Aleppo: il dramma della popolazione, stremata dal conflitto fra esercito e ribelli
AsiaNews presenta una testimonianza sulla situazione nella città siriana. I prezzi dei generi alimentari in continuo aumento; alcune merci sono disponibili solo sul mercato nero. Il sistema sanitario rischia la paralisi, cominciano a scarseggiare le medicine. Ferme le scuole, alcuni volontari organizzano lezioni e giochi per bambini. Lappello della Croce rossa internazionale.
Aleppo (AsiaNews) – L’Alto commissario Onu per i diritti umani esprime “preoccupazione” per l’appello lanciato dalla Croce rossa, impossibilitata a consegnare gli aiuti umanitari alla popolazione siriana martoriata dalla guerra fra ribelli e fedeli del regime di Assad. Ieri Peter Maurer, presidente di Croce rossa internazionale (Icrc) ha affermato che la situazione si sta “deteriorando” e l’agenzia “non riesce” a svolgere i propri compiti. Una richiesta rilanciata oggi da Navi Pillay, capo del dipartimento delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhchr), che definisce “significativo” il fatto che non sia più possibile per l’Icrc “svolgere le sue funzioni chiave”.
Gli operatori sul campo riferiscono che molte delle scorte e dei beni di prima necessità diretti in Siria, fondamentali per l’approssimarsi dell’inverno, vengono confiscati dal regime di Damasco o rivenduti. L’Alto commissario, in Indonesia per partecipare al Bali Democracy Forum, non risparmia critiche nemmeno al Consiglio di sicurezza Onu, incapace sinora di prendere opportune misure per fermare le violenze.
Ad oggi sarebbero circa 37mila le vittime del conflitto fra esercito e ribelli, divampato nel marzo 2011, secondo quanto riferiscono le fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Stime delle Nazioni Unite parlano di almeno 1,2 milioni di persone bisognose di assistenza, mentre la situazione umanitaria rischia di precipitare.
Sulla guerra in Siria e il dramma della popolazione, AsiaNews presenta un documento di rara obiettività, redatto da un gruppo di testimoni credibili e di buona volontà, fra i quali vi sono anche dei religiosi. Esso descrive ciò che sta avvenendo ad Aleppo, nel nord-ovest della Siria, uno dei teatri in cui si consuma la guerra fra milizie ribelli ed esercito governativo fedele al presidente Bashar al-Assad. Il racconto risale a inizio ottobre, ma la realtà – confermano fonti locali – non è cambiata, se non peggiorata in attesa di un inverno che rischia di compromettere ancor più la condizione degli sfollati.
Si tratta di un rapporto di viaggio redatto al seguito di una missione sul terreno, durata sette giorni, nella zona controllata dal regime siriano. I dati inseriti sono stati raccolti alla presenza di molti testimoni – attivisti, religiosi, commercianti, società civile, insegnanti e gli stessi sfollati – oltre che all’osservazione diretta sul campo, in particolare nei centri di accoglienza per sfollati. Ecco, di seguito, la testimonianza:
Scossa dal 20 luglio scorso da combattimenti violenti e intensi fra le forze del regime siriano e le fazioni del Free Syrian Army (Fsa), Aleppo è in una condizione di estrema criticità. Questa guerra ha causato in pochi mesi la morte di molti civili e procurato danni ingenti, minando in modo particolare il notevole patrimonio storico e artistico classificato dall’Unesco.
A oggi la città è divisa in due: da una parte, i quartieri passati sotto il controllo dei ribelli (tra il 55 e il 60% concentrato nelle zone a est, a sud e a nord) e dall’altra, quelli rimasti fedeli al regime di Assad (tra il 45 e il 50%, raggruppati nelle aree a ovest di Aleppo e nel centro). Accedere al cuore della città diventa sempre più difficile: molte strade sono interrotte; i militari siriani e le truppe ribelli hanno creato delle barriere artificiali lungo i percorsi; controlli sempre più serrati regolano il transito, in ingresso e in uscita, fra i due settori “nemici”.
L’aeroporto di Aleppo è ancora nelle mani delle forze governative, ma non si può raggiungere la città senza dover fare un lungo giro per evitare le zone teatro di combattimenti. Il rischio è maggiore o minore a seconda che si transiti di giorno o durante la notte, e varia pure in base all’intensità dei combattimenti al momento del passaggio. La zona sotto il controllo dell’Fsa è accessibile attraverso la Turchia e le aree “liberate” nel nord della Siria. Le zone controllate dal regime sono invece accessibili da ovest, attraverso la via di Damasco.
In prima linea, dove infuriano i combattimenti, le condutture idriche e le infrastrutture che forniscono energia elettrica sono andate completamente distrutte. La maggior parte degli edifici è deserta, i danni materiali sembrano assai significativi, anche se non è possibile valutare l’estensione dell’area, essendo ancora molto pericolosa e di conseguenza impraticabile.
