SRI LANKA – (23 Settembre)

Sri Lanka: le rivendicazioni del partito musulmano e l'islamizzazione di Melani Manel Perera

Un’intervista a A.R.M. Itmtiyaz, docente di Scienze politiche alla Temple University di Philadelphia. Lo Sri Lanka Muslim Congress (Slmc) vuole avere un posto al tavolo del processo di pace con tamil e singalesi. Per l’accademico il partito – membro dell’alleanza governativa – deve preoccuparsi della crescita del fondamentalismo all’interno della comunità musulmana.

Colombo (AsiaNews) – “L’attuale regime ha tutta l’abilità di risolvere le questioni che affliggono i musulmani nello Sri Lanka orientale e settentrionale. Ma non sta facendo nulla”. Lo afferma A.R.M. Itmtiyaz, professore associato del dipartimento di Scienze politiche alla Temple University di Philadelphia (Usa), in merito alle proteste dello Sri Lanka Muslim Congress (Slmc) – primo partito islamico del Paese – sull’esclusione della comunità musulmana dal dialogo etnico. La scorsa settimana, Basheer Segu Dawood, presidente del Slmc, ha addirittura chiesto aiuto alla comunità internazionale perché il governo riservi un ruolo specifico al suo partito nel processo di pace. Intervistato da AsiaNews, il docente spiega come la comunità islamica s’inserisce nel conflitto etnico; gli errori dello Sri Lanka Muslim Congress e l’inutilità della richiesta d’aiuto alla comunità internazionale; le ragioni della crescente islamizzazione del Paese, ignorata anche dall’islam moderato e liberale dello Sri Lanka.

Professore, come vede questo scontento dei leader musulmani in Sri Lanka?

Il conflitto etnico in Sri Lanka è l’effetto collaterale delle politiche etno-centriche dei governi singalesi-buddisti che si sono avvicendati negli anni. Tale conflitto, che in seguito si è trasformato in una brutale guerra contro i tamil e le Tigri Tamil (ribelli del Ltte) durata 30 anni, ha colpito in modo eccessivo i musulmani. Nel 1990, il Ltte ha espulso i musulmani dalla provincia del nord; nel 1991, nella provincia settentrionale almeno 300 musulmani sono stati uccisi durante la preghiera nella moschea; i beni delle comunità islamiche dei distretti di Jaffna, Batticaloa e Amparai sono stati confiscati. I musulmani del nord-est hanno perso pace e sicurezza a causa del conflitto etnico e spesso hanno accusato i ribelli tamil (anch’essi musulmani, ndr) di averli trattati in modo disumano.

Quest’emarginazione dei musulmani delle province est e nord, unita al desiderio di potere dell’elite islamica, è stata la ragione principale per la nascita dello Sri Lanka Muslim Congress a metà degli anni ’80. Scelta corretta da un punto di vista politico, perché i gruppi emarginati cercano spesso qualcuno che dia loro voce per avere giustizia. Classe dirigente e popolo hanno chiesto uno spazio politico, per cercare di trovare una soluzione al conflitto etnico. Le loro richieste erano spesso ignorate dai partiti maggiori, tamil e singalesi. Le Tigri Tamil, che hanno sfidato con successo il terrorismo di Stato, non volevano i musulmani al tavolo delle trattative. I tamil moderati anche dopo la sconfitta del Ltte non sembravano allontanarsi dalle posizioni dei ribelli. D’altra parte il governo dello Sri Lanka, nonostante abbia avuto tutto il sostegno dell’elite islamica contro i ribelli e il popolo tamil, al momento degli accordi di pace non ha considerato i musulmani come alleati. L’elite e i politici islamici, che da sempre sostenevano il governo, per ragioni politiche ed economiche non hanno mai richiesto un posto distinto per difendere la propria comunità.

È d’accordo con l’idea del presidente dello Sri Lanka Muslim Congress?

