a lost generation? («Bambini della Siria: una generazione perduta?») del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), corrono il rischio di avere una vita segnata. Per sempre.
La continua violenza e i danni a infrastrutture e servizi hanno colpito circa 4 milioni di persone, di cui circa due milioni sono bambini; tra questi più di un milione e 800 mila sono in Siria, e oltre 500mila si sono rifugiati in Libano, Giordania, Iraq, Turchia ed Egitto.
A due anni dallinizio del conflitto in Siria, a pagare il prezzo più alto di questa guerra sono proprio i bambini. «Questo perché la popolazione siriana è prevalentemente giovane – dichiara Andrea Iacomini, portavoce Unicef per lItalia -. I bambini vivono quotidianamente sotto le bombe, patiscono il trauma di vedere i propri genitori o familiari e amici uccisi e sono terrorizzati da rumori e scene di combattimenti. Sono segnati psicologicamente. Hanno significative reazioni nervose. Non dormono di notte perché hanno paura che la loro casa venga bombardata. Questo in particolare nelle città che sono il cuore del conflitto. A tutto ciò si aggiunge la piaga mondiale dei matrimoni precoci. Le mamme sono disperate, per salvare la vita alle proprie bambine le vendono a facoltosi uomini arabi del Golfo per mille euro».
La guerra ha compromesso anche tutto un sistema scolastico di centinaia di migliaia di bambini. Molte scuole, circa un quinto, del Paese hanno subito danni materiali, sono state bombardate quindi distrutte, o sfruttate come rifugi per sfollati soprattutto a Idlib, Aleppo e Deraa, oppure utilizzate dalle forze armate e da gruppi coinvolti nel conflitto.
Ad Aleppo, per esempio, solo il 6 per cento dei bambini attualmente frequenta la scuola. Nelle aree in cui è alto il numero di famiglie sfollate, le classi sono sovraffollate e in qualche caso ospitano anche fino a cento alunni. «Più di cento insegnanti e altri operatori scolastici sono stati uccisi e molti altri non stanno più andando al lavoro – dice ancora Iacomini -. Altri sono fuggiti. Chi invece è rimasto lavora in condizioni molto difficili. Nelle città in cui il conflitto è intenso i bambini hanno già perso due anni scolastici, anche perché i genitori per questioni di sicurezza non li mandano a scuola».
Stando ai dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), il numero di siriani registrati come rifugiati, o che sono stati assistiti come tali, ha raggiunto il milione, di cui appunto la metà sono bambini e adolescenti, e la maggior parte ha meno di undici anni. Al momento gli aiuti umanitari riescono a raggiungere solo una parte delle persone che ne avrebbero reale necessità. «Con un milione di persone in fuga, a cui si aggiungono altri milioni di sfollati interni e migliaia di persone che continuano ad attraversare il confine ogni giorno, la Siria sta precipitando in un disastro su vasta scala. Questa tragedia deve essere fermata», ha affermato l’Alto Commissario per i rifugiati António Guterres.
Nei campi allestiti nei Paesi ospitanti, soprattutto Iraq, Libano, Giordania e Turchia, i siriani arrivano traumatizzati. «E quest’inverno sono arrivati in maniche corte… Abbiamo dovuto dare loro coperte e vestiti – riferisce il portavoce dell’Unicef per l’Italia -. I bambini vengono seguiti da psicologi, con il permesso della famiglia. Ripeto. Sono bambini segnati psicologicamente. Lo dimostrano anche i loro disegni. Gli psicologi invitano spesso i bambini a disegnare e loro raffigurano la loro casa abbandonata o distrutta e i cuscini sui quali dormivano. E sangue, tanto sangue. Per i bambini abbiamo allestito anche scuole mobili».
I siriani fuggono nei Paesi limitrofi perché sperano un domani di poter tornare a casa. «Ma anche perché molti non hanno mezzi, se non le gambe – continua Iacomini -. Se riescono a sopravvivere giungono fino al confine, stremati. Dopodiché raggiungono il primo Paese ospitante».
Oltretutto si assiste a una pressione della popolazione non indifferente, perché alcuni Paesi dove sono stati allestiti i campi ospitano già altri rifugiati di altri Paesi. «Come il Libano, che accoglie già i palestinesi. L’unico Paese attualmente ben attrezzato è la Giordania» sottolinea ancora Iacomini.
Quella siriana è la più grande e grave crisi umanitaria oggi al mondo. «Stiamo assistendo a un crimine paragonabile a quello della Bosnia e nessuno fa niente – conclude il portavoce dell’Unicef per l’Italia -. In Libia la guerra è durata un mese, in Mali una settimana. È una vergogna. Si dice che alla base ci siano ragioni geopolitiche. Ma per questioni geopolitiche non si fa tutto questo massacro».
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