Senza riflettere alcuna affiliazione politica pro o contro il regime siriano, la popolazione civile che abitava quelle zone è fuggita spontaneamente nelle zone controllate dall’esercito ribelle o nel settore controllato dai soldati fedeli a Damasco, entrambi considerati “relativamente” più sicuri. Il passaggio da un settore all’altro è molto pericoloso. Qualunque civile cerchi di varcare la linea di confine è subito oggetto di pesanti sospetti: per i ribelli, egli viene considerato subito un funzionario pubblico o un militare in abiti borghesi; dal regime, esso viene bollato come un membro o un sostenitore dell’opposizione.
La situazione militare sul terreno sta precipitando, ma nessuna delle due parti in lotta riesce a prendere il sopravvento. Le linee del fronte non si sono mosse per settimane di un millimetro. Sebbene i ribelli siano soprattutto “maestri” della battaglia via terra, della guerriglia, il rapporto di forza non depone a loro favore. La potente armata del regime controlla i cieli con l’aviazione, usando gli aerei, gli elicotteri e i caccia-bombardieri. Inoltre, i carri armati e i mortai permettono un bombardamento terra-terra incessante ed estremamente efficace. L’inferiorità negli armamenti e del materiale a disposizione dei ribelli, non permette loro di far di meglio che mantenere le zone conquistate all’inizio della battaglia di Aleppo. Inoltre, tutti gli osservatori concordano sul fatto che la durata diventa uno dei fattori di maggiore criticità.
La situazione umanitaria nelle aree controllate dal regime
Aleppo è in una situazione di assedio costante; i suoi abitanti vivono accerchiati, presi tra due fuochi e privati di qualsiasi assistenza umanitaria proveniente dall’esterno. Il prezzo dei generi alimentari è cresciuto del 30% circa e diversi prodotti e beni di prima necessità, come il gas per uso domestico, l’olio combustibile, la benzina e alcuni farmaci si trovano solo al mercato nero. Una situazione che favorisce gli abusi: il prezzo della bombola del gas è aumentato del 500% rispetto al valore reale e, nel frattempo, i picchi nel carburante hanno fatto registrare un più 300% per la benzina. La situazione è ancor più allarmante nella zona controllata dal regime, dove i prodotti alimentari e i generi di prima necessità che viaggiano via terra sono sovente preda dei ribelli del Free Syrian Army.
Aree sotto il controllo dell’esercito
Va sottolineato che a differenza delle aree passate sotto il controllo dei ribelli, le zone in cui comanda il regime siriano non hanno accesso agli aiuti esterni che transitano attraverso la Turchia. La politica di Damasco, in vigore ben prima dell’inizio della guerra, non consente alle organizzazioni non governative straniere di operare in Siria. Malgrado lo spostamento a Damasco o la fuga oltrefrontiera di una porzione non indifferente dei suoi abitanti, la zona annovera ancora una popolazione variabile fra gli 800mila e il milione di abitanti, cui si sommano i circa 300mila che hanno abbandonato le linee del fronte. Questi ultimi hanno trovato riparo in luoghi pubblici, con “mezzi di fortuna” messi a loro disposizione: sono state aperte circa 150 scuole, così come 50 moschee e il grande campus universitario di Aleppo, che da solo accoglie da 30 a 35mila sfollati a seconda delle varie fonti.
Vi è poi il drammatico aumento dei prezzi dei generi alimentari, aggravato a sua volta dalla svalutazione della moneta siriana, mentre sono rimasti invariati gli stipendi del pubblico impiego e un numero consistente di gente assunta nel privato ha perso il proprio lavoro. A questo si aggiungono le difficoltà attraversate dai commercianti, molti dei quali costretti a chiudere i loro negozi. A causa del crollo nel potere di acquisto, molti abitanti di Aleppo si possono permettere solo un pasto al giorno.
Al tempo stesso è diventato sempre più difficile accedere all’assistenza sanitaria. Alcuni centri e ospedali governativi continuano a funzionare, ma con perdite enormi a livello di risorse umane: buona parte del personale medico qualificato è fuggito dalla città e si segnalano importanti disfunzioni nella manutenzione degli apparecchi (non si effettuano più radiografie), senza parlare del ridotto approvvigionamento di medicinali. Difatti, con la distruzione di alcuni importanti centri di produzione di farmaci a causa dei combattimenti che infuriano ad Aleppo e nella periferia di Damasco, vari medicinali sono esauriti e altri totalmente scomparsi. Il blocco delle strade non consente il rifornimento costante ed è al contempo difficile importare dall’estero: il trasporto aereo è molto costoso e i farmacisti non godono del diritto di alzare i prezzi imposti dallo Stato.