In effetti, la richiesta di avere un posto a parte è ragionevole. Ma il punto è che la classe politica musulmana – che ha sostenuto in modo aggressivo la guerra contro il Ltte, colpevole della morte di più di 40mila innocenti tamil – può fare in modo che il governo soddisfi le richieste della comunità musulmana, affrontando così le preoccupazioni della popolazione. Lo Sri Lanka Muslim Congress fa parte dell’attuale regime guidato dal presidente Mahinda Rajapaksa. Dunque, esso è corresponsabile di qualunque cosa faccia il governo e dovrebbe saper risolvere i problemi della comunità. Ma tale risultato politico è possibile solo se si lavora con coraggio e sincero interesse per la popolazione musulmana. Dal mio punto di vista, lo Slmc dovrebbe affrontare le questioni che riguardano la sua comunità e cercare una soluzione, piuttosto che chiedere alla comunità internazionale un aiuto nel riconoscimento al tavolo delle trattative.

Come sono oggi lo Sri Lanka e la comunità musulmana?

I musulmani in Sri Lanka sono circa l’8% della popolazione totale. Nonostante la maggior parte di loro parli tamil e abbracci alcune usanze di quella cultura, essi sostengono di essere una comunità distinta. I musulmani appartengono a tre diversi gruppi etnico-sociali: i mori srilankesi, i mori indiani e i malesi. Il termine “moro” – usato dai portoghesi nel 16mo secolo – indicava i musulmani arabi e i loro discendenti. Esso è stato applicato per identificare la religione, non indicava la loro origine. Vivevano lungo le zone costiere, ma nel tempo alcuni si sono spostati verso l’interno, forse per evitare la persecuzione di portoghesi e olandesi che un tempo governavano le Province marittime. Sebbene la maggior parte dei musulmani (62%) viva fuori dal nord e dall’est dell’isola – dove i singalesi rappresentano la maggioranza –, il 38% della popolazione islamica vive proprio nelle province settentrionale e orientale, a maggioranza tamil.

Da lungo tempo, in Sri Lanka e nel mondo, i musulmani sono vittime di grandi stereotipi. Per esempio, è opinione diffusa che la comunità islamica sia ricca, intellettualmente vivace e salda al suo interno. Ma la realtà è un’altra: a prescindere dalla loro ubicazione geografica, la maggior parte di loro è economicamente debole e lotta per avere una vita decente; le scuole islamiche mancano di insegnanti qualificati; classi sociali, sette religiose e linee politiche sono ragioni continue di divisioni. La realtà dei fatti è che i musulmani sono un gruppo etnico povero ed emarginato.

Un’altra questione dibattuta riguarda la crescente islamizzazione del Paese, soprattutto da un punto di vista psicologico: sotto forma di stretta adesione all’islam, con l’adozione di un rigoroso codice di abbigliamento e l’isolamento di chi è contrario al nuovo atteggiamento. Questa tendenza è molto evidente non solo tra i musulmani del nord e dell’est, ma anche tra quelli del sud e dell’ovest – compresa Colombo –, che prima rappresentavano i musulmani più liberali. La globalizzazione, la fine della guerra fredda e gli attacchi dell’11 settembre 2001, hanno spinto ulteriormente la comunità musulmana a cercare rifugio negli aspetti e nelle interpretazioni più radicali dell’islam.

La radicalizzazione islamica, che ha origine da fattori politici e sociali, è nella sua fase iniziale. Chi è al potere, o ha legami con la classe politica singalese, deve capire la realtà del popolo e agire di conseguenza per trovare una soluzione. Una volta trovate, tali misure possono contribuire a indebolire i fondamentalisti islamici. Ma la classe politica, economica e intellettuale musulmana nega l’esistenza di qualsiasi forma di islamizzazione e la crescita dell’estremismo religioso. Spesso le comunità nascondono i problemi sotto il tappeto per dipingere un quadro roseo della loro situazione. Accade ovunque, non solo in Sri Lanka e non solo tra i musulmani. Il punto è che negare è pericoloso, perché quando si rifiuta un problema è poi molto difficile trovare una soluzione giusta per il popolo.

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