I nuovi bombardamenti sulla città siriana di Hula hanno suscitato lo sdegno della comunità internazionale e forti critiche nei confronti dei governi che si ostinano ad appoggiare il regime di Damasco. Intanto, il movimento di ribellione interno alla Siria ha lanciato un nuovo ultimatum a Basher al Assad intimandogli di cessare la repressione e rispettare i sei punti del piano dell’inviato Onu Kofi Annan. Il servizio di Marina Calculli:
Intanto, tra le varie ipotesi riguardanti la crisi siriana, ha suscitato reazioni quella del presidente francese Hollande, che si è spinto fino a non escludere un intervento militare autorizzato dallOnu. La Russia ha fermamente criticato lopzione. Fausta Speranza ha chiesto al prof. Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano, se siamo di fronte a una impasse diplomatica:
R. Naturalmente sì. Credo che sia anche la ragione per la quale Hollande ha fatto la voce grossa. Credo che se ci fosse davvero la possibilità di un voto favorevole, quindi leventualità di un intervento vero sul terreno militare, Hollande e i governi europei sarebbero stati più cauti. Penso che in questo momento molti governi europei si nascondano dietro le ampie spalle della Federazione russa perché non cè alcuna possibilità di fare quello che è stato fatto lanno scorso in Libia allo stesso prezzo, basso, anche in termini di ricadute regionali.
D. – Sarebbe una strage per la popolazione e sarebbe un costo anche economico troppo alto ?
R. Sì, credo che dal punto di vista politico, diplomatico, sarebbe molto pericoloso. Gli stessi Stati Uniti sono molto cauti per diverse ragioni. Da un lato, cè il timore che ciò che avviene in Siria, a differenza da ciò che avveniva in Libia un anno fa, possa avere ripercussioni su tutta la regione, in modo particolare sul Libano dove ci sono già segni di estensione del conflitto e su tutto il versante del Mediterraneo del Medio Oriente, che coinvolge anche Israele. Laltro problema, laltro timore, evidentissimo soprattutto nelle cautele americane, è legato al fatto che non si conosce in realtà né la leadership, né la natura dellopposizione siriana. Credo che, al di là delle inevitabili dichiarazioni di tipo umanitario, in molte diplomazie occidentali ci sia il timore di avere, dopo Assad, un regime ancora meno addomesticabile di quello siriano degli ultimi ventanni. E un regime autoritario, naturalmente, ma con il quale sia Israele, sia i Paesi occidentali avevano trovato un modo di convivere, quasi paradossale, ma un modo di convivere. Temo che, al di là della retorica dei diritti umani, in molte diplomazie occidentali ci sia una considerazione di tipo realistico legata a un eventuale contraccolpo negativo sia in termini di stabilità, sia in termini di aggravamento delle inimicizie.
D. Linviato speciale dellOnu, Annan, dopo il colloquio ieri con Assad, oggi è in missione diplomatica in Giordania e in Libano Dunque, si cerca una mediazione?
R. Sì, ma è molto difficile la mediazione. Tanto per cominciare, per mediare bisogna sapere per chi si sta mediando. Una delle due parti è molto chiara ed è il regime di Assad. Laltra parte è molto meno chiara perché è facile immaginare che in un contesto come questo non esista una opposizione ma esistano tante opposizioni. Tra laltro lopposizione siriana, se vogliamo definirla al singolare, ha già mostrato molte tensioni e divisioni al proprio interno. Laltro grande elemento è il fatto che nel collasso dello Stato siriano – perché quella che viviamo in Siria in questo momento è già una guerra civile – cè linserimento di una pletora di attori esterni che in una condizione come questa contribuiscono meno a frenare e più ad alimentare il conflitto.
D. Ne nominiamo qualcuno?
R. Da un lato, naturalmente, cè la conclamata amicizia dellIran al regime attuale della Siria ma dallaltro lato probabilmente ci sono ancora di più le mire politiche, diplomatiche, di Paesi come lArabia Saudita, come il Qatar, come i Paesi che si erano già mossi in occasione della crisi libica e che in questo momento stanno giocando una partita regionale sullegemonia contro lIran. Io credo che la Siria stia diventando sempre di più una pedina di questo grande gioco mediorientale.