Di conseguenza, molti prodotti sono ora disponibili solo sul mercato nero. Sottolineiamo qui che per i gruppi di soccorso o di associazioni di cittadini, il contatto con un membro straniero di una associazione umanitaria viola la legge e l’atto può essere punito anche con la reclusione. In un simile contesto, la condizione delle persone più vulnerabili – come portatori di handicap fisici e mentali – desta particolare preoccupazione.
Le necessità più immediate e l’organizzazione degli aiuti
L’assistenza umanitaria fornita oggi a livello locale può essere suddivisa in due categorie. In primis, l’assistenza comunitaria per i residenti permanenti: ad Aleppo, come nel resto del Paese, vi sono reti di solidarietà associativa, a livello comunitario, che esistevano già prima della guerra. Ogni comunità etnica o religiosa ha sviluppato un proprio sistema di sostegno caritativo come – a titolo di esempio – il Jesuit Refugee Service (Jrs), oppure il Da’wat Kheir ente di beneficenza musulmano. Essi hanno lavorato molto e bene all’inizio della crisi, ma ora iniziano a vacillare: i bisogni della popolazione aumentano e le risorse finanziarie e materiali tradizionali diminuiscono di giorno in giorno. Un problema acuito dall’esodo degli aleppini più abbienti e dalle perdite registrate dai principali industriali e commercianti della città.
In secondo luogo, vi è l’assistenza agli sfollati: essa proviene dalle stesse reti interne alla comunità, cui si aggiunge la Mezzaluna rossa siriana e associazioni di cittadini, che agiscono in modo coordinato e complementare. La piattaforma di coordinamento è stata istituita con incontri settimanali per lo scambio di informazioni sugli alloggi disponibili, sulle necessità primarie degli sfollati e talvolta per condividere gli aiuti – alimentari e non – secondo i bisogni di ciascun gruppo. Le loro attività caritative sono “tollerate” dal regime.
Gli sforzi di queste reti di sostegno si sono focalizzate, all’inizio, sullo sviluppo di centri di accoglienza per gli sfollati in spazi pubblici messi a disposizione, oltre che la fornitura di materassi e coperte. L’accesso a cibo e medicine fa anch’esso parte delle loro priorità operative. Al contempo è stato attivato un comitato di controllo delle condizioni igieniche per valutare i problemi e tentare di fornire delle soluzioni. Visto che quest’anno la maggior parte dei bambini non ha accesso alle scuole, alcuni giovani volontari organizzano delle attività ludiche e di insegnamento che occupano una parte della giornata per sopperire alle necessità.
Sono state identificate circa 200 famiglie che vivono in villaggi isolati vicino ad Aleppo. Fornire loro un piano di assistenza comporta gravi pericoli. La consegna di aiuti è pertanto possibile solo in modo casuale e sporadico, a seconda dell’intensità dei combattimenti. Sfortunatamente gli sforzi di tutte queste persone, coinvolti nell’opera di aiuto ai più poveri, non sono sufficienti per la mancanza di mezzi. Gli sfollati hanno bisogni e necessità che nessun organismo riesce a soddisfare, dato che gli aiuti delle organizzazioni internazionali come Croce rossa internazionale, dipartimenti Onu e enti cattolici sono irregolari e affidati al caso.
Con l’approssimarsi dell’inverno diventa prioritario trovare vestiti caldi, nonché la fornitura di combustibile e gas per il riscaldamento e la preparazione di pasti caldi. Le reti di aiuto stanno tentando di allestire delle scorte per l’inverno. Dalla città arrivano appelli per la mancanza di medicinali, in particolare quelli necessari ai malati cronici tra cui diabetici, persone con malattie renali, epatiche e sclerosi multipla, oltre che vaccini per bambini. Servono anche risorse finanziarie per coprire i costi di ricovero ospedaliero e gli esami nei centri privati, perché quelli pubblici versano in grosse difficoltà. Uno degli obiettivi è anche l’allestimento di una riserva di medicinali per il trattamento di casi acuti, che riflettono l’esigenza di aprire dispensari per dare una struttura minima al comparto sanitario. A tutto questo, si aggiunge infine il fatto che comincia a scarseggiare il latte per i neonati dai banchi delle farmacie e si prevede che esso avrà prezzi proibitivi sul mercato nero.
Se in città l’approvvigionamento di acqua potabile ed elettricità ad oggi sono ancora garantiti – nelle zone esterne teatro di combattimenti le infrastrutture sono andate distrutte – gli abitanti di Aleppo temono un peggioramento della situazione nelle settimane e nei mesi a venire, aggravata anche dal rischio di intensificazione dei combattimenti. La distruzione della rete idrica sarebbe una catastrofe per la popolazione, ma soprattutto per gli sfollati che vivono nelle comunità e che rischiano epidemie di scabbia, colera e altre malattie derivanti da condizioni igieniche precarie.
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