Damasco (AsiaNews) Le divisioni dell’opposizione al regime del presidente Bashar Al-Assad continuano; anzi, aumentano. I principali temi di disaccordo riguardano il dilemma “rivoluzione pacifica oppure lotta armata”, e le modalità dell’appoggio o dell’intervento di altri Paesi. Da parte dell’opposizione interna vi sono stati appelli ad accettare il ruolo direttivo del “Consiglio Nazionale Siriano”, formato ad Istanbul lo scorso mese d’agosto. Ma il 29 settembre lo scrittore Michel Kilo, greco-ortodosso, da anni rispettata figura dell’opposizione, uno degli ispiratori del “Comitato Nazionale per il Cambio Democratico” recentemente formato in Siria, ha dichiarato all’Agence France-Presse locale che molti oppositori dell’interno rifiutano le direttive del “Consiglio Nazionale Siriano”. Secondo Kilo, il suddetto Consiglio è favorevole all’intervento (militare) straniero in Siria, intervento rifiutato secondo lui dalla maggioranza dell’opposizione interna.
L’altro tema è quello della lotta armata. Un crescente numero di oppositori crede che sia necessaria per ottenere la caduta dell’attuale regime, perché sei mesi di “rivoluzione pacifica” non sembrano aver avuto successo. Di fatto, la lotta armata è già in atto in diversi punti della geografia siriana, specialmente nella provincia di Homs, e concretamente nella cittadina di Rastan, dove si sono riuniti numerosi militari che hanno “disertato” per motivi di coscienza. Gli scontri sono durati diversi giorni. Ieri sera lagenzia stampa statale Sana diceva che “dopo un’operazione congiunta dell’esercito e delle forze dell’ordine a Rastan numerosi terroristi armati sono stati liquidati ed altri arrestati con le loro armi, munizioni ed esplosivi”, mentre sono morti sette militari, tra i quali due ufficiali, e sono stati feriti altri 32 militari, tra i quali sette ufficiali. Sana, inoltre, smentisce che l’aviazione militare sia intervenuta, contrariamente a quello affermato da diversi media non siriani.
Tra il regime e l’opposizione è in atto anche una vera guerra verbale, per esempio quella riguardo alla morte, negli ultimi giorni, di diverse personalità del mondo scientifico e militare nella città di Homs; il regime dice che sono stati vittime dei “terroristi armati”, mentre le fonti dell’opposizione accusano membri dei servizi segreti e della milizia pro-Assad dei “Shabiha”. La televisione siriana ha pure fatto vedere e sentire, il 29 settembre, la confessione di un “terrorista” pentito, il quale ha detto di essere stato complice di uno di quelli assassini. Ormai, la “confessione” di qualcuno di quei “pentiti” fa parte della programmazione quotidiana dei telegiornali damasceni oltre ai funerali militari di quelli che sono caduti in difesa del regime.
La “guerra verbale”, da parte del regime, si realizza pure attraverso un “Esercito Elettronico Siriano”, costituito da qualche mese con l’appoggio del governo e formato da “volontari” che lottano sulla rete per “difendere la Patria” contro le “bugie” che circolano per opera di certe televisioni (cioè “Al-Jazeera”, “Al-Arabiya”, ecc.) o di websites e informazioni di Facebook. C’è pure, destinato a difendere la Siria nei Paesi arabi, un nuovo website (Arabsyria.com).
Continua anche la polemica delle cifre. Mentre l’ONU dice che, da marzo, in Siria sono stati uccisi più di 2.700 civili (tra i quali un centinaio di bambini), la dottoressa Butheina Chaaban, consigliera del presidente Assad per la politica e l’informazione, risponde che sono stati uccisi 700 militari e membri delle forze dell’ordine e 700 “ribelli”, ma non dice niente dei morti che non sono né militari, né poliziotti, né “ribelli”, ma semplici cittadini che hanno avuto la sfortuna di abitare in un quartiere oppure in un villaggio bombardato dall’artiglieria; oppure di partecipare a funerali che sono stati occasioni di interventi militari.
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