SIRIA – ( 31 Maggio )

Siria. Ancora bombardamenti sulla Hula. Sdegno della Comunità internazionale



I nuovi bombardamenti sulla città siriana di Hula hanno suscitato lo sdegno della comunità internazionale e forti critiche nei confronti dei governi che si ostinano ad appoggiare il regime di Damasco. Intanto, il movimento di ribellione interno alla Siria ha lanciato un nuovo ultimatum a Basher al Assad intimandogli di cessare la repressione e rispettare i sei punti del piano dell’inviato Onu Kofi Annan. Il servizio di Marina Calculli:RealAudioMP3

Intanto, tra le varie ipotesi riguardanti la crisi siriana, ha suscitato reazioni quella del presidente francese Hollande, che si è spinto fino a non escludere un intervento militare autorizzato dall’Onu. La Russia ha fermamente criticato l’opzione. Fausta Speranza ha chiesto al prof. Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano, se siamo di fronte a una impasse diplomatica:RealAudioMP3

R. – Naturalmente sì. Credo che sia anche la ragione per la quale Hollande ha fatto la voce grossa. Credo che se ci fosse davvero la possibilità di un voto favorevole, quindi l’eventualità di un intervento vero sul terreno militare, Hollande e i governi europei sarebbero stati più cauti. Penso che in questo momento molti governi europei si nascondano dietro le ampie spalle della Federazione russa perché non c’è alcuna possibilità di fare quello che è stato fatto l’anno scorso in Libia allo stesso “prezzo”, basso, anche in termini di ricadute regionali.

D. – Sarebbe una strage per la popolazione e sarebbe un costo anche economico troppo alto…?

R. – Sì, credo che dal punto di vista politico, diplomatico, sarebbe molto pericoloso. Gli stessi Stati Uniti sono molto cauti per diverse ragioni. Da un lato, c’è il timore che ciò che avviene in Siria, a differenza da ciò che avveniva in Libia un anno fa, possa avere ripercussioni su tutta la regione, in modo particolare sul Libano dove ci sono già segni di estensione del conflitto e su tutto il versante del Mediterraneo del Medio Oriente, che coinvolge anche Israele. L’altro problema, l’altro timore, evidentissimo soprattutto nelle cautele americane, è legato al fatto che non si conosce in realtà né la leadership, né la natura dell’opposizione siriana. Credo che, al di là delle inevitabili dichiarazioni di tipo umanitario, in molte diplomazie occidentali ci sia il timore di avere, dopo Assad, un regime ancora meno “addomesticabile” di quello siriano degli ultimi vent’anni. E’ un regime autoritario, naturalmente, ma con il quale sia Israele, sia i Paesi occidentali avevano trovato un modo di convivere, quasi paradossale, ma un modo di convivere. Temo che, al di là della retorica dei diritti umani, in molte diplomazie occidentali ci sia una considerazione di tipo realistico legata a un eventuale contraccolpo negativo sia in termini di stabilità, sia in termini di aggravamento delle inimicizie.

D. – L’inviato speciale dell’Onu, Annan, dopo il colloquio ieri con Assad, oggi è in missione diplomatica in Giordania e in Libano … Dunque, si cerca una mediazione?

R. – Sì, ma è molto difficile la mediazione. Tanto per cominciare, per mediare bisogna sapere per chi si sta mediando. Una delle due parti è molto chiara ed è il regime di Assad. L’altra parte è molto meno chiara perché è facile immaginare che in un contesto come questo non esista una opposizione ma esistano tante opposizioni. Tra l’altro l’opposizione siriana, se vogliamo definirla al singolare, ha già mostrato molte tensioni e divisioni al proprio interno. L’altro grande elemento è il fatto che nel collasso dello Stato siriano – perché quella che viviamo in Siria in questo momento è già una guerra civile – c’è l’inserimento di una pletora di attori esterni che in una condizione come questa contribuiscono meno a frenare e più ad alimentare il conflitto.

D. – Ne nominiamo qualcuno?

R. – Da un lato, naturalmente, c’è la conclamata amicizia dell’Iran al regime attuale della Siria ma dall’altro lato probabilmente ci sono ancora di più le mire politiche, diplomatiche, di Paesi come l’Arabia Saudita, come il Qatar, come i Paesi che si erano già mossi in occasione della crisi libica e che in questo momento stanno giocando una partita regionale sull’egemonia contro l’Iran. Io credo che la Siria stia diventando sempre di più una pedina di questo grande gioco mediorientale.

 
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